Lo scorso 3 aprile è iniziato il Campionato di Serie A2, seconda massima competizione a squadre del panorama italiano. In campo 28 circoli con in palio 4 posti per la Serie A1 2017. Le promosse saranno stabilite dai play-off di giugno. La qualità non è la stessa della A1, ma ci sono tantissimi giocatori di livello. Spulciando le rose troviamo diversi frequentatori del circuito Challenger, nonché occasionali frequentatori dei tornei ATP. Qualche nome? Luca Vanni (passato al TC Giotto di Arezzo), Federico Gaio (Pistoia), Simone Vagnozzi e l’italoargentino Francisco Bahamonde (Vicenza), Gerard Granollers Pujol, Frederico Ferreira Silva, Rui Machado, Erik Crepaldi, Antonio Veic, Riccardo Bellotti, Laurynas Grigelis e altri ancora. Insomma, una discreta parata di stelle se rapportata ai club di provincia. Sia pur in misura minore, vale più o meno lo stesso discorso fatto per la A1: il Campionato serve ai giocatori per raccogliere fondi per sostenersi l’attività internazionale in modo lecito (evitando quindi la tentazione delle scommesse), mentre aiuta il movimento portando ottimi tennisti laddove non avrebbero mai messo piede. Per i circoli, beh, si tratta di vetrine utili per mostrare i muscoli con le istituzioni locali, e magari farsi belli con i soci. Ma c’è anche chi viene danneggiato: l’ATP, o meglio, l’attività internazionale. Non è così inusuale che un tennista prenda sottogamba i tornei o magari non giochi al 100% perché nel weekend aveva l’impegno nella gara a squadre, in Italia ma non solo. Marco Cecchinato sembra aver assorbito le accuse relative al suo match dello scorso ottobre a Mohammedia contro il polacco Majchrzak, poiché questa settimana ha raggiunto per la prima volta i quarti in un torneo ATP. Però, al di là di quello che gli è stato attribuito (e vedremo quali sembianze assumerà il processo sportivo), non c’è dubbio che pochi giorni dopo era a Prato per la prima giornata della Serie A1. L’ATP è consapevole dell’esistenza di quelli che chiama “Special Events” e ha messo a punto una regolamentazione piuttosto stretta. Con l’arrivo della primavera e le prime competizioni a squadre, il sindacato giocatori ha ricordato ai suoi associati che esistono norme piuttosto restrittive per chi gioca gli “Special Events” senza rispettare le regole. Eventuali infrazioni sono considerate piuttosto gravi, al punto da essere considerate “major offense” e contrarie all’integrità del gioco. Nei casi più gravi, le sanzioni possono arrivare a 100.000 dollari di multa e una sospensione di 3 anni.
L’ATP ha elencato alcune competizioni a puro titolo esemplificativo: Campionati Nazionali a Squadre (Bundesliga tedesca, World Team Tennis americano), Campionati Individuali ed esibizioni di qualsiasi genere. Per questo, sono state stabilite alcune linee comuni, più regole specifiche per i giocatori compresi tra i top-30 ATP. Partiamo dalla norma generale: se un giocatore dà forfait dopo la deadline o si ritira durante un qualsiasi torneo (Slam, ATP, Challenger, ITF) non può giocare nessun evento speciale nel weekend successivo. Esempio: Luca Vanni ha giocato il challenger di Torino e ha perso al primo turno contro lo spagnolo Enrique “Quique” Lopez Perez. Se si fosse ritirato prima o durante il match, domenica non avrebbe potuto giocare con il suo CT Giotto nel match contro il CT Lanciano. In nessun caso. Chi infrange questa regola può andare incontro a sanzioni pesantissime: 25.000 dollari di multa e una sospensione da tre settimane a un anno. Al contrario, avendo giocato e perso regolarmente, si può ottenere l’autorizzazione a giocare lo Special Event con un’approvazione scritta del supervisor in loco. Anche per facilitare la vita dei giocatori, quasi tutti i tornei Futures prevedono la finale al sabato in modo da lasciar la domenica libera. La citazione di Vanni non è casuale, poiché fino a un paio d’anni fa si sottoponeva a un clamoroso tour de force per giocare (e vincere) durante la settimana, mentre alla domenica correva al capezzale della sua ex squadra, il Tennis Club Sinalunga di Siena.
Esistono poi norme specifiche che regolamentano il comportamento dei giocatori. Quelle destinate ai top-30 ATP sono particolarmente restrittive. Talmente severe che, forse, Jeremy Chardy (che ha chiuso l’anno al numero 31 ATP) può ritenersi più contento di Andreas Seppi, 29esimo nel ranking ATP dello scorso 9 novembre (quello da tenere in considerazione). Ecco le principali limitazioni per i giocatori d’elite.
Nella settimana di un Masters 1000 o di un ATP 500 vige il divieto assoluto di giocare qualsiasi altro evento. Per chi è tesserato nella A1 italiana è un bel problema, poiché le prime giornate “cozzano” con i Masters 1000 di Shanghai e Parigi Bercy, oltre alla settimana con i tornei 500 di Vienna e Basilea.
Nel raggio di 30 giorni dalla disputa di un Masters 1000 o di un ATP 500 (quindi sia prima che dopo) non possono giocare uno Special Event nell’arco di 100 miglia (160 km) dalla sede del torneo, o comunque nello stesso mercato di riferimento. Prendiamo la Premier Division francese: un top-30 ATP non può praticamente giocare nell’area di Parigi per quasi tutto l’evento, visto che il campionato si sviluppa da metà novembre in poi.
Si può giocare uno Special Event nel corso di una settimana con soli ATP 250 due condizioni: la prima è che l’evento si giochi ad almeno 100 miglia dalla sede del torneo, o comunque in un altro mercato di riferimento; la seconda è che in quella settimana non sia iscritto a nessun torneo. Se è iscritto e ha giocato, può partecipare a patto di ricevere il permesso scritto da parte del supervisor del torneo.
Va detto che i top-30 hanno comunque la possibilità di presentare una petizione per avere una deroga in circostanze eccezionali.
Le norme sono decisamente meno restrittive per i giocatori non compresi tra i top-30 ATP. Non esistono distinzioni tra tornei: hanno comunque la possibilità di giocare gli eventi extra se non si iscrivono, oppure se hanno giocato e hanno ottenuto il consueto permesso del supervisor. Chi non ottiene il permesso o si ritira dai tornei della settimana non può giocare, a meno che non abbia perso nelle qualificazioni. In quel caso, può considerarsi libero per il weekend successivo. Naturalmente il permesso del supervisor non arriva in modo automatico. Intanto deve avvisato il prima possibile dell’eventualità, poi potrà consultarsi con il direttore del torneo ed eventualmente negare il nulla osta se ritiene che il tennista non si sia impegnato al 100%. Insomma: tenendo conto di quanto siano importanti le gare a squadre o le esibizioni per una buona fetta di giocatori, vien quasi da pensare che in certi casi sia meglio chiudere l’anno fuori dai top-30 ATP. Fateci caso: senza le limitazioni destinate ai top-player, un giocatore può garantire maggiore disponibilità e – di conseguenza – avere un maggior potere contrattuale. Certo, gli sponsor mettono a disposizione una serie di bonus nel caso di raggiungimento di determinati traguardi di classifica, ma a certi livelli potrebbe essere opportuno fare due calcoli. Al di là di questo, quando noterete alcuni forfait “strani” nei vari tornei ATP, forse troverete la risposta tra le pieghe di questo articolo.