Uno splendido Federer non basta a fermare Nadal, sempre più uomo del momento. Lo spagnolo ha atteso un calo che è puntualmente arrivato: finisce 57 64 63, ma forse lo svizzero è tornato.
Per la 21esima volta, Rafael Nadal stringe la mano da vincitore a Roger Federer
Di Riccardo Bisti – 17 agosto 2013
Li vediamo e ci mettiamo in piedi, come diligenti soldatini. Roger Federer e Rafael Nadal scatenano qualsiasi istinto primordiale, positivo e negativo, facendoci entrare in un sogno da cui non vorremmo mai svegliarci. Non importa se siamo in tribuna, davanti alla TV o magari in riva al mare ma armati di smartphone con Skygo. L’attesa e il brivido sono gli stessi di sempre, anche se gli ultimi due episodi erano stati tutt’altro che entusiasmanti (i quarti a Indian Wells e la finale a Roma). Stavolta l’attesa è stata ripagata da un match bellissimo, uno dei migliori della loro eterna rivalità. Ha vinto Nadal (5-7 6-4 6-3 lo score) perché doveva esserci un trionfatore, ma avrebbero meritato entrambi. Da una parte il giocatore del momento, il pescatore che continua a collezionare record in barba a chi gli vuole male. Dall’altra il Re di Basilea, detronizzato ma sempre provvisto di mantello. E chissenefrega se il computer dell’ATP lo retrocederà in settima (!) posizione. Federer ha dato spettacolo per un set e mezzo, fino a quel (maledetto? benedetto? dipende dai punti di vista…) dritto fuori di un soffio sul 3-3 e 30-30 del secondo set, quando Nadal era davvero alle corde. Pochi ricordano quel punto, ma se lo avesse vinto sarebbe andato a palla break e le sensazioni erano tutte per lui. Brad Gilbert sarebbe stato d’accordo con noi: nel suo mitico "Winning Ugly" ha definito “preparatori” i punti sul 30-30, altrettanto importanti come le palle break e le palle game. Era salito 0-30, Nadal lo ha riacchiappato ma era sempre in rincorsa in un punto eccezionale, chiuso da una fiondata di dritto fuori di 1-2 centimetri, come testimoniato da occhio di falco. In quel momento, Rafa ha capito che i buoi potevano scappare dalla stalla dove Roger li aveva pazientemente imprigionati.
C’era riuscito alla grande nel primo set, dove a tratti ha ricordato il Federer dei tempi belli, soprattutto nei turni di battuta. Lo avevamo scritto in sede di presentazione: le speranze dello svizzero sarebbero passate dal rendimento al servizio. Lui lo sapeva e ha tenuto un'ottima percentuale di prime palle, peraltro coadiuvata da una buona percentuale di trasformazione con la seconda palla, solitamente linfa vitale per Nadal. Oltre al servizio, Federer pungeva col dritto e metteva Nadal in enorme difficoltà con il rovescio slice, soprattutto in direzione incrociata. Il cemento del Lindner Center di Mason faceva schizzare via la pallina, elevando il numero di errori gratuiti dello spagnolo. La sfiducia si rifletteva in altri settori del gioco: raramente gli abbiamo visto sbagliare così tanti dritti da fondocampo. Il match ha seguito i servizi fino al 5-5, quando Federer ha rotto gli indugi e con il suo super-dritto ha messo in un angolo Nadal. Pochi minuti dopo era avanti 7-5. In quel momento, lo spagnolo ha mostrato il grande campione che è in lui, continuando a giocare come se nulla fosse. Lo spettatore neutrale, convinto della vittoria di Nadal, ha iniziato a vacillare quando Rafa ha sciupato due palle break consecutive sul 2-1 e, soprattutto, nel delicato game sul 3-3. Ma la benzina di Federer stava lentamente finendo. Passato indenne al gran premio della montagna, Nadal ha avvertito le difficoltà di Federer e ha prodotto il massimo sforzo sul 5-4. Game combattuto, violento, perfetta fase cruciale di un film. Ne è uscito vincente l’uomo vestito di giallo con un dritto lungolinea. Come Eddy Merckx in cima al Tourmalet, come un Cannibale del tennis.
Dal 4-4 nel secondo, Nadal ha infilato un parziale di cinque giochi consecutivi fino al 3-0 nel terzo. Conquistato il break nel secondo game, ha dominato fino al 4-1 (con due palle per il 5-1), ma non aveva fatto i conti con l’orgoglio di Federer. Lo svizzero ha tenuto con i denti un game di servizio apparentemente inutile e poi, sul 3-5, ha cancellato ben quattro matchpoint prima di alzare bandiera bianca. Vince Nadal ma Federer può sorridere: Cincinnati ha rivelato che sa ancora giocare a tennis e, soprattutto, gli ha fatto capire che deve mettere ancora un po’ di olio al motore. Una messa a punto dovrebbe impedirgli di mollare dopo due set, quando il servizio ha smesso di funzionare (anche se le percentuali, tutto sommato, non sono crollate). L’incognita dello Us Open è proprio la lunga distanza: se contro Nadal, al fresco della sera, è calato dopo circa un’ora e mezza, cosa potrà succedere nel catino di New York? Roger lo sa e cercherà di allenarsi con ancora maggiore intensità, ma sa anche che pochi giocatori sanno veramente metterlo in crisi quando gioca così. I suoi tifosi non accetteranno mai di dire che è uscito sconfitto dalla rivalità con Nadal (il che pesa parecchio nel dibattito sul GOAT), ma forse dovranno ringraziare Rafa, almeno indirettamente. La sfida contro lo spagnolo ha restituito a Federer sensazioni sopite, come se la vista del toro di Manacor lo facesse ringiovanire e gli regalasse ancora più motivazioni. Nella settimana in cui esce dai primi 5, Federer ha scoperto di essere ancora competitivo. La speranza di cogliere l’ultimo successo, il più sofferto ed anche il più bello, può essere rinata con una sconfitta nella notte di Cincinnati, contro il suo acerrimo rivale. Nella vita può succedere anche questo.
ATP MASTERS 1000 CINCINNATI
Semifinali
Juan Martin Del Potro (ARG) b. John Isner (USA) (h. 19, diretta Sky Sport 2)
Rafael Nadal (SPA) vs. Tomas Berdych (CZE) (non prima delle 20.30, diretta Sky Sport 2)
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