Roger Federer vince una battaglia straordinaria contro Juan Martin Del Potro. L'argentino lotta per 4 ore e 26 minuti ma si arrende 19-17 al terzo set. Un match che passerà alla storia.


Roger Federer e Juan Martin Del Potro stremati dopo la loro semifinale

Di Riccardo Bisti – 3 agosto 2012

La riscossa del tennis olimpico. Non si può definire altrimenti la meravigliosa semifinale tra Roger Federer e Juan Martin Del Potro
, vinta dallo svizzero dopo 4 ore e 26 minuti di grande tennis. I due non hanno certo problemi economici, ma c’è da apprezzare il modo in cui hanno interpretato una semifinale con zero dollari e pochi punti ATP in palio. Il fascino della medaglia e la voglia di salire sul podio hanno fatto la differenza. E’ finita 3-6 7-6 19-17 per lo svizzero, ma le cifre non rendono l’idea di un match straordinario. La favola si sarebbe compiuta, forse, con la vittoria di Del Potro. Dopo l’operazione al polso che lo ha tenuto fuori per quasi un anno è tornato su buoni livelli, anzi, ottimi. Ma non è mai riuscito ad agganciare i migliori, a rispettare la nomea di “Quinto Beatle” ottenuta dopo la vittoria allo Us Open 2009, proprio contro Federer. Da quando è tornato, sul finire del 2010, ha rapidamente conquistato i buoni livelli ma si è assestato nella parte bassa dei top 10, lontano dai migliori. Ha affrontato Federer un mucchio di volte ma ci ha sempre perso, anche dopo essere stato avanti di due set (Roland Garros 2012). Nessuno pensava che la semifinale olimpica sarebbe stata il match della svolta. E invece ha giocato una partita straordinaria, in cui è stato più volte a due punti dal match. Ma domenica, sul Centre Court, la medaglia d’oro se la giocherà Roger Federer. Abbiamo scritto più volte che lo svizzero ha qualche problema quando il match diventa bagarre, ma stavolta ha dimostrato il contrario. In verità ha fatto penare i suoi tifosi fino all’ultimo, soprattutto quando ha trovato il break sul 9-9 al terzo ed è andato a servire per il match. Sembrava finita, invece ha subito un terrificante parziale di otto punti a uno che ha rimesso Del Potro al comando. In un’alternanza di emozioni e situazioni, l’equilibrio è durato fino al 17 pari. A quel punto è arrivato il secondo break per lo svizzero, sigillato da un rovescio in rete di Del Potro. L’ultimo game non è stato una passeggiata: sotto 15-30, Federer ha bruciato il primo matchpoint mettendo in rete una volèe di rovescio. Un dritto vincente gli ha consegnato la seconda palla match. Quella buona.
  
I due si sono abbracciati, con Del Potro sull’orlo delle lacrime e Federer nemmeno troppo esaltato. Sembrava più preoccupato per le energie perse che per la certezza di avere una medaglia. E’ stata una partita bellissima, diversa della finale dell’Australian Open tra Novak Djokovic e Rafael Nadal. C’è stata più varietà e 115 colpi vincenti, applauditi da un centrale pieno di pubblico, tra cui il campione NBA Kobe Bryant. Entrambi i giocatori hanno chiuso con un saldo in attivo. Del Potro sa che Federer ha più soluzioni tattiche, e che il vantaggio è amplificato dall’erba. Eppure ha seguito alla lettera i consigli di Franco Davin e ha mostrato miglioramenti impressionanti. Da un paio d’anni, in ogni intervista dice che vuole migliorare sull’erba. Non erano parole di circostanza: i cambiamenti si sono visti soprattutto sul lato del rovescio. Quando Federer accorciava da quella parte, veniva aggredito da un missile in avanzamento. E quando la palla era bassa, “Palito” si piegava e giocava un diligente rovescio slice seguito a rete. Non sempre arrivava il punto, ma l’atteggiamento era perfetto. Il tennis è uno sport di situazioni, e in 4 ore e mezzo di gioco ce ne sono state a decine. Un break all’ottavo game è stato sufficiente a Del Potro per vincere il primo set, mentre nel secondo ha cancellato palle break nel secondo e nel sesto gioco. La grande occasione per l’argentino è arrivata sul 4-4, quando Federer ha commesso quattro pasticci e da 40-0 ha dovuto fronteggiare una palla break che sembrava un matchpoint. L’ha annullata con un’efficace combinazione servizio-dritto e ha vinto il tie-break per sette punti a quattro. Nel terzo set, Del Potro è stato avanti 1-0 e 15-40 sul servizio di Federer. Un passante in corridoio e un altro servizio-dritto hanno ristabilito la parità.
 
Da lì in poi, lo svizzero ha sempre avuto in mano il gioco. Del Potro, sette anni più giovane, era il più stanco. Arrancava per tenere ogni turno di battuta, poi sul 9-9 è andato sotto. Il black-out di Federer ha prolungato la pugna per un’altra oretta (superato di mezzora il record di Tsonga-Raonic) e gli ha dato qualche energia in più, ma le speranze sono terminate quando non ha sfruttato un vantaggio di 0-30 sul 12-11 in suo favore. Sul 14-14, l’argentino ha rimontato da 0-40 ma ormai il destino era segnato, un po’ come nella finale di Wimbledon 2009, quando Roddick ha trascinato l’agonia fino al 14-14 al quinto prima di perdere, inevitabilmente. Federer è un maestro nel gestire il suo fisico, quindi due giorni (e qualche ora di riposo in più rispetto all’altro finalista) dovrebbero bastare per presentarlo al massimo. Senza contare che la superficie gli sarà amica. A Del Potro, oltre a un viso sofferente e alle lacrime a stento trattenute sulla panchina del centrale, resta un doppio misto da giocare insieme a Gisela Dulko. Chissà con quale spirito scenderà in campo.

TORNEO OLIMPICO – SINGOLARE MASCHILE
Semifinale


Roger Federer b. Juan Martin Del Potro 3-6 7-6 19-17