Anche la Pavklyuchenkova rinuncia alla finale di Cagliari. La concomitanza con Sofia sta dando una mazzata decisiva alla Fed Cup. Soluzione? Tornare alla vecchia formula con sede unica. 
Vesnina, Pavlyuchenkova, Kuznetsova e Kirilenko: nessuna delle quattro dovrebbe esserci a Cagliari

Di Riccardo Bisti – 21 ottobre 2013

 
Che sia la volta buona? La figuraccia che stanno facendo WTA e ITF per la tragica concomitanza della prossima settimana, quando si giocheranno in contemporanea la finale di Fed Cup e il Masters B di Sofia, potrebbe finalmente convincerle a trovare un accordo. In realtà, sta vincendo la WTA. Con l’annuncio di Anastasia Pavlyuchenkova salgono a quattro le giocatrici russe che hanno rinunciato alla Fed Cup: tre di loro (ci sono anche Maria Kirilenko ed Elena Vesnina), lo faranno per giocare a Sofia, dove sono in palio punti e dollari facili. Basterà mettere piede in campo per intascare 35.000 dollari, mentre in Fed Cup non prendono un rublo. E l’amor patrio vale fino a un certo punto, soprattutto quando hai già vinto la competizione in sei occasioni. Fossimo nell’ITF, ci faremmo qualche domanda. Com’è possibile che un torneo nato appena tre anni fa (quella del 2013 sarà la quarta edizione) possa avere più appeal di un campionato del mondo che oggi compie 50 anni? La Fed Cup ha cambiato formula un mucchio di volte. Per anni si è giocata in sede unica, racchiusa in una settimana (lo stesso format che molti vorrebbero per la Coppa Davis), poi hanno istituito le final four, infine hanno trovato una soluzione piuttosto simile alla Davis, sia pure con meno squadre nel World Group e una formula limitata a due giorni. Ma funziona davvero? Così così. Pur avendo una storia piuttosto lunga, la Fed Cup non è riuscita a crearsi il fascino della Davis, che continua ad accendere la fantasia degli appassionati nonostante i segni del tempo siano sempre più evidenti.
 
Se davvero la Russia dovesse presentarsi a Cagliari con la terza squadra (lo scopriremo ufficialmente mercoledì), sarebbe uno dei punti più bassi della competizione. Passino i forfait per i turni precedenti, ma abbandonare una finale mondiale, peraltro dopo aver contribuito a conquistarla, è clamoroso. I giornali potrebbero nutrirsi della storia di Alisa Kleybanova, l’unica ad aver dato disponibilità totale, risalita al numero 186 WTA dopo il buon torneo a Mosca. Alisa ha ripreso a giocare solo a maggio dopo una lunga sofferenza per aver contratto il Linfoma di Hodgkin, un tumore che l’ha costretta a sottoporsi a un ciclo di chemioterapia. Una storia commovente, intrisa da un pizzico d’Italia. La Kleybanova, infatti, è allenata dal coach rumeno Julian Vespan, per anni nell’orbita di Alberto Castellani. I due hanno fatto a lungo base a Perugia. E Alisa si trovava proprio in Italia quando ha scoperto di avere la malattia. Lo scorso anno, quando tentò un affrettato rientro, la nostra federazione mostrò una certa sensibilità nell’assegnarle una wild card per le pre-qualificazioni degli Internazionali BNL d’Italia (perse contro Alexia Virgili). In effetti, un suo ritorno in Italia avrebbe un qualcosa di romantico. Ma se i cantastorie troverebbero soddisfazione, diventa difficile dare credito a una competizione così trascurata da giocatrici e mezzi di comunicazione. Qualcuno ha scritto che, nei media esteri, la finale di Fed Cup trova lo stesso riscontro che un successo di Asiago nel campionato di hockey su ghiaccio. Ovviamente è una provocazione, ma in effetti c’è qualcosa che non funziona.
 
E allora che fare? Si potrebbe ipotizzare di tornare a un maxi-evento in sede unica, con un buon gruzzolo di punti WTA in palio. Per la Davis sarebbe un salto nel vuoto, ma per la Fed Cup potrebbe essere un tentativo di rilancio. L’ITF ha cercato di dare “grandezza” alla competizione, cercando di farla somigliare alla Davis. L’obiettivo è sostanzialmente fallito. E allora, per ridarle ossigeno e vigore, sarebbe opportuno cercare strade alternative. In tutto questo, siamo convinti che l’Italia avrebbe soltanto da guadagnarci. Ad oggi (con qualche ragione) si può dire che i successi dell’Italia abbiano un peso netto inferiore rispetto a quanto si vorrebbe far credere. Dei tanti successi azzurri negli ultimi sette anni, non ce n’è uno che si ricordi come “epico”. Forse soltanto i due successi fuori casa contro la Francia (soprattutto il primo) hanno un peso storico. Le tre finali vinte non hanno esaltato, ma soltanto certificato l’unità e la compattezza del nostro team. Siamo convinti che l’Italia sarebbe protagonista anche con una formula diversa e più competitiva. E allora si che si potrebbero glorificare eventuali successi. Pensate a una finale contro gli Stati Uniti di Serena Williams e Sloane Stephens o la Russia di Sharapova e una qualsiasi delle altre big. In un torneo a sede unica ci sarebbe un interesse globale e non solo limitato alle due nazioni come, temiamo, rischia di essere il weekend del Tennis Club Cagliari.