La gioia di Flavia Pennetta durante il saluto a Na Li
Di Riccardo Bisti – 15 marzo 2014
California dreaming
On such a winter's day
All the leaves are brown
On such a winter's day
All the leaves are brown
And the sky is grey
I've been for a walk
On a winter's day
If I didn't tell her
I could leave today
On a winter's day
If I didn't tell her
I could leave today
Chissà se l’Ipod di Flavia Pennetta contiene questa canzone folk, cantata quasi 50 anni fa dai Mamas and Papas. Ci piace pensare di si, e che magari l’ascoltasse mentre passeggiava per Barcellona, con un tutore al braccio, in un pomeriggio d’inverno, persa tra mille pensieri. Perchè adesso, nel cuore del deserto californiano, si è tolta la soddisfazione più bella. “Non riesco a smettere di ridere”. Con queste parole, ancora seduta sulla panchina, ha realizzato la portata dell’impresa. L’azzurra è in finale a Indian Wells, come mai era riuscito a un’italiana nella storia dei Premier Mandatory. Ci è arrivata battendo Na Li, prima testa di serie e numero 2 del mondo. Non c'era troppo pubblico, nemmeno il patron Larry Ellison siedeva sulla sua poltrona in prima fila. Forse non c’era il clima da grande evento, l’elettricità che aveva accompagnato l’ottavo di finale dello Us Open 2009 contro Vera Zvonareva, ma non ha importanza. E chi le voleva davvero bene era presente, a partire dal suo clan e gli appassionati che hanno trascorso la notte in bianco per seguire un match storico. In panchina, oltre a coach Salvador Navarro (ormai si può dire: degnissimo erede di Gabriel Urpi), c’erano anche Fabio Fognini e il fisioterapista Max Tosello, che ha preso a seguirla a tempo pieno dopo averci collaborato per sette anni. E davanti alla TV ci saranno stati papà Oronzo e mamma Concita, i suoi primi tifosi. Più tanti altri appassionati che ne conoscono la storia e le sofferenze, ma che ne apprezzano la solarità di ragazza del sud, intatta nonostante una vita spesa a Barcellona. Contro Na Li era sfavorita, perchè il 6-2 6-2 dell’Australian Open era un ricordo troppo fresco. Invece si è capito sin da subito che l'impresa era possibile. La cinese sbagliava, sbagliava, sbagliava. Ogni tanto infilava qualche buon colpo, ma alla fine i numeri diranno che ha commesso 52 errori gratuiti, un’enormità in appena due set. Forse la differenza è stata quella, ma non toglie un grammo al peso specifico del successo di Flavia, già certa di salire al numero 14 WTA. Chi l’avrebbe mai detto, meno di un anno fa, quando il computer l’aveva ricacciata in 166esima posizione? Dovesse vincere la finale contro Agnieszka Radwanska, volerebbe in 12esima posizione, più vicina che mai a un clamoroso rientro tra le top-10. Comunque vada, l’Italia ride perchè il 17 marzo 2014 avremo tre giocatrici tra le prime 15. Non era mai successo in 41 anni di classifiche computerizzate.
Flavia ha mostrato un’ottima personalità. Avrà pure 32 anni (è più anziana di un giorno rispetto alla Li), ma non aveva così tanta esperienza a certi livelli. E comunque la cinese ne ha più di lei. Allora servivano altre qualità, tra cui l’intelligenza tattica. Per esempio, ha capito che Na non era in palla col dritto e andava in difficoltà sulle palle senza peso. Allora ne ha giocate parecchie, cogliendo frutti importanti. Va detto che la cinese ci ha messo del suo, commettendo la bellezza di nove doppi falli (a fronte di zero ace!). Nel nono game del primo set, ne ha commessi addirittura quattro, mandando Flavia sul 5-4 e servizio. Ma è stato un set strano, con alti e bassi sfrenati, anche all’interno dello stesso game. Per questo, dal 2-2 al 6-6 ci sono stati otto break consecutivi. Più si andava avanti e più si capiva che il primo set sarebbe stato fondamentale. Flavia è sempre stata avanti: farsi riprendere in extremis avrebbe potuto essere devastante. Con coraggio è salita 6-4, poi è stata aiutata dalla Li sul secondo set point, dove una seconda palla è franata in mezzo alla rete. Nel secondo, la cinese ha provato ad accorciare gli scambi, giocando ancora più aggressiva. La tattica ha pagato fino al 2-0, ma Flavia ha lasciato che passasse la tempesta. E ha rimontato fino al 2-2, peraltro conquistando la palla break con uno spettacolare dritto in corsa. Sul 3-3 ha rotto gli indugi, trovando il break decisivo all’ottavo game. Il primo matchpoint è volato via insieme a un pallonetto, ma sul secondo ha tirato un tracciante di rovescio lungolinea che l’ha mandata in paradiso.
Si è quasi inginocchiata sul plexipave, ma non ha esagerato con l’esultanza. Forse l’incredulità ha preso il sopravvento sull’esaltazione, o semplicemente sente che manca un ultimo passo. Forse Indian Wells è il torneo di una vita, atteso sin da quando è diventata professionista, nel giorno del 18esimo compleanno. Flavia ha vinto nove tornei, ma nessuno davvero importante. Otto di questi erano l’equivalente di un WTA International, mentre l’unico Premier risale al 2009, a Los Angeles, torneo defunto ma così vicino a Indian Wells. Come se la California fosse nel suo destino. Cinque anni fa fece capire che le top-10 erano ormai ad un passo (l’aggancio arrivò la settimana dopo a Cincinnati), stavolta le sta regalando una favola. Indian Wells è un torneo da sogno. Alle nostre latitudini sembra uno scenario magico, quasi irraggiungibile, e non solo per le 8-9 ore di fuso orario. In tanti anni, l’Italia aveva colto appena due quarti di finale: Sara Errani lo scorso anno e Silvia Farina nel 2001. Un torneo lontano dalla nostra mentalità, da una preparazione finalizzata per essere al top a maggio-giugno. La Pennetta ha smentito il clichè e ha scritto una pagina fondamentale del nostro tennis, appena sotto le imprese Slam di Schiavone ed Errani (ed in parte anche sue). Con coraggio e personalità ha mostrato un tennis più completo, regolare e adatto alle circostanze. A seconda dell’avversaria, ha sempre fatto la cosa giusta. Stosur, Giorgi, Stephens e Li sono avversarie molto diverse da loro, vanno approcciate nel modo corretto. Flavia lo ha fatto e porta l’Italia a un risultato storico. Talvolta si abusa di questo termine, ma oggi è così. E in finale partirà tutt’altro che battuta: contro la Radwanska ha vinto appena tre settimane fa a Dubai. Certo, i precedenti sono 5-2 per la polacca, ma l’ultimo precedente certifica che esiste una via da percorrere. Non sarà facile, perchè "Aga" è più abituata a certi match. Vanta già due successi in tornei Mandatory: Pechino 2011 (quando battè proprio Flavia in semifinale) e Miami 2012. Senza contare la finale a Wimbledon e i sette anni in meno che potrebbero darle una mano sul piano fisico. Ma questa Pennetta non ha limiti. Non se li pone lei, perchè dovremmo farlo noi?
AGNIESZKA CON AUTORITA’
Nella prima semifinale, Agnieszka Radwanska aveva centrato la finale battendo Simona Halep con il punteggio di 6-3 6-4. La partita non è durata molto, ma è stata piuttosto faticosa. Il tennis muscolare della rumena ha costretto la polacca a mostrare tutte le sue doti atletiche, effettuando alcuni recuperi mozzafiato. In verità, “Aga” era partita benissimo (4-0 e poi 6-3), ma la Halep è entrata in partita ed è salita 3-1 nel secondo set. La qualità saliva con l’andare dei game. Non si sono visti scambi particolarmente raffinati, ma è stato indubbiamente un match interessante. La Halep ha preso più rischi del solito, commettendo 34 errori gratuiti. In realtà, contro un’avversaria così rapida, ha spesso cercato le linee e tanti colpi le sono usciti di pochi centimetri. Dall’1-3, la Radwanska si è aggiudicata quattro giochi consecutivi e avrebbe potuto chiudere al nono game, ma la Halep è stata brava su entrambi i matchpoint. Quando è andata a servire per il match, tuttavia, non ha avuto grossi problemi e ha firmato un successo meritato. Per lei sarà la prima finale a Indian Wells: ad oggi, il miglior risultato era la finale del 2010 (persa dalla Radwanska). E’ anche la prima finale del 2014 dopo le semifinali all’Australian Open e a Doha.
WTA MANDATORY INDIAN WELLS – SEMIFINALI
Flavia Pennetta (ITA) b. Na Li (CHN) 7-6 6-3
Agnieszka Radwanska (POL) b. Simona Halep (ROM) 6-3 6-4
FINALE – Domenica, ore 20, Diretta SuperTennis
Flavia Pennetta (ITA) vs. Agnieszka Radwanska (POL)