Trapelano tante voci ma nessuna certezza sul calendario ATP del 2014. I nodi da sciogliere sono la collocazione di Bercy e della Gira Sudamericana. L’influenza dei giocatori europei.
Guy Forget è preoccupato per il futuro del torneo di Parigi Bercy
 
Di Riccardo Bisti – 24 dicembre 2012

 
Il 2014 sarà un anno chiave nella storia dell’ATP. C'è grande attesa per il nuovo calendario, che dovrebbe essere annunciato a fine gennaio. Ancora oggi, tuttavia, non sembra esserci un accordo. Pare che le ultime riunioni, tenutesi a Londra durante le ATP World Tour Finals, abbiamo avuto qualche attimo di tensione. Il Board ATP è composto da sette membri: tre rappresentanti dei giocatori, altrettanti per i tornei più il CEO ATP Brad Drewett che può diramare le questioni in caso di parità. Le divergenze sembrano essere soprattutto tra i rappresentanti dei tornei, in una battaglia geopolitica che ricorda un Risiko tennistico. Per anni, il circuito è stato dominato dal Nord America. I grandi campioni e i grandi tornei provenivano tutti dagli States. Adesso le cose sono cambiate. C’è un solo extraeuropeo tra i primi 10 (l’argentino Juan Martin Del Potro) e ben 75 rappresentanti del vecchio continente tra i primi 100. Senza contare che nel Consiglio Giocatori ATP, cinque dei sei rappresentanti dei top 100 sono europei (Federer, Nieminen, Simon, Haase e Stakhovksky, con la sola eccezione di Kevin Anderson). Il nodo più intrecciato riguarda il torneo di Parigi Bercy. Fino all’anno scorso, distava una settimana dall’inizio delle ATP World Tour Finals (infatti giunsero in finale Roger Federer e Jo Wilfried Tsonga), mentre quest’anno i tornei sono uno dopo l’altro. Conseguenze? Tanti top 10 perdono subito o non si presentano nemmeno, per la frustrazione di Guy Forget, direttore del torneo. E Ferrer-Janowicz, con tutto il rispetto, non ha il medesimo appeal.
 
“Sono nervoso come se fossi diventato padre di nuovo” diceva Forget tra una riunione e l’altra a Londra. La sua richiesta era tornare ad avere una settimana di pausa prima del Masters. In risposta, l’ATP gli ha ventilato la possibilità di spostare il torneo a febbraio, in modo da diventare la tappa centrale di un mini-circuito di tornei indoor (in verità sono rimasti soltanto Zagabria, Rotterdam e Marsiglia). “L’ATP aveva in programma di fare una bella stagione indoor europea in febbraio, modificando o spostando i tornei americani. Buona parte dei top players erano d’accordo, ma gli specialisti della terra si sono opposti. Quando mi hanno proposto febbraio ho accettato, ma se ci fosse una settimana di riposo tra Bercy e il Masters sarebbe tutto più facile”. Tra le varie proposte ATP, c’è stata quella di spostare i tornei sudamericani su terra battuta tra novembre e dicembre, sia pure senza l’appendice di Acapulco (che resterà a cavallo tra febbraio e marzo, cambiando superficie e diventando il naturale prologo a Indian Wells e Miami). La scelta ha anche ragioni geografiche: lingua a parte, il Messico è in Nord America e confina con gli Stati Uniti, mentre è piuttosto lontano da Cile, Argentina e Brasile. La nuova Gira Sudamericana, ad ogni modo, conterà ugualmente su quattro tornei: Santiago (che prenderà di nuovo il posto di Vina del Mar dal 2014), San Paolo, Buenos Aires e il nuovo evento di Rio de Janeiro, un ATP 500 che ha soffiato i diritti a Memphis. L’ATP vedrebbe bene questi tornei a fine anno, ma considerarli a tutti gli effetti tornei dell’anno successivo. Tuttavia, giocatori e tornei europei si sono opposti. Non volevano che il Sud America avesse la priorità, anche perché sarebbero stati gli unici tornei in quel periodo e i tennisti sudamericani sarebbero stati nettamente favoriti. Gli europei avrebbero dovuto farsi un viaggio intercontinentale in tempo di vacanze, e se non lo avessero fatto ci avrebbero rimesso in termini di punti e soldi. Non sono mica tutti come il nostro Paolino Lorenzi, instancabile globetrotter…
 
Controproposta: mettere qualche torneo ATP 250 in Europa in quel periodo. Anche in quel caso, i tornei avrebbero offerto punti per la stagione successiva. “In realtà novembre o febbraio non cambia nulla per la partecipazione dei tennisti europei” dice Martin Jaite, capitano della Davis argentina ma anche direttore della Copa Claro di Buenos Aires. Non la pensa così Miguel Nido, organizzatore del torneo argentino: “Adesso lottiamo con un torneo in Europa e uno negli Stati Uniti. A novembre, forse, sarebbe meglio”. Anche se alcuni spagnoli di prima fascia, come Ferrer e Almagro, hanno già fatto sapere che non andrebbero in Sud America se si giocasse a novembre. Nido, tuttavia, ragiona a lungo termine. Secondo lui è importante cosa accadrà tra cinque anni. “All’inizio i giocatori dovranno adattarsi e li capisco, però a dicembre i tennisti giocano a tennis. Non sono preoccupato. E poi il torneo di Rio de Janeiro potrebbe dare una grande mano”. Tuttavia persiste qualche problema. Secondo Luiz Carvalho, direttore del neonato ATP di Rio, è difficile mettere insieme un circuito di tornei in quel periodo. “L’ordine dei tornei sarà un problema. Di solito il più forte si gioca per ultimo, ma dobbiamo stare attenti a non scontrarci con altri eventi sportivi di rilievo, come le fasi finali del campionato di calcio”. E il pallone, si sa, da quelle parti è religione. Nel frattempo il Sud America ha scippato un evento agli Stati Uniti: gli organizzatori di Bogotà hanno acquistato i diritti del torneo di Los Angeles e faranno il loro esordio il prossimo 15 luglio. Si giocherà sul cemento e sarà il primo torneo di avvicinamento allo Us Open. Curiosamente, l’accordo per la cessione del torneo è arrivato per via telefonica. E così gli Stati Uniti continuano a perdere pezzi. Secondo Bob Kramer, direttore di un torneo che ha cessato di esistere dopo 85 anni, la ragione è la carenza di tennisti americani. “Sampras, Agassi, Chang e Courier non sono stati rimpiazzati. In passato potevamo contare su alcuni dei migliori giocatori: oggi non è più così. Bogotà, tuttavia, non si aggregherà agli altri tornei e resterà in solitudine. Questa è una delle poche certezze di una rivoluzione che è ancora in divenire. E potrebbero esserci nuovi colpi di scena.