Problemi per il Masters 1000 di Madrid: i forfait di Djokovic e Federer non hanno aiutato, ma c’è un problema di fondo: la Caja Magica sembra avere più vizi che virtù.
Di Riccardo Bisti – 8 maggio 2014
Ion Tiriac sta incrociando le dita: spera che Rafa Nadal vinca il torneo di Madrid e salvi l’albo d’oro, minacciato da un’edizione nata sotto una cattiva stella. I forfait di Roger Federer e Novak Djokovic hanno azzoppato il tabellone, e nemmeno la presenza delle migliori giocatrici serve ad accendere l’entusiasmo. E il pubblico è tutt’altro che numeroso. Più in generale, il torneo non riesce a prendere piede nonostante abbia preso a calci la tradizione, convincendo l’ATP a declassare Amburgo e realizzare il più ricco torneo su terra battuta dopo il Roland Garros. Proprietario del vecchio torneo di Stoccarda indoor, Ion Tiriac capì ben presto che il vento stava cambiando. Nel 2002 lo spostò a Madrid, dove si sono giocate sette edizioni sul cemento indoor. Nel frattempo stava nascendo il monumentale impianto della Caja Magica, costato l’impressionante cifra di 294 milioni di euro. Sede e data sono cambiati nel 2009: a parte un albo d’oro straordinario (due successi di Federer, due di Nadal e uno di Djokovic), la Caja Magica ha mostrato (e sta mostrando) tutte le sue debolezze. L’argomento è più attuale che mai, poichè Madrid è concorrente di Roma per l’assegnazione del “Mini-Slam”, maxi-torneo che l’ATP vorrebbe varare come tappa più importante su terra battuta. Ne ha scritto anche il guru Peter Bodo, affermando che in certi ambienti la Caja Magica è definita…”Caja Tragica”. Per alimentare la discussione, ha riportato anche un tweet di Neil Harman (inviato del Times), il quale si domandava se un Masters 1000 avesse mai avuto un contingente così piccolo di giornalisti stranieri. La tesi di Bodo è chiara: la Caja Magica è un posto “pessimo” per giocare a tennis. I tre stadi dotati di tetto retrattile hanno – appunto – la forma di una scatola, con le tribune a forma rettangolare, non certo l’ideale per il tennis. Inoltre, in certe ore della giornata, si crea un’agghiacciante effetto luce-ombra che danneggia la visibilità. Se aggiungiamo l’altitudine di Madrid (circa 700 metri sul livello del mare), che rende le condizioni di gioco molto diverse dal Roland Garros, la frittata è fatta.
QUINTO SLAM? NEANCHE PER IDEA
Secondo Bodo, il problema non sarebbe così grave se si trattasse di “uno dei tanti” Masters 1000. Il fatto è che Madrid è entrato nel calendario a gamba tesa, sconvolgendo tradizioni secolari, con promesse di una grandeur che c’è stata solo in parte. Senza dimenticare il rischio corso dall’ATP per la causa legale intentata da Amburgo. La causa è stata vinta (“di misura”, scrive Bodo) scongiurando il pericolo. In verità, i progetti di Ion Tiriac erano ben altri. Il baffone rumeno sperava di creare un Quinto Slam. Ma non in senso metaforico: voleva che il calendario trovasse spazio per un nuovo Major con tabelloni a 128 e 2.000 punti per i vincitori. “Dove sta scritto che debbano esserci soltanto quattro Slam?” era la sua domanda-provocazione. Le sue speranze, fondate su un’impressionante solidità economica, si sono scontrate con difficoltà pratiche e oggettive. Per adesso, Madrid non ci va neanche vicino. E ci sono tornei ATP-WTA con pubblico (Indian Wells) e strutture (Pechino) migliori. Sulla carta, l’idea era eccezionale. E Tiriac è stato molto abile nel venderla. L’avanzata madrilena è stata favorita dai fatti del 2006: dopo la storica finale di Roma tra Roger Federer e Rafael Nadal, durata oltre cinque ore, entrambi si ritirarono da Amburgo. Per Tiriac fu un assist perfetto: inoltre spingeva affinchè Roma si riprendesse la vecchia data (più vicina al Roland Garros) in modo che la sua Madrid potesse essere più distante da Parigi, e dunque creare un evento a sè stante. Il progetto si è compiuto, restituendo a Roma la data che aveva avuto fino al 1999 e poi scambiata con Amburgo (quando il presidente FIT era Francesco Ricci Bitti). Tuttavia, secondo Bodo, Madrid ha sottovalutato l’impatto di Barcellona.
UTILIZZO LIMITATO
Bodo ha individuato quattro ragioni per cui Barcellona ha ancora più prestigio rispetto a Madrid: la longevità (è l’undicesimo torneo più antico del circuito internazionale), la location (il Real Club Tenis di Barcellona possiede grande tradizione e ha un legame persino con i reali di Spagna), l’importanza che riveste per gli spagnoli e il fattore economico, non così decisivo nell’era degli ingaggi sfrenati. Le osservazioni arrivano da un americano: vanno ascoltate, ma lasciano il tempo che trovano. Secondo noi, la ragione del mezzo flop risiede soprattutto nella Caja Magica. L’impianto era tra i fiori all’occhiello della candidatura madrilena per le Olimpiadi del 2020 (poi finite a Tokyo), ma è nato male ed è proseguito peggio. Intanto, i 294 milioni spesi hanno doppiato il budget iniziale. Inoltre, non è polifunzionale come ci si aspettava. Avrebbe dovuto ospitare i match interni del Real Madrid di basket. E’ durata poco, perchè l’Estadio Manolo Santana non rispettava i requisiti richiesti per l’Eurolega, tra cui la realizzazione di un multischermo sul tetto. Essendo il tetto retrattile….sarebbe stata un’impresa titanica. E così, gli unici utilizzi sono rimasti tennis, paddle e nuoto. Capita ancora che si realizzino altri eventi (pallamano, concerti), ma nel complesso non è stato un “crack” come si sperava. E così l’impianto progettato dall’architetto francese Dominique Perrault, dotato di 16 campi in uno spazio di 17 ettari, teme la concorrenza di Roma e del Foro Italico in una battaglia che si preannuncia senza esclusione di colpi. Se il Foro non avesse il problema degli spazi limitati, probabilmente, non ci sarebbe stata partita. Ma certamente il board ATP, guidato da Chris Kermode, non è chiamato a una scelta facile.
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