L'INTERVISTA – Le difficoltà incontrate da Filippo Baldi all'esordio tra i professionisti. A Barcellona non ha funzionato, ma adesso ci sono Rianna e Infantino per rinascere.

Da Brescia, Riccardo Bisti – 13 novembre 2014

 

Sono passati due anni da quando Gianluigi Quinzi e Filippo Baldi si lanciavano bottigliette d'acqua dopo il trionfo azzurro alla Davis Cup junior. Sembrava (e forse è ancora) l'inizio di una nuova primavera del tennis italiano. Ma l'approdo tra i professionisti è stato difficile per entrambi. Quinzi ha fatto sfracelli fino alla 300esima posizione, poi si è un po' bloccato per una serie di problemi, non ultimi quelli fisici. E' andata peggio al vigevanese, che si è incagliato in una classifica da future e sta faticando a uscirne. Al challenger di Brescia ha vinto una discreta partita contro Gianluca Mager e sfida Michael Berrer in un match difficile, che ne testerà i progressi. Con il trasferimento a Barcellona, il suo 2014 era nato con grandi aspettative. Ma qualcosa non ha funzionato. Adesso è tornato in Italia, presso il Centro FIT di Tirrenia, e forse si può già parlare di un nuovo Baldi. Quel numero 981 accanto al suo nome, francamente, grida vendetta.

 

Come stai vivendo il passaggio da junior a professionista? Differenze principali?

Abbastanza bene, soprattutto nell'ultimo periodo. Nella prima parte della stagione l'ho vissuto male, non avevo risultati e non ero in fiducia. Adesso ho iniziato a lavorare con Umberto Rianna ed Eduardo Infantino al Centro CONI di Tirrenia e va molto meglio. Differenze? I professionisti ti regalano poco, la pesantezza di palla è molto più alta rispetto ai tornei giovanili, cosi come la velocità. Insomma, l'intensità di una partita è un'altra cosa. Bisogna allenarsi tanto, tenere questa intensità sia in allenamento che in partita…e quello che viene viene.

 

Come mai l'hai vissuta così male all'inizio? Che tipo di problematiche avevi?

C'erano tante aspettative. Mi ero trasferito a Barcellona e avevo fatto un'ottima preparazione di circa un mese e mezzo. Pensavo che questo mi potesse aiutare tanto, anche ripensando a come avevo concluso il 2013. In fondo avevo fatto due semifinali futures, giocando alla pari con ottimi giocatori e battendoli pure. L'ho vissuta male perchè davo tutto me stesso, ma la situazione non si sbloccava. Facevo fatica a giocare, ho vinto poche partite…mi sono salvato con il secondo turno al challenger di Milano: ho vinto una partita, ma anche lì non giocavo bene. Ho lottato tanto, che è una delle mie caratteristiche, ma non mi sentivo bene in campo e non avevo fiducia.

 

Soddisfatto del ranking con cui chiuderai la stagione, oppure a gennaio avevi altre aspettative?

Avevo aspettative molto diverse. Il ranking attuale (981, ndr) mi sta stretto. Dopo la preparazione e tutti gli investimenti effettuati, non pensavo di trovarmi allo stesso punto dell'anno scorso. Ma non voglio pensarci troppo: l'unica cosa che desidero è lavorare tanto, allenarmi, e il ranking verrà da sé. Se qualcuno si merita qualcosa e se la va a prendere…prima o poi ci arriva.

 

Dunque non ti alleni più con Oscar Serrano?

Dopo lo Us Open abbiamo deciso di interrompere la nostra collaborazione. Non è stata una scelta né mia né sua, l'abbiamo concordata insieme. Adesso ho trovato una nuova situazione al Centro CONI di Tirrenia, con Umberto Rianna ed Eduardo Infantino a darmi una mano. Lavoro prevalentemente con loro e sono molto contento: oggi mi sento tranquillo, a posto, in Italia mi trovo benissimo. Insomma, le cose vanno.

 

Guardando al passato, per anni sei stato considerato il secondo dopo Quinzi. La cosa ti ha dato fastidio o preferivi così perchè la pressione era soprattutto su Gianluigi?

Lui si è meritato tutte le attenzioni, perchè sin dall'età di 10 anni ha dimostrato di essere il più forte. Non ci ho sofferto per nulla: se uno si merita una cosa, è giusto che se la prenda. Nella ma carriera junior ho dato tutto me stesso e sono contento di quello che ho ottenuto, quindi il problema non si pone. Il fatto della pressione è vero: andava più a lui che a me ed è stato un fattore a mio vantaggio.

 

C'è un aspetto su cui ti senti particolarmente debole e su cui vuoi migliorare? Non necessariamente tecnica…

Particolarmente debole no, mi sento molto bene. Prendi Federer: a 33 anni, dopo 17 Slam, si è messo con umiltà a lavorare e migliorarsi, giorno dopo giorno. E c'è riuscito. Per questo, penso a un miglioramento generale su ogni aspetto. Una cosa su cui voglio migliorare al 1000% è il servizio. E' un colpo fondamentale al giorno d'oggi. Servizio e risposta sono i colpi di inizio gioco e devo renderli perfetti.