L’America rischia di restare senza tornei indoor. Memphis dovrebbe finire in Brasile, mentre San Josè è sull’orlo del baratro. Per salvarsi, potrebbe finire…a Memphis.
Milos Raonic ha vinto le ultime due edizioni del torneo di San Josè
Di Riccardo Bisti – 16 aprile 2012
C’è una tradizione che rischia di scomparire. Dal 1977 al 1989, il Madison Square Garden di New York ha ospitato il Masters di fine anno, sublimazione dei tornei indoor americani. Ce n’erano tantissimi: San Francisco, Memphis, Philadelphia, Dallas, Chicago e altri ancora…era una fase importante del calendario, collocata subito dopo l’Australian Open. Oggi sono rimasti soltanto San Josè e Memphis. Con la scomparsa di Memphis, i cui diritti sono stati acquistati dalla IMG che ha intenzione di portarlo a Rio De Janeiro, i tornei indoor americani rischiano seriamente di scomparire. Le ultime notizie non sono incoraggianti. Resterebbe il solo evento di San Josè (vinto nel 1994 dal nostro Renzo Furlan e teatro dell’ultima vittoria in doppio di John McEnroe), ma le fonti raccolte da tennis.com sostengono che c’è un 50% di chance che il torneo possa essere venduto o addirittura cancellato. Il torneo appartiene alla “San Josè Sports & Entertainment Enterprises", proprietaria del team di hockey su ghiaccio dei San Josè Sharks. L’idea sarebbe di spostare il torneo da San Josè a Memphis, il che significherebbe dire addio al secondo torneo più antico degli Stati Uniti, la cui prima edizione si è giocata nel 1889 con la denominazione “Pacific Coast Championships”. (Solo lo Us Open, nato nel 1881, è più antico). Questa sarebbe la soluzione per tenere a Memphis un torneo che dovrebbe abbandonare il Tennessee dopo l’interessamento di IMG, che vede molto bene un torneo in Brasile (paese dove nel 2014 si giocheranno i Mondiali di calcio e nel 2016 le Olimpiadi estive). Il Brasile, tra l’altro, pare interessato all’acquisizione delle ATP World Tour Finals.
La WTA ha già dato il suo benestare (a patto che il torneo resti combined), mentre l’ATP deve ancora approvare il passaggio di Memphis a Rio de Janeiro. Ci sono diverse questioni da valutare. La USTA (federtennis americana) ha inviato una lettera all’ATP per opporsi alla vendita, che potrebbe avere un effetto negativo sul calendario americano. In effetti, non resterebbero tornei tra l’Australian Open e l’accoppiata Indian Wells-Miami. Il solo evento di Delray Beach non sarebbe sufficiente, e si aprirebbero scenari inediti: senza gli indoor americani, i tornei sudamericani potrebbero trovare la spinta decisiva per passare al cemento e assicurarsi quella fetta di giocatori che solitamente giocano in Nord America. Buenos Aires e (soprattutto) Acapulco stanno ragionando in questo senso. L’effetto collaterale sarebbe un’ulteriore riduzione dei tornei sulla terra battuta, già “ghettizzati” nel periodo aprile-giugno (da quest’anno, tra l’altro, non ci sarà più l’appendice settembrina, con lo spostamento ad aprile di Bucarest, mentre Palermo è stato cancellato nel 2006 e mai sostituito).
Il torneo ATP di San Josè si gioca la seconda settimana di febbraio, subito dopo il primo turno di Coppa Davis. A seguire, si giocano Memphis (indoor), Delray Beach (outdoor) e i primi due Masters 1000 stagionali. La USTA teme che uno spostamento dei tornei allontani i giocatori dagli Stati Uniti. Il passaggio al cemento dei tornei sudamericani farebbe tramontare la tradizione degli indoor americani. Fino ad oggi, l’ATP si è opposta al cambio di superficie, supportata da giocatori come David Ferrer e Nicolas Almagro, alfieri della terra battuta (e spesso vincitori da quelle parti). Il Consiglio dell’ATP si riunirà la prossima settimana, ma è improbabile che venga subito presa una decisione. Lo spostamento del torneo di San Josè avrebbe una complicazione: SAP, title sponsor di San Josè, ha ancora un anno di contratto, mentre Memphis non ha più uno sponsor principale. Nel contratto che lega SAP a San Josè c’è una clausola che consente al title sponsor di ritirarsi in caso di spostamento del torneo. Al contrario, Memphis ha il vantaggio di strutture migliori. Il Racquet Club di Memphis ha a disposizione diversi campi, mentre l’impianto californiano ha spazio per un solo campo, obbligando a una programmazione che scatta già alle 9 del mattino. Il torneo si è spostato da San Francisco a San Josè nel 1994. Come detto, la prima edizione è stata vinta da Renzo Furlan. L’albo d’oro è ottimo: i vari Sampras, Agassi e Chang lo giocavano regolarmente, garantendo un buon successo di pubblico. Dopo il loro ritiro e il declino di Andy Roddick, il torneo ha iniziato a mostrare segni di stanchezza. Le ultime due edizioni sono state vinte da Milos Raonic. Fino al 1995, il torneo apparteneva all’ex giocatore Barry MacKay, poi è stato acquisito dalla “San Josè Sports & Entertainment Enterprises”, il cuo CEO Greg Jamison era un grande appassionato di tennis. Nel 2010 si è dimesso, e chi ha preso il suo posto non ha così a cuore le sorti del nostro sport. Anzi, è infastidito dall’idea di liberare l’Arena per il torneo e lasciare senza casa il team di hockey su ghiaccio. Un altro problema riguarda le eventuali sanzioni previste dall’ATP in caso di spostamento del torneo.
Qualche mese fa abbiamo realizzato un’inchiesta per capire le ragioni della moria di tornei ATP in Italia. Ne avevamo 7, ci è rimasto solo Roma. Negli Stati Uniti sta succedendo qualcosa di simile. Nel 1980, c’erano 20 tornei ATP nel suolo americano soltanto tra gennaio e maggio, di cui 12 indoor. Se San Josè dovesse lasciare, in calendario resterebbero solo 6 tornei, uno indoor e cinque all’aperto. In caso di sparizione definitiva, resterebbero soltanto tornei all’aperto. E gli eventi estivi di Atlanta (che ha preso il posto di Indianapolis) e Los Angeles non scoppiano certo di salute.
Post correlati
Essere vulnerabili, e ammetterlo, è una grande risorsa
Vulnerabili lo siamo tutti, anche e soprattutto i tennisti, in un’epoca in cui la pressione per il risultato è...