Il ceco trova una prestazione super e batte Federer in quattro set. Lo svizzero non perdeva così presto allo Us Open da 10 anni. In semifinale, Berdych se la vedrà con Murray.
Roger Federer resterà al numero 1 ATP, ma da qui a fine anno rischia qualcosa
 
Di Riccardo Bisti – 6 settembre 2012

 
La buccia di banana era scivolosa. Roger Federer non è riuscito a evitarla. E’ caduto e si è fatto male. Tomas Berdych è in semifinale allo Us Open dopo un 7-6 6-4 3-6 6-3 maturato in 2 ore e 42 minuti di tennis supersonico, a tratti eccezionale. E’ un risultato che fa storia, perché Federer non perdeva prima dei quarti dal 2002, quando si arrese a Max Mirnyi negli ottavi di finale. Ma allora si parlava di un talento ancora bizzoso, senza ancora uno Slam in tasca. Oggi ne ha 17, e dopo una carriera spettacolare è tornato numero 1 del mondo. Per questo non bisogna commettere l’errore di darlo per finito. Ha perso una partita, ok, ma dall’altra parte c’era un avversario che gli dà fastidio e ha fatto sempre la cosa giusta, salvo un black out nel terzo set. Il grande merito di Tomas Berdych è di non essersi disunito dopo aver perso cinque giochi di fila sul punteggio di 7-6 6-4 e 3-1 in suo favore. La gente di New York era scatenata: tifava per Federer e per la partita, scattava a ogni pugnetto e “come on!” del campione ferito ma ancora vivo. Quando Federer si è aggiudicato il terzo set, onestamente, in tanti pensavano alla rimonta vincente, magari ricalcando l’Australian Open 2010, quando riprese due set di svantaggio e giunse sul traguardo da solo, a braccia alzate, senza neanche voltarsi. Invece Berdych si è travestito da Felice Gimondi, che a furia di restare attaccato alla ruota di Eddie Merckx…ogni tanto lo batteva. E a braccia alzate ha finito lui, dopo un break all’ottavo gioco del quarto set, sublimato da uno spettacolare game finale tenuto a zero, con autorità da veterano.
 
Il risultato fa sensazione. Da quando Federer ha inaugurato la sua sensazionale striscia di semifinali Slam, ha mostrato qualche crepa soltanto al Roland Garros (2010, – Soderling) e a Wimbledon (2010 e 2011, battuto da Berdych e Tsonga). Ma allo Us Open no, dal 2003 arrivava sempre tra i primi quattro. E la Night Session gli va particolarmente a genio. Per questo, nonostante i buoni propositi del ceco, era ancora favorito. Ma i precedenti parlavano chiaro: da 2-3 anni c’è grande equilibrio e Berdych ha le armi per metterlo in crisi. Numero 7 ATP, ha giocato benino fino al Roland Garros, poi è incappato in una pessima estate, culminata nelle brutte sconfitte a Wimbledon (contro Gulbis) e alle Olimpiadi (contro Darcis). Il cemento americano e le cure tecniche di Tomas Krupa (nonché quelle amorevoli di Ester Satorova) lo hanno rimesso in sesto. A Cincinnati ha perso da Raonic, ma alle 8 del mattino era già in campo ad allenarsi. A Winston Salem ha riassaporato una finale e l’ha persa al tie-break del terzo con un pizzico di sfortuna. Si è rifatto con gli interessi in un match giocato alla grande, anche se è stato aiutato dagli errori di Federer (alla fine saranno 40 a fronte di 44 vincenti). A un certo punto, lo svizzero ha perso di vista il dritto ed ha commesso un mucchio di errori. Berdych ne ha approfittato, vincendo il secondo set (nonostante una minirimonta da 5-2 a 5-4) e portandosi 3-1 al terzo.
 
Sembrava finita, invece Federer si è aggrappato al carisma, alla sudditanza psicologica che ancora pervade i suoi avversari. Berdych è andato nel pallone e in un attimo ha perso cinque giochi di fila. Lì è stato bravo a non demoralizzarsi e a vedere le cose nel modo giusto: in vantaggio c’era ancora lui, il resto erano storie. Ha ripreso a dominare col servizio (14 ace, il doppio di Federer) e al momento di prendersi il break, nonostante un game movimentato (una chiamata sbagliata lo aveva issato 15-40, sbugiardata dal falco e da una successiva gran volèe di Federer), ha schiaffeggiato la palla con un dritto incrociato spaventoso. Pochi minuti dopo aveva le braccia alzate. “Forse è il momento migliore della mia carriera – ha esagerato al microfono di Darren Cahill – il pubblico è stato eccezionale, non vedo l’ora di tornare in questo campo. Spero di portare nel prossimo match un po’ della positività di oggi. Il terzo set? Se alzi il piede dall’acceleratore lui ne approfitta subito. Allora ho cercato di restargli vicino e attendere l’opportunità. Credo di essere stato bravo tatticamente”. Si giocherà il posto in finale contro Andy Murray, irriconoscibile per due set ma bravo a riprendersi in tempo contro Marin Cilic. Avanti 6-3 5-1, il croato non ha saputo chiudere il set e ha finito col cedere 3-6 7-6 6-2 6-0. Tra alti (il match con Raonic) e bassi (Lopez e Cilic), Murray resta in gara e a questo punto è favorito per la finale, anche se contro il ceco ha perso 4 volte su 6. E contro “questo” Berdych rischia grosso.