Arriva una notizia interessante dal Michigan: una scuola superiore dovrà risarcire Carly Pratt, baby-tennista vittima di bullismo. I compagni avevano diffuso la falsa voce che fosse drogata e consumasse alcol, costringendola ad abbandonare il team. E’ un precedente importante: il bullismo si può combattere.

Il segnale è molto positivo. La giovane Carly Pratt e sua madre Meredith hanno ricevuto un sostanzioso risarcimento (30.000 dollari) da parte della Portage Central High School, dove la giovane Pratt aveva giocato a tennis ed è stata vittima di atti di bullismo. La causa è stata intentata nel giugno 2015 e il giudice, pur avendo dato ragione a Carly, ha dispensato le spese legali e ha condannato entrambe le parti al 50% del pagamento della quota di mediazione. Lo racconta l’atto giudiziario che la stampa ha potuto visionare grazie al al Freedom of Informaction Act, una delle leggi più importanti nella storia del giornalismo. La sentenza (che si può visionare a QUESTO INDIRIZZO) ha poi stabilito che il preside della scuola (Eric Alburtus) e l’allenatore del team tennistico (Peter Militzer) dovranno produrre una lettera per spiegare nel dettaglio gli obiettivi e i risultati ottenuti da Carly Pratt mentre frequentava la scuola.

“Gli imputati hanno dichiarato che queste lettere saranno favorevoli alla Pratt” recita il documento. Se la giovane tennista dovesse continuare a giocare, Militzer dovrà realizzare una lettera di raccomandazioni, in cui riconosce il grado di impegno della ragazza. Detto che i 30.000 dollari saranno pagati dall’assicurazione della scuola, l’accordo stabilisce anche un vincolo di riservatezza, che impedisce alle parti di fare commenti, autorizzandoli soltanto a dire che è stato raggiunto un accordo. Ma cosa era successo? Pare che i compagni della ragazza abbiano messo in giro la voce che Carly si drogasse (marijuana) e facesse uso di alcol, tanto da convincere i funzionari della scuola a rovistare tra le sue cose, persino nella sua macchina, per cercare le prove. Una volta l’hanno anche obbligata al test dell’etilometro prima della partita. La denuncia sosteneva che la scuola non l’ha protetta in alcun modo dagli atti di bullismo, ed anzi è stata costretta a lasciare il team una settimana prima di un evento importante. Pare che durante un match a squadre, la Pratt sia stata aggredita verbalmente dai compagni perché aveva detto “good shot” quando un’avversaria, sua amica d’infanzia, aveva tirato un colpo vincente. Al di là della vicenda legale, il caso fornisce un segnale importante: i casi di bullismo, ben più frequenti di quanto sembri, possono essere combattuti. Basta avere il coraggio di denunciare colpevoli e complici, dando alla giustizia la possibilità di fare il suo corso.