Il tremendo incidente del 2012, quando cadde dal terzo piano di un palazzo, è alle spalle. Oggi Sergei Bubka jr. è tornato a giocare e spera di coronare il sogno top-100. Con l’aiuto di Jack Reader.
Sergei Bubka danza con le cheerleaders. Adesso potrà tornare a farlo
Di Riccardo Bisti – 28 febbraio 2014
14 mesi senza tennis. E’ quanto accaduto a Sergei Bubka jr., figlio del mitico astista. Come se non bastasse il sentirsi ripetere ogni volta: “Ah, ma tu sei figlio di….”, l'ucraino è stato vittima di uno degli incidenti più folli nella storia del tennis. E' caduto dal terzo piano di un palazzo. Ha rischiato di morire, altro che giocare a tennis. Invece lo abbiamo rivisto in Australia, persino a Bergamo (dove era accompagnato da Jack Reader, suo nuovo coach), poi ci ha riprovato a Dubai. Finora il bilancio è deficitario, ma in fondo cosa importa? Sergei jr. è rimasto sei mesi con le stampelle, quando il suo unico pensiero era tornare a camminare. Qualche medico era convinto che potesse tornare a giocare, qualche altro no. Alla fine hanno avuto ragione i primi. “E adesso spero di migliorare e tornare ancora più in alto di dove ero arrivato”. Il dramma di Bubka si è consumato di prima mattina, nell’appartamento di uno sciccoso quartiere di Parigi. Si è trovato chiuso a chiave in una camera da letto. Non sapendo come fare, ha aperto la finestra per vedere come poteva liberarsi. C’era una piattaforma dell’aria condizionata, allora decise di arrampicarsi per vedere se poteva sorreggere il suo peso (88 chili, secondo il sito ATP). La cadura nel cortile sottostante è stata la risposta più tragica. Oggi, di quell’episodio, c’è solo un segno fisico. Una cicatrice che va dall’attaccatura dei capelli al sopracciglio sinistro. Nulla di che, in relazione al rischio. E anche se il suo livello è ancora mediocre, è il ragazzo più felice del mondo. Come ogni persona scampata a un pericolo, riesce a dare un valore diverso alle piccole cose. Di quell’episodio, ha rimosso quasi tutto. “Il medico mi ha detto che la memoria tende a rimuovere i ricordi di un tale shock. Ricordo soltanto che ero bloccato in una stanza, la porta era chiusa, non riuscivo ad aprirla nè sfondarla, così ho visto una finestra”. Punto.
Nella finestra c’era un lungo davanzale, composto da una piastra metallica che copriva l'impianto dell’aria condizionata. Sembrava un pavimento. Curiosamente, Bubka ha sempre sofferto di vertigini. Si era appoggiato con grande cautela, ma tanto è bastato per far crollare tutto. “Prima di perdere conoscenza, per terra, sono stati attimi molto inquietanti”. Poi l’ha ripresa dopo l'intervento chirurgico, durato nove ore. Ad attendere il suo risveglio c’erano la madre, il coach e alcuni amici. Tra loro, anche Victoria Azarenka, con cui aveva recentemente interrotto il fidanzamento. Scongiurato il pericolo, ha trascorso 15 giorni in ospedale e un mese e mezzo senza muoversi dal letto. E in certi momenti, vivere a Monte Carlo non è una consolazione. “In quei momenti non pensavo al tennis. L’unica cosa che mi interessava era tornare a camminare con le mie gambe”. La possibilità di tornare si è fatta strada nella sua mente grazie al fisioterapista che lo ha seguito a Kiev. “Non so come abbia fatto. Mi presentavo tutti i giorni in palestra con la sola speranza di riattivare la mia gamba. Non riuscivo neanche a sollevarla da terra”. Invece si è ripreso perfettamente, e a gennaio ha addirittura tentato l’avventura all’Australian Open. La sconfitta contro Valery Rudnev è stato l’ultimo dei suoi pensieri. “Molti colleghi sono rimasti stupiti dal fatto che io abbia ripreso a giocare. Ma il tennis è quello che amo”.
A giugno 2013, Sergei ha rimesso piede su un campo da tennis. L’allenamento ha acquistato una certa intensità in agosto, con 3-4 allenamenti a settimana. Quando si è reso conto che il miracolo era fattibile, doveva cercare un coach. Allora ha contattato Jack Reader, improvvisamente libero da impegni dopo la squalifica di Viktor Troicki. L’australiano ha accettato con entusiasmo, forse perchè ha un debole per gli ucraini (è stato lui a portare Dolgopolov tra i top-15). Ancora oggi, è lontano dalla sua migliore condizione. E’ piuttosto lento nei movimenti e ha ancora qualche limitazione. Da adesso in poi, la sua attività si limiterà ai futures e ai challenger. L’obiettivo è tornare in forma sul piano fisico. “E’ già un successo che io sia qui. Tuttavia, ora che ci sono, voglio avere degli obiettivi. Voglio migliorare il best ranking. In fondo ho 27 anni, è l’ultima possibilità di raggiungere almeno una parte degli obiettivi che mi ero posto da ragazzino. Non sto facendo tutto questo solo per divertirmi”. Mentre cresceva, osservando i record del padre (che peraltro sono appena stati battuti), sperava di vincere un torneo del Grande Slam. Ormai quella speranza è andata, però l’ingresso tra i top-100 può essere una speranza concreta. Se due anni fa era salito al numero 145, perchè non sognare?
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