L'usura e la crisi personale di Mike Bryan avevano messo in crisi la coppia più titolata di sempre. Ma la capacità di ritrovarsi fuori dal campo, unita a tanti accorgimenti, ha permesso a Bob e Mike di tornare forti e competitivi. Domenica hanno compiuto 40 anni e sono di nuovo uno spauracchio. Con vista sulle Olimpiadi di Tokyo.

Forse non sono i più forti di sempre. Ma 116 titoli in coppia, tra cui 16 Slam, l'oro olimpico e 10 stagioni chiuse al numero 1 ATP, hanno reso Bob e Mike Bryan la coppia di doppio più titolata di tutti i tempi. “A volte è strano sentirselo dire prima di una partita, persino imbarazzante – dice Bob – però è qualcosa che ci rende orgogliosi”. La loro epopea sembrava giunta al capolinea, vittima di un declino inarrestabile dovuto all'età e qualche problema extra-tennis. Invece, a 40 anni appena compiuti (li hanno festeggiati domenica) sono di nuovo competitivi. I successi a Miami e Monte Carlo li hanno rilanciati al numero 2 del ranking di specialità. Ma nulla avviene per caso, né le cadute, né le resurrezioni. C'era un motivo se Bob e Mike avevano smesso di vincere e negli ultimi tre anni avevano perso il contatto con i migliori. Da buoni gemelli, hanno sempre avuto un rapporto speciale, simbiotico. Però avevano smesso di comunicare. Erano diventati come due rockstar che condividono soltanto il palco per i concerti. Il loro palco era il campo da tennis, ma al di fuori non erano più gli stessi. E poi l'età aveva messo a nudo un stile di vita non sempre impeccabile. Fino a 30-35 anni era sufficiente per vincere tutto, ma poi non basta: il fisico ha bisogno di essere curato. La crisi è partita da un momento di difficoltà personale di Mike, il destrorso. A gennaio ha divorziato con la moglie dopo quattro anni e mezzo di matrimonio. “Questo mi ha creato tanti problemi, influenzando il mio rendimento sul campo – ha raccontato in un'intervista-verità con Steve Flinknoi siamo sempre stati molto legati, poi le nostre vite hanno preso due strade diverse. Non ci vedevamo più come prima, ma dopo il mio divorzio passiamo più tempo insieme. Non ero felice e si vedeva sul campo. La mia mente non era lì”. Mike aveva deciso di tenere per sé il suo momento di dolore. “Quando Mike si è sposato, abbiamo smesso di comunicare come prima – dice Bob, il mancino – non sapevo cosa gli succedesse fuori dal campo, ma le cose non funzionavano. Si innervosiva, gli animi si accendevano. Non era più il Mike che conoscevo”.

VERSO TOKYO 2020
Il chiarimento è arrivato dopo un'esibizione autunnale. Il canale del dialogo si è riaperto e non si più chiuso. “Abbiamo ritrovato la chimica. Non do nessuna colpa a Mike, perché giocavamo e perdevamo in due, ma adesso è una persona nuova in campo. Adesso parliamo di cose personali e siamo di nuovo ottimisti”. Talmente ottimisti da pensare a nuovi record di longevità. Scavallati i 40 anni, non si pongono limiti. Se Bob spera di restare in salute e vive alla giornata, Mike ha ritrovato una motivazione feroce: “Non guardo ai 45 anni, ma alle Olimpiadi di Tokyo sì. Avremo 42 anni e mi sembra un traguardo fattibile, visto che lo hanno già ottenuto Daniel Nestor e Leander Paes. So che ci sta pensando anche Venus Williams, quindi… perché no?”. E pensare che nel 1998, quando sono diventati professionisti (e avevano qualche ambizione anche in singolare), pensavano di arrivare a 30, massimo 35 anni. Quello di Mark Woodforde sembrava un caso limite, invece una serie di fattori hanno permesso ai gemelloni di giocare (e vincere) per un paio di decenni. Ad esempio, le regole del doppio introdotte ne 2006. Adesso si gioca con la formula del no-ad e al posto del terzo set c'è il match tie-break. In quegli anni vincevano tutto con la formula vecchia e non erano entusiasti. Col senno di poi, tuttavia, le nuove regole hanno allungato la loro carriera. “Adesso i match sono più brevi, si risolve tutto in un'ora. Può capitare di perdere una partita in cui hai avuto la sensazione di aver giocato meglio, però ha ritardato l'usura nei nostri corpi – dice Bob – però l'esperienza ci ha dato una mano: nei match tie-break siamo intorno al 50% di vittorie, mentre quest'anno siamo 10-1”. Uscendo dal loro orticello di convenienza, i Bryan restano perplessi sull'attuale formula. “Al di là dei vantaggi che possiamo avere, se dovessi scegliere mi piacerebbe tornare alla formula tradizionale. Al massimo, game ai vantaggi e poi il super-tie break al posto del terzo set. So che il players council ne ha parlato” ha detto Mike.

NUOVE ABITUDINI
​Dopo essersi ritrovati, i Bryan Brothers hanno fissato gli obiettivi per il 2018. Se Bo
b pensava più a scendere in campo e godersi ogni esperienza, Mike ha ritrovato ambizioni sopite. “Quando ho visto i suoi obiettivi ho detto: 'accidenti, io avrei detto qualcosa del genere nei nostri anni migliori'. È stato preciso, ha parlato di numeri e trofei”. Per adesso sono arrivati due titoli Masters 1000, ma nel 2018 ci sono ancora tre Slam da giocare. “Negli ultimi due anni potevamo fare meglio, forse c'è stato un calo di motivazione – dice Mike – e l'abbiamo pagata. Sento che siamo al capitolo finale della nostra carriera e vogliamo che sia un capitolo felice”. Per tornare ultra-competitivi a 40 anni hanno dovuto effettuare cambiamenti importanti fuori dal campo. Per esempio, sfruttano l'aiuto di due coach. L'ex specialista David Macpherson resta l'allenatore principale, mentre Dave Marshall li accompagna in giro per il tour. Ma la svolta è arrivata con Indrek Tustit, preparatore atletico-guru. “Conosce alla perfezione i nostri corpi, è un chiropratico, è la miglior persona con cui abbiamo mai lavorato. Da quest'anno viaggia con noi più o meno a tempo pieno, mentre negli ultimi due anni era un impegno part-time. Ma abbiamo avuto troppi infortuni, quindi adesso dobbiamo prenderci dura del nostro fisico con maggiore attenzione”. Ogni mattina, prima di tuffarsi in campo a provare schemi e volèe, trascorrono un'ora in palestra. Inoltre hanno preso una buona abitudine: studiare gli avversari. Da quando l'ATP ha acceso le telecamere anche per i match di doppio, almeno per i Masters 1000, i Bryan sono diventati tra i più assidui fruitori di Tennis TV. “Non l'avevamo mai fatto prima. Di solito non guardavamo i match altrui, mentre adesso ci ritroviamo alla sera e studiamo i nostri avversari. Ci ha aiutato molto, è stato un po' come spingere qualche punto percentuale a nostro favore”. Come se non bastasse, imitando Roger Federer, hanno cambiato attrezzo. Storici testimonial Prince, quest'anno sono passati a Babolat. “Abbiamo scelto un telaio più potente per adattarci all'evoluzione del gioco. Negli ultimi 10 anni avevamo giocato con la stessa racchetta: aveva poca potenza e molto controllo, ma non abbiamo più la forza di un tempo e nemmeno quella dei giovani di oggi. Prima dell'Australian Open siamo passati a Babolat e all'improvviso sono cresciuti gli ace e la percentuale di punti vinti con la prima palla”. Senza dimenticare una maggiore tolleranza del telaio, che ha dato respiro a tendini e articolazioni inevitabilmente usurati.

IL CHEST BUMP C'È ANCORA
Ma se il futuro è tutto da scrivere, Steve Flink ha chiesto loro che partita sarebbe tra i Bryan del 2007 e quelli di oggi. “Oggi siamo tennisti migliori – dice Mike – prima eravamo più potenti, abbiamo perso 20 miglia di potenza al servizio, ma siamo più completi”. Secondo Bob, all'epoca erano un po' presuntuosi. “Mentre oggi siamo più riflessivi. Eravamo assetati di vittorie, di punti, di trofei. Se perdevamo una partita capitava di camminare come zombie per tre giorni. Adesso passa tutto più facilmente. In questo momento usiamo strategia ed esperienza, cercando di portare i dettagli di un match dalla nostra parte”. Quello che sembrava un legame inscalfibile, simboleggiato dal mitico “chest bump”, tratto distintivo di una carriera, aveva mostrato crepe importanti. Ma Bob e Mike hanno dimostrato che un rapporto tra gemelli può davvero essere speciale. Si sono ritrovati e, 40enni, stanno provando a riprendersi tutto quello che un tempo era scontato. “Ho trovato straordinario chiudere 10 stagioni al numero 1 – ha detto Mike – raggiunto quel traguardo ho avvertito un pizzico di appagamento e ho smesso di lavorare duro. Ma adesso sono più carico che mai”. E allora, a 40 anni, il casello di uscita definitiva non è ancora all'orizzonte. Bob e Mike Bryan hanno scelto di restare ancora un po' nell'autostrada del tennis.