Grazie al quinto titolo Challenger in carriera, a Santiago del Cile, Marco Cecchinato riconquisterà fra poche ore un posto nei Top-100. Il suo tennis lo merita, ma il siciliano ha raccolto punti esclusivamente nei Challenger. A quasi 26 anni è il momento di ottenere risultati anche nel Tour ATP, dove ha vinto pochissimo.Battendo per 1-6 6-1 6-1 in finale il qualificato spagnolo Carlos Gomez-Herrera, sabato Marco Cecchinato ha vinto la Cachantun Cup di Santiago del Cile, conquistando il quinto titolo Challenger in carriera – il primo lontano dalla Penisola italiana – e guadagnandosi di nuovo un posto nei primi 100 della classifica ATP. Nel corso del torneo il 25enne di Palermo ha sconfitto ottimi giocatori, da Simone Bolelli al primo turno a Tommy Robredo in semifinale, confermando una continuità di rendimento che a livello Challenger l’ha reso veramente una garanzia. È vero che le difficoltà della categoria sono minori, ma arrivare sempre in fondo è ugualmente complicato. Cecchinato, invece, negli ultimi anni lo sta facendo sembrare normale, a tal punto che proprio da qui nasce il controsenso che sta accompagnando la carriera nel siciliano: nei Challenger domina, tanto da sembrare pronto per il salto di qualità, eppure i suoi numerosi tentativi di passare nel circuito maggiore vengono puntualmente respinti, uno dopo l’altro. Le statistiche non mentono mai: fra ATP e tornei del Grande Slam il palermitano ha giocato nel tabellone principale in 28 occasioni, raccogliendo la miseria di tre sole vittorie. Le prime due sono arrivate nel 2016 nel vecchio torneo di Bucarest, dove al tredicesimo tentativo riuscì a sbloccarsi e ad arrivare ai quarti, mentre la terza è giunta la scorsa estate a Umag. Da allora ha raccolto altri sette stop al primo turno, gli ultimi quattro nei tornei ATP della Gira Sudamericana: Quito, Buenos Aires, Rio De Janeiro e San Paolo. Significa che è stato bravo a non perdersi d’animo e a chiudere la lunga trasferta con un successo, ma anche che forse i problemi nel Tour non hanno soltanto un’origine tecnica. L’impressione è che quando il palcoscenico diventa più importante nella testa dell’azzurro arrivi una sorta di blocco psicologico, che gli impedisce anche di battere certi giocatori che a livello Challenger supererebbe senza particolari difficoltà.MENO CHALLENGER, MENO TERRA
Pare una stupidaggine, eppure gli esempi sono molteplici e la situazione si sta trasformando in una sorta di maledizione, che Cecchinato dovrà provare a risolvere il più possibile se punta a crescere ancora, visto che per un giocatore del suo livello rifugiarsi costantemente nei tornei minori non può (e non deve) essere una soluzione. Se giocati con un certo rendimento i Challenger permettono di costruirsi un’ottima classifica, ma restano eventi di transizione, che troppo avanti non possono portare. Cecchinato li ha sfruttati più o meno al massimo: da domani sarà numero 92 del mondo con un bottino di 611 punti, dei quali solo 66 (meno dell’11%) sono arrivati nel circuito maggiore, e appena 10 lontano dall’amata terra battuta, grazie al primo turno di Wimbledon dello scorso anno. Proprio la questione superfici è uno dei motivi che tengono l’azzurro così ancorato ai Challenger, che a differenza del Tour ATP permettono di giocare sul rosso da febbraio a ottobre. Una possibilità che Cecchinato ha fatto bene a sfruttare per entrare nei primi 100 nel 2015 e per tornarci negli ultimi mesi, dopo che la brutta vicenda scommesse di due anni fa aveva lasciato parecchie scorie dal punto di vista mentale, ben evidenziate dalla carenza di risultati e dal crollo nella classifica ATP. Tuttavia, a lungo termine può diventare un’arma a doppio taglio. Giocare troppo sulla terra non l’ha aiutato a sviluppare un tennis di livello simile sulle altre superfici, così le poche volte che ci prova non si trova a proprio agio, i risultati non gli danno ragione e finisce per tornare sul rosso. Ma a quasi 26 anni è giunta l’ora di tentare di cambiare passo, magari giocando meno Challenger e meno sulla terra. Anche a costo di vincere qualche partita in meno e se necessario anche di perdere un po’ di terreno in classifica, ma con l’obiettivo di mettere fieno in cascina per tentare di crescere ancora. Qualche anno fa ci aveva confessato il sogno di arrivare un giorno nei primi 50 del mondo: se non vorrà lasciarlo chiuso nel cassetto deve provarci.
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