DOSSOBUONO DI VILLAFRANCA (Verona) – Avremmo voluto fornirvi un'informazione completa, ma non è stato possibile. Il processo sportivo a carico di Daniele Bracciali e Potito Starace si è concluso alle 19.35 di mercoledì 17 giugno, dopo l'ultima requisitoria della Procura Federale e le arringhe degli avvocati. Adesso la palla passa al Tribunale Federale, che nei prossimi giorni emetterà la sentenza tennistica più attesa del 2015 (anche se, al 99%, ci saranno ulteriori gradi di giudizio). Avremmo voluto presenziare al dibattimento per comprendere le dinamiche, i contenuti e le strategie delle parti. Sabato scorso, i giornalisti presenti (quattro in tutto) non avevano potuto partecipare al dibattimento perchè il Tribunale Federale si era appellato all'articolo 100, Comma 1, del Regolamento di Giustizia FIT, in cui è previsto che l'udienza dinnanzi al Tribunale Federale si svolga in camera di consiglio. L'articolo, tuttavia, non recepisce a fondo le direttive del Codice di Giustizia Sportiva del CONI, deliberato dal Consiglio Nazionale CONI il 10 febbraio 2015 e approvato due mesi dopo (il 3 aprile) da un decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri. L'articolo 35, Comma 2, del suddetto codice recita testualmente: “Nei procedimenti in materia di illecito sportivo nonché in altre materie di particolare interesse pubblico, i rappresentanti dei mezzi di informazione e altre categorie specificamente determinate possono essere ammessi a seguire l’udienza in separati locali, nei limiti della loro capienza, mediante un apparato televisivo a circuito chiuso”. Curiosamente, l'articolo 100 del Regolamento di Giustizia FIT è identico all'articolo 35 del Codice CONI, salvo che nella parte appena citata. Semplicemente, manca. A giustificazione della mancanza, va detto che l'ultima versione dell'RdG risale al 23 dicembre 2014, con tanto di approvazione di Giovanni Malagò, e quindi è antecedente al dispositivo CONI. E' dunque probabile che debba ancora essere integrato. Per questo, abbiamo inoltrato con fiducia un'istanza al Tribunale Federale, nella persona del presidente Giorgio Gasparotto, per chiedere di poter assistere all'udienza in virtù della grande rilevanza pubblica della vicenda, chiedendo di poter assistere dall'aula qualora non ci fosse stata la possibilità di un apparato TV a circuito chiuso. Il Tribunale ci ha risposto riservandosi la decisione dopo aver ascoltato il parere delle parti.
STARACE E PROCURA DICONO NO
Per questa ragione, ci siamo recati presso l'Hotel Veronesi La Torre, un ex monastero adibito ad albergo che si trova a Dossobuono di Villafranca, a due passi dall'aeroporto di Verona, a una decina di chilometri dalla città e accanto alla sede della nota marca di intimo Calzedonia. L'udienza era fissata alle 16 presso la Sala Opale, piccola costruzione su un lato corto dell'hotel. Alle 15.40 ci siamo presentati nell'aula: c'erano ancora poche persone, tra cui l'Ufficiale di Gara Daniela Congia (già giudice di sedia di vari eventi internazionali), cui abbiamo informato della nostra presenza. Alla spicciolata si sono presentati i vari soggetti: procuratori, giudici, avvocati, imputati. L'ultimo ad arrivare, alle 16.23, è stato Potito Starace con l'avvocato Luigi Chiappero. L'udienza ha dunque preso il via. Alle 16.37, le parti sono uscite e un Procuratore ci ha informato che in quel momento si stava decidendo se ammetterci o meno. La mini-camera di consiglio è durata 11 minuti. Al rientro delle parti, dopo pochi minuti siamo stati informati che la nostra istanza era stata respinta perchè c'erano state due opposizioni. La più ferma è stata quella di uno dei due imputati: Potito Starace. Alla sua, è seguito il parere negativo della Procura Federale: tra le motivazioni espresse, anche il fatto che una nostra ammissione sarebbe stata una disparità di trattamento rispetto agli altri giornalisti presenti sabato, o anche a Corrado Tschabuschnig (manager di Starace), che venne fatto uscire per una sorta di “parità di trattamento” rispetto ai giornalisti. A questa osservazione è facile rispondere che gli altri giornalisti avrebbero potuto fare istanza come noi e magari presentarsi a Verona. Semplicemente, non l'hanno fatto. Gli unici a dare parere favorevole alla nostra presenza sono stati Daniele Bracciali e i suoi difensori Alberto Amadio e Filippo Cocco. Il Tribunale ha dato ascolto ai pareri negativi e ci è stato comunicato che non avremmo potuto assistere all'udienza.
"SOLO" UN MATCH INCRIMINATO
Qui parte la cronaca di quello che (non) abbiamo visto. A differenza di sabato, dove c'era un continuo via vai di persone, sono rimasti tutti dentro per tre ore esatte. I primi a parlare sono stati i procuratori con la loro requisitoria e le richieste di condanna. A seguire, la difesa. Prima gli avvocati di Bracciali, poi quello di Starace. Alla fine, il liberi tutti. Riserbo assoluto sui contenuti del dibattito: non è emerso nulla, nemmeno le richieste di condanna effettuate dalla Procura. L'abbiamo chiesto a una persona presente in sala (non i procuratori: siamo al corrente che i membri del Organi di Giustizia non possono parlare con i giornalisti su procedimenti non già chiusi da almeno un anno: articolo 45, Comma 13, dello Statuto FIT), che ha allargato le braccia: “Mi dispiace, non ve lo posso dire”. Stessa cosa per gli avvocati di Bracciali, che nel legittimo rispetto della riservatezza si sono attenuti all'impostazione generale e non ci hanno dato l'informazione. L'unico fatto davvero importante che abbiamo appreso riguarda l'oggetto del processo: tutti gli organi d'informazione sostengono che Bracciali e Starace sono accusati di aver alterato l'esito di “alcune partite” per trarre guadagni illeciti con le scommesse. In realtà, il processo verte soltanto su una partita, il famoso Starace-Gimeno Traver giocato a Barcellona nel 2011, quando il campano si ritirò sul punteggio di 4-6 6-1 2-0 per lo spagnolo, adducendo come motivazione problemi allo stomaco. Pare che sia quello l'unico atto d'accusa su cui batte la Procura FIT. Tutto qui: avremmo voluto raccontarvi cosa hanno detto i procuratori, cosa hanno risposto gli avvocati, cosa ha osservato il giudice…come avviene in centinaia di processi in giro per il mondo, invece su questo caso vige un silenzio clamoroso. E pensare che l'indagine della Procura è partita proprio grazie alle intercettazioni pubblicate dalla stampa, senza le quali non ci sarebbe nessun procedimento. Intercettazioni pubblicate da quegli stessi giornalisti che però non possono seguire il processo perchè uno degli imputati non vuole, così come la Procura. Un silenzio bipartisan che ci lascia basiti e increduli, soprattutto tenendo conto che si tratta di un semplice procedimento sportivo. In tutto questo, al netto delle considerazioni di merito che emergeranno solo con la sentenza, ha fatto un'ottima figura il clan Bracciali. Lo stesso giocatore, che ha accettato di parlarci in un'intervista a dibattito chiuso, nonché i suoi avvocati che hanno mostrato il massimo rispetto verso il nostro lavoro, non solo con la pronuncia favorevole sulla nostra istanza ma per la sostanziale correttezza, nel rispetto dei ruoli (giornalista e avvocato) che di tanto in tanto si scontrano. Abbiamo fatto domande scomode a Daniele e loro sono intervenuti senza remore per impedire alcune risposte. E' giusto così: noi facciamo il nostro lavoro, loro fanno il loro. Abbiamo avuto l'impressione che a loro sarebbe piaciuto entrare nel merito (che peraltro sarebbe stato sdoganato dalla nostra presenza in Aula), ma hanno rispettato il protocollo. Forse è proprio il protocollo che andrebbe cambiato. Magari a partire da quell'articolo 100 del Regolamento di Giustizia che dovrebbe ricalcare meglio l'articolo 35 del Codice di Giustizia Sportiva CONI. Siamo sicuri che l'argomento verrà affrontato e la vicenda sarà risolta al meglio, evitando situazioni spiacevoli come quella vissuta in un ex monastero, a due passi dall'aeroporto di Verona. La trasparenza, si sa, è lo smacchiatore più efficace.