ESCLUSIVO – Il Collegio di Garanzia CONI accoglie il ricorso delle Procure e stabilisce un nuovo processo. Si ripartirà da dalla Corte Federale di Appello, ma con giudici diversi rispetto al precedente giudizio. Ecco cosa è successo nell'udienza di mercoledì. 

Tutto da rifare. Tutto cancellato, quasi spazzato via. Con un dispositivo di poche righe, il Collegio di Garanzia CONI ha rispedito al grado precedente il processo sportivo a carico di Daniele Bracciali e Potito Starace, accusati di aver combinato una partita al fine di guadagnare illecitamente tramite scommesse. Il sospiro di sollievo dei due giocatori (radiati in primo grado, sostanzalmente salvi in secondo: assoluzione per Starace e squalifica di 12 mesi per Bracciali) è durato poco più di due mesi. Si ripartirà dal secondo grado di giudizio, dalla stessa Corte Federale di Appello che aveva sostanzialmente annullato la sentenza di primo grado. Il Collegio di Garanzia, presieduto dall'ex Ministro degli Esteri Franco Frattini (nella foto in alto), ha accolto il ricorso della Procura Generale dello Sport e della Procura FIT e “Ha annullato con rinvio la decisione impugnata e, per l'effetto, ha trasmesso gli atti alla Corte Federale d'Appello FIT per la rinnovazione del secondo grado di giudizio, applicando il principio di diritto, di cui in motivazione”. Tra l'altro, è stato respinto anche il ricorso di Daniele Bracciali, il quale aveva chiesto l'annullamento della sanzione di dodici mesi. L'aretino è stato anche condannato a pagare le spese di giudizio, 2.000 euro più gli accessori di legge. 

VOLTI NUOVI IN UDIENZA

L'appuntamento era mercoledì alle 15.30 presso la sede CONI: oltre al tennis c'erano due udienze legate alla FIGC e alla FISE: il calcio ha avuto la priorità e l'udienza è iniziata intorno alle 16. E' durata un'ora e ci sono stati vari colpi di scena, oltre ad alcuni personaggi nuovi. L'avvocato Massimo Proto, in rappresentanza della FIT, era accompagnato dall'avvocato Rolandi, mentre i procuratori erano quattro: oltre a quelli federali (Guido Cipriani e Filippo Bonomonte) e il rappresentante della Procura Nazionale dello Sport (Massimo Ciardullo), c'era il Procuratore Generale dello Sport Enrico Cataldi. Ha aperto le danze Franco Frattini, annunciando quello che poi…non sarebbe accaduto: l'udienza avrebbe dovuto vertere esclusivamente su aspetti tecnico-processuali e non sugli atti. Si doveva parlare di (eventuale) estinzione e prescrizione…invece si è discusso soprattutto di altro. In rappresentanza delle difese, volti ormai noti per chi ha seguito questo processo: Filippo Cocco e Alberto Amadio per Bracciali, Luigi Chiappero e Simone Maina per Starace. Presenti anche i due imputati (che peraltro hanno scambiato qualche parola tra loro, come non era accaduto nelle precedenti udienze).

"SENTENZA 'SCIATTA E SUPERFICIALE'"

Le schermaglie verbali sono partite con Alberto Amadio, il quale ha esposto un concetto già segnalato nel precedente grado di giudizio. A suo dire, il processo avrebbe dovuto estinguersi già in primo grado perché è durato 115 giorni anziché 90. “Noi non abbiamo chiesto nessuna sospensiva, quindi se si è andati così per le lunghe non è dipeso da noi”. L'allusione era al fatto che tutte le richieste di rinvii e sospensioni erano state fatte da Chiappero. Su questo punto, sono arrivate le contestazioni sia di Proto (che ha citato l'articolo 334 del codice civile sull'impugnazione tardiva) che di Cipriani (ammissibilità delle memorie). Il primo colpo di scena è arrivato quando ha preso la parola Massimo Ciardullo, il quale ha vivacemente contestato le motivazioni della sentenza d'appello, mettendo in evidenza alcuni aspetti che (secondo lui) non sono stati considerati dai giudici Biagini, Procaccini e Supino. In particolare, a pagina 43 della sentenza si diceva che bisogna arrivare al proscioglimento anche se ci sono “indizi di reità non caratterizzati da precisi e concordanti elementi probatori”. Tale punto ha portato all'assoluzione di Starace, ma secondo Ciardullo è stato il frutto di una sentenza “sciatta e superficiale” perché è stato preso in considerazione soltanto un interrogatorio di Manlio Bruni (quello del 26 novembre 2014), mentre altri due sono stati totalmente ignorati. Secondo Ciardullo, è una mancanza immotivata soprattutto in merito alla posizione di Starace: “Con appena un interrogatorio su tre, mancano i pezzi”. Secondo la Procura, la famosa “cena conviviale” citata da Roberto Goretti c'è stata, mentre nella sentenza non è in alcun modo menzionata. Anche nel caso di Goretti sarebbe stato preso in considerazione soltanto un interrogatorio (18 novembre 2014, mentre ce n'è stato un altro il 24 “E sono strettamente collegati” dice Ciardullo). La Procura ha poi menzionato nuovamente la partita di Monaco di Baviera 2009 (Starace-Brands) e il modo in cui si sono sviluppate le quote. Asserzione legittima ma curiosa, visto che questo match non è mai stato capo d'imputazione. Sempre secondo Ciardullo, il famigerato Manlio Bruni non ha mai spiegato una frase da lui scritta in una chat: “Poto vuole il suo 20”. Si è poi parlato delle chat e degli SMS, la “pistola fumante” da cui è partita l'inchiesta: secondo l'accusa, sono state prese in considerazione solo quelle del Generale Umberto Rapetto, ma ce ne sarebbero altre in cui si arriverebbe alla conclusione che “Braccio” e “Braccio2” sono utenze telefoniche riconducibili alla stessa persona. In virtù di questo, la procura ha chiesto quel che poi ha ottenuto “remissione al giudice, se non sufficientemente istruito”.

QUEL DOCUMENTO DA CREMONA…

Il momento più teso è arrivato quando il procuratore Orlandi ha tirato fuori il processo ordinario di Cremona. Stava per mostrare un documento, quando l'avvocato Luigi Chiappero si è alterato e con grande vigore ha detto: “Mi auguro che lei non tiri fuori queste carte perché noi non le abbiamo mai ricevute”, peraltro ricordando l'articolo 326 del Codice di Procedura Penale, che obbliga alla riservatezza. Orlandi ha spiegato come è venuto in possesso di quel documento: saputo (tramite gli organi di stampa…) che Roberto Di Martino ha chiesto formalmente il rinvio a giudizio al GUP, lo ha chiamato personalmente per chiedergli l'atto, pervenuto in data 9 dicembre. Vale la pena approfondire questo punto. Di Martino ha effettivamente chiesto il rinvio al Giudice per l'Udienza Preliminare, ma tali carte dovrebbero essere riservate tra PM e GUP senza che nessuno ne venga a conoscenza, neanche le difese. Poi capita spesso che ai giornalisti arrivi qualche spiffero, ma la verità è che Bracciali e Starace non sono stati affatto rinviati a giudizio. Semplicemente, il GUP li convocherà per l'udienza preliminare (cosa non ancora avvenuta) e solo dopo deciderà se mandarli a processo. Alcuni organi di stampa, senza aver approfondito la vicenda, si erano avventurati a parlare di rinvio a giudizio già arrivato. Ad ogni modo le carte del processo penale sono rimaste dentro le cartelline e non avranno rilevanza nel procedimento sportivo, anche se Frattini ha chiesto il capo d'imputazione chiesto dal PM. La risposta non sorprende, visto che diversi giornali l'avevano già menzionato: “associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva”.

LA CHIAMIAMO OMESSA DENUNCIA?

Un colpo piuttosto duro alle difese è stato inferto dall'avvocato Rolandi, il quale ha spiegato che l'illecito sportivo è diverso dall'illecito penale. A suo dire, i processi sportivi sono di carattere indiziario e quindi non c'è la necessità di andare oltre il ragionevole dubbio. Tale concetto, tra l'altro, era stato espresso anche nella sentenza di primo grado. Secondo Rolandi, il tesserato ha l'obbligo di collaborare non appena viene a conoscenza di un possibile illecito. Visto che Bracciali non lo ha fatto (su questo punto non sappiamo cosa c'entri Starace, visto che il suo nome compare in nessuna intercettazione…), l'illecito si ritiene compiuto anche se non si è consumato. Per intenderci, si configurerebbe l'illecito di “omessa denuncia”, diventato famoso perché ha colpito Antonio Conte, l'attuale CT della nazionale di calcio, nonché il giocatore della Lazio Stefano Mauri e altri calciatori. Va detto che le sospensioni, in questi casi, non sono state così pesanti.

UN ROUND A FAVORE DELL'ACCUSA

A chiudere, le difese: Filippo Cocco si è risentito per la citazione del match di Monaco di Baviera 2009 (“Non è mai stato contestato, non vedo perché tirarlo fuori adesso”) e ha sottolineato che, per quanto concerne il Processo Penale di Cremona, le difese sanno soltanto che le indagini si sono chiuse (il fatto risale addirittura a luglio, ndr) ma formalmente non sanno se il procedimento è andato avanti o meno. Ha poi parlato Simone Maina, giovane ma dalla dialettica già impressionante: “Che posso aggiungere? Si è parlato soltanto di argomenti che travalicano il collegio. Si doveva discutere sugli aspetti processuali, invece si è parlato di tutto fuorché di questo”. Luigi Chiappero ha poi chiesto che il ricorso delle Procure fosse ritenuto irricevibile, in subordine di ricominciare tutto daccapo, in ulteriore subordine di aspettare gli esiti del processo di Cremona. A chiudere, c'è stata una schermaglia quasi divertente tra le parti. Per attivare il Collegio di Garanzia CONI deve essere pagata una tassa: è stato fatto notare che non è stata pagata. Ecco la risposta: “La Procura non deve produrre questo pagamento perché sarebbe come pagare a se stessa”. Il dibattimento è terminato intorno alle 17.15 e verso le 21 sono arrivati i dispositivi. E' una piccola vittoria per l'accusa e certamente non un bel regalo di Natale per la difesa. Si riparte da zero e – sembra – con una serie di elementi in più a favore dell'accusa. Si ritorna alla Corte Federale di Appello FIT, ma il Collegio non sarà lo stesso del precedente giudizio. Il Presidente Alfredo Biagini, dunque, sarà chiamato a decidere chi saranno i tre membri giudicanti. La Corte non è così numerosa, quindi dovrà per forza uscire tra i seguenti nomi: Massimo Picchioni, Enrico Salone, Sergio De Felice, Gaetano Sangiorgi e Ferruccio Maria Sbarbaro. E' ipotizzabile attendersi la prima udienza per metà gennaio, poi la decisione andrà presa entro 60 giorni. Per Daniele Bracciali, dunque, sfuma il progetto di andare all'Australian Open, mentre Starace potrebbe fare attività fino al giudizio, ma di certo non nelle condizioni ideali. Il campano ipotizza di giocare tutto il 2016 prima di chiudere la carriera, ma questo ennesimo rinvio non gli darà certo una mano. La vicenda è di nuovo riaperta. Una vicenda infinita e sempre più snerbante. Per tutti, nessuno escluso.

(Realizzato con la collaborazione di Tiziana Pikler)