Il Tribunale Federale stanga i due imputati per la vicenda scommesse: non è certo una sorpresa. La vera notizia arriva dalle dichiarazioni di Angelo Binaghi, che ipotizza addirittura un ricorso alla giustizia ordinaria. L'urgenza di aprire alla stampa i processi sportivi di rilevanza pubblica. 

La notizia non c'è. Sin da quando è iniziato il procedimento 74/2014 a carico di Daniele Bracciali e Potito Starace, c'era la sensazione che il Tribunale Federale li avrebbe stangati. La sentenza è di quelle che fa rumore: radiazione, con tanto di sanzione pecuniaria per entrambi: 40.000 euro per Bracciali, 20.000 per Starace. Se la sentenza di primo grado fosse confermata nei seguenti gradi di giudizio, i loro nomi verrebbero spazzati via dal tennis azzurro con un'accusa infamante: la compravendita di una partita allo scopo di realizzare guadagni illeciti. Tutti – ma proprio tutti – i media continuano a parlare di “alcuni incontri”, mentre il processo ha riguardato la sola partita di Barcellona 2011, quando Starace si ritirò al primo turno contro Daniel Gimeno Traver. Non abbiamo la possibilità di entrare nello specifico, poiché il processo si è tenuto interamente a porte chiuse nonostante le nostre (legittime, perché supportate dalle normative CONI) richieste di assistere alle ultime udienze. Anche fuori dalle aule romani e veronesi, tuttavia, era facile intuire la tensione tra accusa e difesa. Il Tribunale Federale ha evidentemente accolto le richieste dell'accusa, ritenendo fondate le prove e le documentazioni presentate dalla Procura Federale. Insomma: Bracciali e Starace avrebbero guadagnato soldi da quella partita. Tanto è bastato per una pena durissima, dai potenziali effetti esplosivi per il futuro dei due. La loro carriera agonistica è ormai giunta agli sgoccioli (anche se Bracciali aveva ancora la forte motivazione di chiudere una stagione tra i top-40 ATP di doppio per accedere al piano pensionistico ATP), ma il futuro è ancora tutto da scrivere. E probabilmente entrambi pensano a un futuro nel tennis (nelle vesti di coach, maestro, magari opinionista o dirigente): la radiazione toglierebbe loro qualsiasi chance di lavorare nel settore, almeno in ambito federale. Certo, potrebbero fare attività extra, ma non sarebbe la stessa cosa. Per non parlare di una reputazione che sarebbe ormai compromessa.


QUELLA CITAZIONE DI "ALTRI TESSERATI"

Per questo, la vicenda andrà avanti. La difesa ricorrerà certamente alla Corte Federale di Appello, ultimo grado endo-federale (ovvero con giudici nominati dal Consiglio Federale FIT), dopodiché è molto probabile un ulteriore ricorso al Collegio di Garanzia del CONI, dove si uscirebbe dall'ambito strettamente FIT. In teoria, ci sarebbe poi la possibilità di rivolgersi al CAS-TAS di Losanna, ente ultimo e supremo, ma abbiamo avuto l'impressione – almeno in sede di udienza – che non ci sia l'intenzione di spingersi così in là. Ma magari hanno cambiato (o cambieranno) idea. Sulla vicenda è uscita una dichiarazione del Presidente FIT Angelo Binaghi. Crediamo che le sue parole forniscano due spunti ben più interessanti rispetto alla sentenza di radiazione, su cui si stanno concentrando tutti i media. Eccole:

 

“Trattandosi dell’esito di un processo di primo grado non possiamo che augurarci che Bracciali e Starace riescano in quelli successivi a dimostrare di non aver commesso i gravissimi fatti per i quali sono stati condannati dal Tribunale Federale. Daniele e Potito hanno rappresentato per molti anni l’Italia nel mondo, difendendo anche con passione la maglia azzurra in Coppa Davis, e questo non va dimenticato. Se però anche i successivi gradi di giudizio confermassero quanto sin qui accertato dalla giustizia sportiva, o addirittura emergessero nuove responsabilità a carico di altri tesserati, il danno di immagine arrecato al tennis italiano sarebbe così grave che la FIT, dopo essere intervenuta quale parte lesa in sede disciplinare in questo procedimento, non esiterebbe a chiederne conto ai colpevoli anche in sede di giustizia ordinaria”.

 

Notizia numero 1: al termine della vicenda sportiva, in caso di conferma delle pene, la FIT sarebbe pronta a citare in giudizio Bracciali e Starace. Il motivo è chiaro: i danni d'immagine arrecati dal nostro tennis. A proposito di giustizia ordinaria: a settembre, è probabile che arrivino le richieste di rinvio a giudizio per il toscano e il campano. Lo scorso 7 luglio sono terminate le indagini: qualora il PM dovesse chiedere il rinvio, ci sarebbe una seduta presso il GUP (Giudice dell'Udienza Preliminare): quest'ultimo deciderebbe se dare il via al processo oppure decretare il non luogo a procedere.

 

Notizia numero 2: più che una notizia, è una sensazione. A un certo punto, Binaghi dice: “O addirittura emergessero nuove responsabilità a carico di altri tesserati”. Se lo ha detto, evidentemente, non è sicuro che Bracciali e Starace siano gli unici (eventuali) colpevoli. Vale la pena ricordare che – sulla base delle intercettazioni pubblicate dai giornali – erano stati indagati altri giocatori, la cui posizione è stata archiviata. Eppure, nonostante l'archiviazione, si parla ancora di “altri tesserati”. Volendo essere maliziosi, la sua frase si può prestare ad almeno un paio di illazioni. 


UDIENZE APERTE ALLA STAMPA: E' UNA PRIORITA'

La nostra posizione è sempre la stessa. Lo scorso 13 giugno, dopo l'udienza romana, scrivemmo: "La nostra linea è chiara: come sempre, TennisBest fa il tifo per la giustizia. Vogliamo che emerga la verità e che Bracciali e Starace abbiano una sentenza giusta: condannati se colpevoli, assolti se innocenti. Continueremo a cercare di informarvi nel modo più onesto, completo e fedele su una vicenda che ha varcato i confini dell'Italia e che non deve cadere sotto silenzio”. In questo momento esiste una sola sentenza sportiva e probabilmente ne arriveranno altre, anche in sede ordinaria. Fino ad allora non sarebbe corretto definirli “colpevoli” o “innocenti”. Ognuno ha la sua opinione, anche noi, ma viviamo in un paese in cui è pericoloso anche solo definire “assassino” un omicida prima della condanna definitiva. Figurarsi su una vicenda del genere. Possiamo giusto registrare che – per ora – il futuro professionale di Bracciali e Starace è a rischio: “Non ci voglio nemmeno pensareci disse Bracciali dopo l'udienza di Verona, quando gli prospettammo l'ipotetico scenario. L'unica opinione – peraltro già espressa – riguarda le modalità di svolgimento del processo. La segretezza in cui si sono svolti i lavori ha scoraggiato tutti i media (tranne noi) a tentare di svolgere un'adeguata informazione. Delusi dalla presa di posizione della Procura (che ha fornito parere negativo alla presenza della stampa) e dalla decisione del Tribunale, speriamo che il nuovo Regolamento di Giustizia accolga la normativa CONI e renda possibile uno svolgimento pubblico, almeno per i giornalisti. Siamo certi che l'argomento verrà trattato, poiché già da qualche anno la FIT sta adottando una meritoria politica di trasparenza (c'è stato un importante miglioramento anche sul piano della Giustizia: da qualche tempo, tutti i provvedimenti vengono regolarmente pubblicati su www.federtennis.it). Anche se – ovviamente – ci auguriamo che non ci sia più la necessità di processi “di pubblico interesse”. Il Consiglio, tra l'altro, è già chiamato al delicatissimo compito di nominare i membri degli Organi di Giustizia. In questo caso, la FIT è intervenuta in sede di procedimento come parte lesa: ovviamente sia la Procura che il Tribunale sono totalmente indipendenti nel loro operato, come ha ribadito lo stesso Bracciali, però è un dato di fatto che la decisione è stata presa da un Tribunale nominato da una delle parti in causa. L'anomalia – è opportuno ricordarlo – è comune a tutte le federazioni sportive italiane. Per questo, lo svolgimento pubblico dei processi sarebbe più che mai utile. Il primo set è appena terminato, ma la partita è ancora molto lunga.