WIMBLEDON – La bella vittoria su Kohlschreiber lo spinge al terzo turno. Dopo avergli tolto tanto, la sorte lo sta ripagando. E’ il giusto premio per chi ha sempre lavorato seriamente. Adesso c’è Nishikori.
Di Riccardo Bisti – 26 giugno 2014
(Foto Tonelli – FIT)
Il vento ha cambiato direzione. In pochi mesi, Simone Bolelli si sta riprendendo tutto quello che aveva perso. Aveva impiegato tre anni per tornare su buoni livelli, almeno tra i top-100. Poi un brutto infortunio al polso lo ha costretto alla ripartenza più difficile: 28 anni e una classifica tutta da ricostruire. “Ci vorrà pazienza, gli obiettivi sono grandi ma non devo farne un cruccio. La risalita ripartirà dai piccoli tornei e passerà anche dalle sconfitte”. Lo disse al momento di ripartire, al challenger di Bergamo. Lo vinse e fu il segnale che la terza carriera, forse, può essere quella buona. Ha vinto altri due tornei (Vercelli e Tunisi) e i top-100 sono lì, dietro l’angolo. La fortuna gli ha dato una mano, dopo che aveva perso da Sam Groth all’ultimo turno delle qualificazioni. E’ entrato in tabellone come lucky loser, proprio come tre anni fa, e ha centrato un ottimo terzo turno. Se la vittoria contro Tatsuma Ito era nell’ordine delle cose, quella contro Philipp Kohlschreiber lo rilancia a un livello che è stato suo fino al 2009: i tornei ATP, la stessa aria respirata dai migliori. Soltanto chi ha certi numeri può battere il tedesco a Wimbledon, sull’erba, in cinque set. Il “Bole” è rimasto in campo per tre ore e si è imposto col punteggio di 4-6 6-4 6-3 2-6 7-5. Un successo d’oro perché ha mostrato il carattere e la tenacia. Quell’idea secondo cui il lavoro paga. Prima o poi paga. Perché il “Bole”, anche se ha la fisima di tenere la testa bassa, è un lottatore. Ha una qualità importante: sa quello che vuole, ha le idee chiare.
LA PAZIENZA DI ASPETTARE
Questa consapevolezza gli ha dato una mano dopo un primo set gettato dalla finestra. Era partito alla grande, 3-0 e palla del 4-0 sciupata con ingenuità. Perdere il primo set in quel modo avrebbe potuto essere letale. Invece Simone ha portato avanti il suo disegno tattico, mantenendo quel concetto di “ordine” tanto caro ai coach. Ha vinto (bene) il secondo e il terzo set, poi ha tirato il fiato nel quarto sapendo che nel quinto si sarebbe giocato molto. Il terzo turno a Wimbledon, 90 punti ATP, 71.000 pounds ma soprattutto un pezzo di futuro. Ha continuato a servire alla grande, senza più concedere nulla. Le certezze al servizio gli hanno permesso di giocare più tranquillo nei punti di risposta. Se c’è una dote che non gli manca, beh, è proprio la pazienza. E all’undicesimo game sono arrivati gli errori di Kohlschreiber. Ormai era fatta. Nemmeno un doppio fallo al primo matchpoint ha messo paura a Simone.
LUCKY SIMO
E l’urlo finale non è stato liberatorio, ma consapevole. Consapevole di una classifica che già lo vede intorno al numero 110 ATP, senza punti da difendere fino a gennaio. Consapevole che le sue armi non le hanno in tanti. Consapevole che il meglio, forse, deve ancora venire. Per lui, classe 1985, è fonte di ispirazione vedere almeno una quarantina di giocatori più anziani che gli stanno davanti in classifica. La maturità, unita a serenità e consapevolezza, può tornargli molto utile. E c’è una semifinale di Davis che potrebbe riscoprirlo protagonista. Il futuro immediato, tuttavia, si chiama Kei Nishikori. Avversario durissimo, reduce da un gran successo contro Denis Kudla. Secondo chi ha visto il match, il giapponese ha messo in mostra tutto quello che serve sull’erba: colpi penetranti, buon servizio, fisico tirato a lucido, volèe eleganti e mano morbida. Il giapponese è un fenomeno e sarà dura, ma la ruota di Simone è girata. Magari andrà avanti, con quel logo “LL” che gli sta portando così fortuna. Chissà che non possa emulare il gigante Dick Norman, che nel 1995 giunse negli ottavi da lucky loser, battendo addirittura Stefan Edberg. Intanto l’Italia ride: era dal 2008 che non avevamo due rappresentanti al terzo turno di Wimbledon: allora furono Andreas Seppi e lo stesso Simone. Oggi il Bole è ancora lì, insieme all’amico Fabio Fognini. Così diversi, così complementari. Speriamo che continuino ad essere vincenti.
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