Ci credevano in pochi, specie dopo le opache prestazioni delle ultime settimane. Eppure, alla soglia dei 30 anni (li compirà tra un paio di settimane), Simone Bolelli si è fatto un bel regalo. Battendo Tomas Berdych negli ottavi di San Pietroburgo, ha colto la seconda vittoria in carriera contro un top-10 (al momento del match, s'intende). La prima risaliva allo scorso febbraio, a Marsiglia contro Milos Raonic. Fu una piccola liberazione, poiché aveva raccolto la bellezza di 35 sconfitte in altrettanti match. La serie negativa più lunga dell'Era Open. E' passata e oggi Simone ride, perché il primo titolo ATP non è così lontano. L'ha sempre detto: “Vorrei vincerne almeno uno, anche piccolo”. San Pietroburgo, rinato dopo un anno di assenza, non è nemmeno così piccolo: mette in palio oltre un milione di dollari di montepremi. Quello contro Joao Sousa sarà il sesto quarto di finale ATP in stagione dopo Sydney, Marsiglia, Bucarest, Nottingham e Amburgo. Superare lo scoglio non sarebbe male, ma Simone deve ambire a qualcosa di più. Allo scoccare dei 30 anni, non è detto che capiteranno chissà quante occasioni. Nell'elegante città russa è passato un treno importante è lui è stato bravo a salirci, anche se Berdych gli ha dato una mano nel momento del bisogno. E' finita 7-6 6-4 per Simone ed è un risultato meritato perché ha giocato con più coraggio, cercando il punto e mostrando una buona condizione atletica nonostante arrivasse da un lungo viaggio (a differenza di Berdych, che ha saltato la trasferta di Davis in India). Il punto-simbolo della partita è stato quello sul 5-5 nel tie-break. Lì Berdych ha avuto paura, Bolelli no e tanto è bastato per vincerlo e poi sigillare il set con il servizio.
PROVA DEL NOVE CONTRO SOUSA
Simone è partito lento, incassando il break nel game d'apertura. Un game di 16 punti, in cui ha anche avuto un paio di vantaggi. Berdych sembrava tranquillo, perfetto al servizio, poi ha combinato il patatrac sul 3-2. Si è trovato 30-30 e ha commesso due doppi falli di fila che hanno ridato ossigeno a Bolelli. Da quel momento, il match è diventato interessante ed equilibrato. Bolelli ha provato a giocare “alla Federer”, utilizzando spesso un rovescio corto in slice, sul rovescio di Berdych. Il ceco non sapeva bene cosa fare su quella palla e sembrava meno fresco di Simone, ben centrato di testa ma anche reattivo con le gambe, nella ricerca della palla. Nessuno si è stupito quando è salito 4-0 nel tie-break, ma l'orgoglio di un top-10 non va mai sottovalutato. Berdych ha trovato l'equilibrio e poi sul 5-5 c'è stato il punto più importante del match, giocato e vinto alla grande da Simone. Nel secondo set, il break è arrivato nel terzo game ed è stato aiutato da un doppio fallo sul 40-40. Da lì in poi, ha confermato una buona tendenza della sua carriera: quando deve chiudere, chiude. Difficilmente il suo braccio trema. Deve proseguire così contro Joao Sousa: a parte il passaporto, il portoghese gioca piuttosto bene sul duro: vanta un titolo a Kuala Lumpur e una semifinale proprio a San Pietroburgo. Va detto che al primo turno ha rischiato di perdere contro il moldavo Radu Albot, ma poi ha tenuto a bada Marcel Granollers. Simone è a tre lunghezze dalla sua carriera più prolifica a livello ATP: il 2008. Allora vinse 29 partite, mentre adesso è a quota 26 (con 21 sconfitte): più di quante ne avesse colte tra il 2012 e il 2014.
ATP SAN PIETROBURGO – Ottavi di Finale
Simone Bolelli (ITA) b. Tomas Berdych (CZE) 7-6 6-4