Dopo una lotta di quasi due ore, Matteo Berrettini commenta il primo punto portato all’Italia nella sfida contro il Belgio

foto Brigitte Grassotti

Un Berrettini sereno, felice e soprattutto orgoglioso entra in sala stampa dopo la vittoria sudata contro Alexander Blockx: “Gioco per questi momenti, per sentire urlare il mio nome, per il calore del pubblico. Sul match point ho visto esultare i miei genitori come la mia prima vittoria e questo mi fa piacere!”.

L’avversario, il 19enne belga Blockx, al proprio best ranking (253 Atp) in queste settimane, era tutt’altro che noto. “Questa settimana sto giocando un torneo junior – scherza Matteo – Joao (Fonseca), lo conoscevo di più, ero consapevole di che tipo di giocatore fosse e avevo preparato la partita, mentre su Alexander sapevo poco. Mi ha impressionato. E’ un giocatore molto solido e in tutto il match ha giocato male un solo game, alla fine del secondo. Mi ha davvero sorpreso”.

Dopo un inizio shock per Matteo, la svolta è arrivata alla fine del primo set: “Sono stato in grado di rientrare, l’esperienza di questi anni serve a qualcosa, anche se non ho giocato il mio miglior tennis, sono riuscito a trovare la strada per vincere il match”.

Il Berrettini 2024 è quello che riflette, analizza e riesce a cogliere gli aspetti positivi: “So di non essere entrato in campo determinato come il primo giorno, i miei colpi non erano incisivi, soprattutto il diritto, ma ora riesco a essere lucido e a non farmi prendere troppo dalle emozioni”.

Le sue parole sono interrotte dai tamburi e dai cori che incitano l’amico Flavio (Cobolli), al debutto in Davis contro Zizou Bergs: “La vigilia è stata emozionante, l’ho abbracciato e gli ho detto di godersela. Il mio esordio era stato in India, sembra passato un secolo, con un pubblico un po’ diverso”.

E inevitabile arriva la domanda sulla sua “seniority” in squadra: “Mi sento un po’ il vecchio del gruppo, in effetti, anche perché guardo il Bole e mi sembra non invecchiare mai, mentre io qualche annetto fisicamente l’ho messo su… “. Poi, da bravo “capogruppo”: “E ora a tifare Flavio!”.