Un anno fa era stato il primo dei tifosi sugli spalti, un anno dopo è stato decisivo per la vittoria finale: la parabola stupenda di Matteo Berrettini, raccontata nelle parole in conferenza stampa
Matteo Berrettini si meritava giornate così, in una competizione tanto importante. L’azzurro e la Coppa Davis non erano andati troppo d’accordo finora, non certo per colpa sua. Due sconfitte nelle finali di Madrid del 2019 (da Shapovalov e Fritz) poi tante assenze causa infortuni. Un anno fa era in panchina a tifare, adesso invece è tornato protagonista e dopo il doppio di giovedì e il successo su Kokkinakis di ieri, oggi ha travolto in poco più di un’ora Van de Zandschulp con una prestazione sontuosa, dando il via al terzo trionfo azzurro, poi rifinito dal solito Sinner. E’ il suo ottavo successo di fila in singolare nella coppa, il nono su undici incontri disputati. Matteo è tornato soprattutto in versione “hammer”. In due partite 30 aces (16 oggi), un solo doppio fallo, un servizio ceduto e tanti drittoni vincenti. «Il segreto? Entrare in campo tutti e sei col capitano – le prime parole di Matteo – subito dopo l’inno mi sono girato verso la panchina e ho detto ai ragazzi, “questa la vinciamo insieme”. Ho lavorato tanto per tornare a vivere giornate così, non è stato facile, a causa degli infortuni ho passato settimane molto dure. Un anno fa, dopo la vittoria sull’Australia in finale, Volandri e Sinner mi avevano detto, “vogliamo rivincere in campo con te”, e ci siamo riusciti».
Oggi si è rivisto un Berrettini di altissimo livello. «Queste partite mi mancavano, l’emozione, l’adrenalina. Sono orgoglioso del mio percorso, per una volta mi do una pacca sulla spalla. Anche in campo, mi ripetevo “bravo, bravo, stai giocando bene”. Ora mi voglio godere questi momenti per poi pensare al 2025, ho grandi obiettivi. Ho bisogno di rifiatare, è stata una stagione emozionante, stancante e molto importante perché ha confermato che sono in grado di rigiocare ad alti livelli. Ho lavorato tanto anche sul piano fisico, e in queste due partite penso di averlo dimostrato. Le gambe purtroppo sono quello che sono, sono così per motivi genetici, immagino. Vincenzo (Santopadre, ndc) diceva che somigliavo all’ispettore Zenigata (personaggio della serie di Lupin III, dalle gambe magrissime, ndc), dal ginocchio in giù sembro proprio un’altra persona».
La prossima si presenta come una stagione di novità nel suo staff. «Devo ringraziare Alessandro Bega, in questo 2024 è stato sempre al mio fianco, anche quando lo allontanavo perché avevo bisogno di restare solo, lui c’era sempre. Ha svolto un grandissimo lavoro, adesso penseremo a rinforzare il gruppo. L’arrivo di Umberto Ferrara? Secondo me è il preparatore fisico più bravo. Imbarazzo per il suo coinvolgimento nel caso Sinner-clostebol? Ripeto che professionalmente Umberto non si discute, quello che è successo purtroppo può accadere. Ne ho parlato con Jannik prima di prendere questa decisione? No».
Una parola di conforto per Musetti («questa settimana non se l’è goduta, ma stiamo parlando di un 2002, ha un grande futuro davanti a sè. Questa vittoria è per lui e per chi non è potuto venire qui») e sul possibile ritorno nella Top Ten usa parole nette. «Ci sono riuscito una volta, ci posso riuscire ancora». E poi subito in campo a tifare, e a piangere sulla spalla di Volandri dopo il match point di Jannik.