WIMBLEDON – Quando parte favorito, Tomas Berdych non tradisce (quasi) mai. Nemmeno se affronta il miglior Tomic degli ultimi mesi, che sull'erba si trasforma. Vince due tie-break delicati e domina alla distanza. I quarti sono l'obiettivo minimo.
Di Alessandro Mastroluca – 25 giugno 2014
Svegliarsi un anno fa. Al 44esimo Slam di fila, 36esimo da testa di serie, Berdych batte ancora Tomic come dodici mesi fa. Allora era un ottavo di finale, stavolta è il secondo turno più intrigante della parte bassa del tabellone. Per oltre due set, Berdych ha rivisto i fantasmi di due anni fa, quando perse da Gulbis (allora n.87 e tuttora il giocatore con la più bassa classifica ad averlo sconfitto ai Championships). Per oltre due set Tomic, che non ha mai sconfitto un ceco in carriera, ha sognato di firmare la sua quarta vittoria contro un top-10. Ma si è dovuto arrendere alla sconfitta numero ventuno, 4-6 7-6 7-6 6-1. 21, come i vincenti di Berdych nel secondo e terzo set, i due tiebreak che hanno fatto tutta la differenza del mondo.
TOMIC, RITORNO AL PASSATO
Il primo set è tutto in un numero: Tomic serve appena 3 seconde in tutto il parziale. L'australiano sull'erba di Wimbledon evidentemente si trasforma, abbandona i lati oscuri di una personalità complessa e fragile, forgiata da un padre ingombrante e tornato suo coach dopo la squalifica dell'anno scorso e la parentesi con Velimir Zovko. Sono lontani i tempi dei dubbi, degli orizzonti foschi, degli scontri verbali e non con papà Ivica (o John, che dir si voglia) a Montecarlo, delle feste a base di lap dance e vodka e della Porsche arancio lanciata a tutto volume per dimenticare l'oggi e sfrecciare illudendosi che il domani arrivi prima. A Wimbledon, dove ha giocato l'unico quarto Slam della sua carriera diventando il più giovane ad arrivare così avanti dai tempi di Becker, Tomic ritrova il suo gioco migliore. Torna così a manifestarsi come il più completo e talentuoso della sua generazione, quel manipolo di giovani promesse ancora incompiute che difettano di quella personalità, di quegli attributi invano invocati per gli azzurri naufragati in Brasile sotto gli occhi increduli di Belinelli. E il neo-campione NBA, punito con 15 mila dollari per aver mostrato le sue “big balls” dopo una tripla decisiva in una serie playoff dell'anno scorso, ne sa più di qualcosa. Tomic, che dopo la finale di Sydney e l'infortunio non ha più vinto prima della stagione sull'erba, che si è attirato le critiche di Fred Stolle, mai tenero verso il suo atteggiamento in campo, per lo scarso impegno mostrato contro Gasquet a Parigi, tiene nel secondo set. Ma l'opposizione di Berdych si fa più accesa, e l'australiano si ritrova costretto a riscoprire le virtù della difesa. Il ceco, che si lamenta più volte con Pascal Maria per chiamate imprecise sue e dei giudici di linea, legge meglio i dritti dell'australiano, sempre molto carichi per quel suo modo peculiare di ruotare il polso nella ricerca della palla. Il tiebreak è teso. Berdych si complica la vita con il gratuito che porta Tomic a servire sul 3-2. Ma si tira fuori dalla buca ed estrae dal suo cilindro il dritto stretto in corsa che vale il set point. È il 21esimo vincente del set per lui, contro i 6 di Tomic che sbaglia l'ultimo lungolinea di rovescio.
LA RIMONTA E' SERVITA
L'australiano deve chiamare il fisioterapista per un problema muscolare, apparentemente all'anca o alla parte superiore della coscia destra. Per un game o due i suoi movimenti si fanno più tirati, poi torna a correre e colpire sciolto e giunge a procurarsi due palle break, sul 6-5, in risposta. Berdych, che a sua volta ha chiesto un antidolorifico per un problema al polso sinistro, però estrae il meglio da servizio e dritto. A proposito di dritti, Tomic ne sfodera uno in accelerazione, a tutto braccio, su una palla senza peso, ma non gli basta: è il secondo e penultimo punto che riesce a portare a casa nel tiebreak che Berdych chiude alla seconda occasione con il settimo ace, il 21mo vincente, contro i 9 di Tomic, del parziale. Nei due tiebreak si vede la bassa fiducia dell'australiano, quella “confidence” che per Vika Azarenka è solo una parola sopravvalutata ma può fare la differenza tra la vittoria e la sconfitta quando ci si gioca tutto su un punto o due. Non è una sfortunata coincidenza se nel 2014 Tomic ha perso 8 tiebreak su 8. Fiducia che scende ancora, in apertura di quarto set, quando il chip and charge spinge Berdych al primo break, a zero, dopo cinque occasioni mancate. La partita, di fatto, si chiude qui. Il quarto set, un'appendice di una ventina di minuti, spalanca a Berdych la porta del terzo turno contro Cilic, un altro déjà-vu. Un anno fa, nell'unico confronto diretto sull'erba, sempre a Londra ma al Queen's, ha vinto il croato che però è indietro 5-2 negli head to head. Un intreccio di storie e di destini che lascia senza risposta un interrogativo dal sapore quasi filosofico: si può imparare dal passato?
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