La forza mentale era l’ultimo tassello che mancava a Tomas Berdych. Adesso sembra tutto al suo posto: sarà lui il prossimo ad attaccare i Fab Four? 
La vittoria in Coppa Davis ha portato Tomas Berdych in una nuova dimensione
 
Di Riccardo Bisti – 15 marzo 2013

 
I tennisti si dividono in due categorie: quelli potenti e quelli veloci, esplosivi. Tomas Berdych fa parte di entrambe le categorie. Il ceco è entrato nei radar tanti anni fa, quando vinse il Masters 1000 di Parigi Bercy a 20 anni. Poi la crescita è stata lenta, anche se costante: ingresso tra i primi 10 nel 2007, prima finale Slam nel 2010 (a Wimbledon) e vittorie contro tutti i migliori. La prima svolta risale al gennaio 2009, quando si è affidato a Tomas Krupa, ex allenatore dell’amico e connazionale Radek Stepanek. “Con Krupa si è reso conto che il punto si può vincere in tanti modi, non soltanto con un gran dritto” dice Stepanek, compagno d’avventura nello storico successo in Coppa Davis. La seconda svolta è arrivata: negli ultimi tornei, Berdych ha dato la sensazione di essersi avvicinato ai migliori. Finalista a Marsiglia e Dubai (dove ha battuto Federer), è in semifinale a Indian Wells dove può giocarsela contro Nadal. Ha vinto 18 delle ultime 22 partite. “Mi auguro che l’aggancio ai primi quattro sia possibile – ha detto Berdych – lavoro duramente ogni giorno per colmare il distacco. Loro sono molto avanti, l’unica chance è giocare con grande solidità. Significa arrivare in finale o in semifinale in tutti i tornei. Ogni volta che li affronti hai una chance di migliorare e imparare dalle esperienze”.
 
Berdych non è un tipo espansivo. “In una riunione con 20 persone, lui starebbe in disparte e si limiterebbe ad ascoltare” dice Stepanek. Preferisce far parlare la racchetta, come faceva (e diceva) Pete Sampras. La sua Head spara delicate sinfonie, anche quando si allena. L’impatto con la palla è perfetto, musica classica per i puristi. Non ha reali punti deboli. A giudicare dal movimento, non si direbbe che tira un colpo piatto o pesante. Cambi idea quando la freccia gialla risulta imprendibile per l’avversario. Il suo rovescio a due mani è la risposta ceca all’indimenticabile colpo dello slovacco Miloslav Mecir. Messa così, sembra imbattibile. Ma il suo è un tennis ad alto rischio. Nei giorni buoni, quado non c’è troppo calore o troppa umidità, è in grado di massacrare anche i più forti. Ma il tennis non è una scienza esatta. Bisogna essere pronti a soffrire, a uscire dalla “confort-zone”. E se qualche tassello esce dal puzzle, Tomas va in difficoltà. Come durante la finale di Wimbledon 2010 o l’ultima semifinale dello Us Open, quando Nadal e Murray si sono adattati al vento molto meglio di lui. E allora Tomas ha capito che doveva fare un passo in più. “Sto cercando di migliorare sul piano della forza mentale e dell’approccio alla partita – racconta – sono aspetti fondamentali del tennis odierno. Oggi giocano tutti bene: i match si decidono su piccoli dettagli. Uno di questi è la forza mentale, e sto provando a migliorarla. Credo di esserci riuscito, ma posso ancora crescere. Spero di poter diventare un tennista ancora più forte”.
 
La forza mentale riguarda mille aspetti del giocatore, non solo quelli tecnici. E’ importante restare concentrati durante la partita, ma anche cosa si fa dentro e fuori dal campo. “Buona parte del merito è del mio allenatore. Ho anche lavorato con un mental coach, che è un po’ diverso da uno psicologo. Il lavoro è durato 2-3 anni e ha funzionato abbastanza bene”. Figlio di una scuola prestigiosa come quella della Repubblica Ceca, Berdych non ha idoli. Non li ha mai avuti. “Non c’è mai stato un giocatore per cui sono diventato pazzo. Non ho mai voluto imitare nessuno. Ho sempre voluto essere me stesso”. Nello spogliatoio non è un compagnone, ma non è neanche ombroso come qualcuno lo dipinge. Semplicemente, ama farsi gli affari suoi. Spesso la stampa lo ha definito burbero o noioso per le sue risposte a monosillabi. Non è amabile come Federer e Nadal o divertente come Djokovic. Non ci prova nemmeno, rifugiandosi in una naturale riservatezza. Non si nasconde dietro una Cortina di Ferro immaginaria, ma non è pronto per uno show in prima serata. Probabilmente non lo sarà mai. E’ difficile estorcergli qualche informazione extra-tennistica. Eppure è stato protagonista di un caso di gossip: dopo essersi lasciato con la storica fidanzata, la collega Lucie Safarova, si è messo con la super-modella Ester Satorova. Una bellona che potrebbe rappresentare un pericolo per la concentrazione. Invece, da quando lei è al suo fianco, Tomas gioca sempre meglio. “Oggi credo di essere un tennista migliore rispetto a quando ho raggiunto la finale a Wimbledon. Ho maturato diverse esperienze: dovessi raggiungere un’altra finale Slam, stavolta sarebbe diverso”. E’ difficile scalzare le gerarchie del circuito ATP. I progressi possono avere bisogno di mesi, forse anni, per concretizzarsi. Ma adesso i tempi sembrano maturi: Tomas Berdych non è più soltanto il talento che può mettere paura nel singolo match: la sua ritrovata forza mentale, unita a una stabilità interiore e un tennis che non si discute, potrebbe renderlo la grande sorpresa del 2013. Chissà che non riesca a dimostrarlo già a Indian Wells.