Il francese attacca il pubblico di Bercy perchè lo aveva fischiato. “Sono degli idioti”. E’ uno dei pochi personaggi che si esprime senza bavagli. Tsonga: addio Masters.
Benoit Paire non è nuovo a scatti comportamentali
Di Riccardo Bisti – 30 ottobre 2013
Che Benoit Paire fosse un tipo particolare si sapeva, ma nessuno si aspettava che si inimicasse addirittura i francesi. Dopo la sconfitta contro Pierre Hugues Herbert, ne ha dette di tutti i colori contro il pubblico. I 59 minuti di partita, in effetti, erano stati uno scempio. Il talento di Avignone si è arreso con un doppio 6-2, come se non avesse voglia di lottare. Ha distrutto una racchetta e si è portato l'indice sulla bocca dopo uno dei rari vincenti, come a voler zittire chi lo fischiava. Fece qualcosa del genere Tomas Berdych dopo la vittoria su Nadal a Madrid nel 2006. Ma allora il ceco era in “trasferta”, mentre i parigini avrebbero dovuto essere per lui, o almeno neutrali in un derby tra francesi. E invece…”Da quando sono entrato in campo, ho sentito solo fischi. La gente non capisce, fischiano su ogni cosa. Sono degli idioti”. Apriti cielo. E poco importa che Paire non stesse bene, visto che è sceso in campo con un’infiammazione al ginocchio e una caviglia slogata. La gente voleva l’impegno, una battaglia degna di un Masters 1000. Paire ha evitato di fare brutti gesti al pubblico come accadde nel 1996 a Cedric Pioline (che di questo torneo sarebbe diventato il direttore), ma dare degli idioti agli spettatori non è esattamente un modo per farsi ben volere. L'episodio ha avuto una grande risonanza. Motivo? Non ci siamo più abituati. L’ATP impone un codice di comportamento piuttosto ligio, sottopone i “newcomers” a un corso di due giorni (pomposamente definito “università”) in cui, tra le altre cose, insegna a schivare le domande più insidiose. Stavolta non ce n'è neanche stato bisogno. Paire ha detto tutto di sua iniziativa. “A Bercy è sempre la stessa storia. Ma va bene così, la mia splendida stagione non è rovinata. Ho proprio bisogno di una vacanza. Se a qualcuno interessa, adesso vado a Cancun”.
C’erano tanti modi per affrontare la situazione. Se non stava bene, avrebbe potuto dare forfait. Tuttavia, l’assegno di 9.685 euro per gli sconfitti al primo turno era troppo invitante. E’ comprensibile che sia sceso in campo. Tuttavia, avrebbe fatto meglio a non reagire alle provocazioni del pubblico, salvando le apparenze. A volte basta questo. Paire è un tipo strano, un cavallo imbizzarrito. L’aneddotica è piena di episodi. Anni fa, la federtennis francese gli aveva tagliato i contributi per scarsa disciplina. E la leggenda narra che – novello Goran Ivanisevic – spaccò tutte le racchette prima di giocare un torneo, tanto da non potervi partecipare. Durante il torneo di Miami, ha litigato furiosamente con Michael Llodra per futili motivi (un servizio chiamato fuori con qualche secondo di ritardo), poi ha dato il meglio di sè tra maggio e luglio. A Madrid ha twittato una foto in cui mangiava una pizza nella stanza d’albergo, la sera prima di affrontare Rafael Nadal. Non è proprio il massimo: in tutta risposta, dopo la partita si è consolato in un fast food. “In effetti, mangiare con lui è un incubo” ha detto l’amico Stanislas Wawrinka. A Roma è giunto in semifinale, poi al Roland Garros si è infuriato con l’arbitro perchè gli hanno dato un penalty-point su un setpoint in suo favore per un presunto coaching di Lionel Zimbler (“Lo avesse fatto il numero 1, non l’avrebbero mai punito”). Il top è arrivato a Wimbledon, quando ha pensato bene di spaccare le racchette nei vialetti del club, uscito dal campo dopo la sconfitta contro Lukas Rosol. In conferenza stampa disse di tutto: “Mi dà noia quando la gente dice che devo vincere con facilità. Avrei preferito giocare contro Nadal. Wimbledon è un inferno, mi hanno fatto togliere una pubblicità perchè sforava di un millimetro, mi hanno multato di 1.000 dollari perchè ho detto una parolaccia…spero che utilizzino quei soldi per migliorare i campi, davvero pessimi”.
Un caratterino che cozza con la vivacità del pubblico francese. I parigini amano il tennis e a Bercy lo dimostrano ancor di più che al Roland Garros. A Bois de Boulogne il pubblico è globale, più “educato”. A Bercy ci sono quasi soltanto francesi, gli ‘hooligans’ del nostro sport. Sono gli stessi che nel 1988 fischiarono senza pietà Henri Leconte durante un match contro John McEnroe. Non gli avevano perdonato la sconfitta in finale al Roland Garros. Nemmeno Roger Federer è passato indenne: nel 2003, uscì dal campo tra i fischi dopo una sconfitta contro Tim Henman. “A Bercy c’è un pubblico particolare – dice Guy Forget, direttore del torneo – quando giochi bene, sanno esaltarsi ancor più che al Roland Garros. Se le cose vanno male, arrivano gli ululati. Bisogna cercare di non essere troppo critici”. Alcuni sostengono che la struttura del Palais Omnisport dia una mano a un tifo da stadio, ma la verità è che il pubblico non fatica a trovare motivi per criticare. E con Paire ci sono riusciti abbastanza in fretta.
IL TORNEO
Il giustiziere di Paire, il 22enne Herbert, ha giocato un’ottima partita contro Novak Djokovic, issandosi addirittura a setpoint nel primo set (ne ha avuti due, annullati da altrettanti servizi vincenti di Nole) prima di cedere 7-6 6-3. Nel frattempo, la corsa al Masters ha già dato il primo verdetto: Jo Wilfried Tsonga non andrà a Londra. Il transalpino si è arreso a Kei Nishikori col punteggio di 1-6 7-6 7-6. Tsonga ha anche avuto un paio di matchpoint. “Tuttavia ho espresso il tennis che vorrei. Per questo non sono totalmente deluso. Devo continuare così, ma ho bisogno di migliorare la condizione fisica. Devo lavorare duramente durante la preparazione invernale". Non ci sarà lo scontro fratricida con Richard Gasquet, che ha sofferto le pene dell’inferno ma ha battuto Fernando Verdasco in tre set e quasi tre ore di gioco. Mercoledì esordiranno tutti gli altri favoriti, da Federer e Nadal fino agli altri candidati per le ATP World Tour Finals. A noi interessa l’affascinante sfida tra Grigor Dimitrov e Fabio Fognini.
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