Il tedesco vince un complicato derby contro Daniel Brands e svela il segreto della sua longevità. “L'università mi ha preparato alla vita nel tour e oggi non mi sento 'vecchio' come dice la carta d'identità”. Exploit Marcora: va fuori Dudi Sela. Eliminati Borgo, Pellegrino e Viola. 

BRESCIA – E' uno dei pochi tennisti laureati. Ed è la dimostrazione di come libri e disciplina siano un aiuto sul campo, ma anche nella vita di tutti i giorni. Anni fa, al rientro dopo un lungo infortunio, Benjamin Becker chiese e ottenne una wild card per il challenger di Bergamo, peraltro dopo aver inviato una dettagliata documentazione del suo curriculum. Appena arrivato, cercò personalmente gli organizzatori per ringraziarli di persona. Gesti che non vanno più di moda. Oggi non ha più bisogno di wild card perché è tornato più forte di prima e cerca di preservare il suo posto tra i top-100 ATP al Trofeo Città di Brescia (42.500€, Play-It). Ha battuto il connazionale Daniel Brands al termine di una partita combattuta, dominata dai servizi e giocata su pochi punti. Nel 6-7 6-4 6-4 finale è emerso il giocatore più esperto. “Nel primo set è stato inattaccabile al servizio e ha giocato un tie-break perfetto, poi ho trovato il break nel secondo ed è stato il punto di svolta della partita. Con il passare dei game sono migliorato con servizio e risposta e sui campi veloci è molto importante”. Becker ha apprezzato la rapidità della superficie, più veloce rispetto alla media del circuito ATP. “Dove sono tutte più o meno uguali. A me piacciono i campi molto rapidi e mi piacerebbe vederne di più, anche mischiati con più campi lenti”. Becker, prossimo avversario di Luca Vanni, ha compiuto 34 anni ma il ritiro è ancora lontano: “Ho forti motivazioni e non mi sento vecchio come forse dice la mia carta d'identità. Ho iniziato la carriera piuttosto tardi e sento di avere ancora qualcosa da spendere, sia fisicamente che mentalmente. Questo mi aiuta ad avere le giuste motivazioni. Mi piace il gioco, mi piace la competizione, mi piace sfidare tutti i migliori. E' questo che mi dà la forza di alzarmi ogni mattina e prepararmi sempre più duramente”.

 

BENEDETTA UNIVERSITA'

La carriera di Becker è iniziata a 25 anni. Fino ad allora ha studiato all'Università, intascando una laurea in Finanza e Business internazionale presso la Baylor University, in Texas. E' diventato numero 35 ATP e si è tolto più di una soddisfazione. Vien da chiedersi se non abbia qualche rimpianto per aver iniziato in età così avanzata. “Nessun rimpianto perché avevo bisogno di tempo per svilupparmi come persona e come giocatore – racconta – quando sono andato all'Università ero piccolo e gracile fisicamente. Negli States ho potuto allenarmi e svolgere una vita da professionista. E mi sono anche divertito. Il tour è molto duro sia fisicamente che mentalmente: bisogna essere preparati a un certo tipo di vita. A 22 anni, io non lo ero”. In un circuito dove pochissimi giocatori accompagnano gli studi all'attività agonistica, è interessante conoscere il parere di chi ha optato prima per il “pezzo di carta” e poi per il tennis. Se Benjamin Becker dovesse dare un consiglio a un giovane, lo indirizzerebbe all'università o verso il tour? “Dipende dalla situazione. Se hai un grande talento e non c'è l'ambizione di studiare, forse è giusto provarci con il tennis. Ma se io allenassi un ragazzo dal buon potenziale ma senza certezze, gli direi di aspettare e andare all'università, magari negli Stati Uniti. Lì hanno un ottimo sistema per chi vuole anche giocare a tennis. Il tour è molto duro e se non ti presenti con la giusta preparazione potresti esaurire le energie in pochi anni, inoltre è molto dispendioso. Penso che l'università prepari molto bene anche tecnicamente perché ci sono tante competizioni. Se io non fossi andato al college non sarei diventato un professionista. E' lì che sono cresciuto e ho avuto la certezza di poter competere”. Becker è anche ricordato per l'omonimia con il grande Boris e per aver chiuso la carriera di Andre Agassi. Viene da chiedergli se è mai capitato se in qualche intervista non abbiano fatto allusioni a questi argomenti. “Quasi mai! – ride – direi che in almeno il 90% dei casi mi fanno domande su questo. Al massimo qualche domanda correlata. La più frequente? 'Quanto è stato esaltante giocare quella volta contro Agassi'?”.