Un’analisi sul weekend di Coppa Davis: tra contraddizioni e positività della modifica del format

Foto di Corinne Dubreuil

E’ bastato un week end di Coppa Davis con in programma le sfide tra squadre ospitanti e ospitate – cosa che si ripeterà, è questa la vera novità dell’edizione 2025, a settembre, negli spareggi decisivi per qualificare sette squadre alle finali di Bologna di novembre, dove le aspetta l’Italia – per rivivere lo spirito della “vecchia” Coppa Davis, polemiche comprese. Ci riferiamo soprattutto alla clamorosa e singolare conclusione di Belgio-Cile, con Garin – indietro nel terzo set 5-6 e servizio per il belga Bergs – che si è rifiutato di giocare dopo che, all’ultimo cambio di campo, l’avversario lo aveva urtato per… troppa esultanza, facendolo crollare a terra. Il Cile aveva inutilmente chiesto la squalifica di Bergs, il giudice di sedia invece, visto che Garin non si decideva a tornare in campo, gli ha assegnato il penalty game per “time violation” decretando così la sconfitta per 3-1 dei sudamericani, che hanno diffuso una nota molto critica sull’accaduto («Garin ha ricevuto un forte colpo al globo oculare, motivo per cui è caduto e ha battuto la testa. Ha accusato infiammazione, difficoltà a vedere, nausea e forte mal di testa, non era in condizioni di continuare a giocare»), con il comitato olimpico cileno che ha gridato allo scandalo. Scintille si sono verificate durante Francia-Brasile, nella partita tra due bei tipini come Fils e Seyboth Wild, e va sottolineato anche, alla chiusura della clamorosa rimonta della Danimarca sulla Serbia – che da quei tre match point sprecati da Djokovic contro Sinner a Malaga nel 2023, in Davis non ne ha più azzeccata una – la fuga negli spogliatoi di Medjedovic, che si è ben guardato dallo stringere la mano a Moeller che lo aveva appena battuto. «E che, dovevo aspettare cinque minuti che finissero di fare festa?», ha poi dichiarato Hamad, che si è anche lamentato del comportamento, a suo dire ben poco nordico, del pubblico di Copenhagen.

Bene quindi l’atmosfera delle gare – e siamo curiosi di vedere cosa succederà dal 18 al 23 novembre a Bologna, dove l’Italia proverà a prendersi la Davis per la terza volta di fila… – restano però nella Coppa Davis alcune anomalie che vanno sottolineate. E’ aberrante, secondo noi, che una competizione si giochi con un format nei due turni di qualificazione (incontri sulle cinque partite, con quattro singolari e un doppio) e con un altro nelle finali (incontri sulle tre partite, due singolari e un doppio, che acquista così maggiore importanza). Servono aggiustamenti sul calendario dei tornei ATP, è quantomeno bizzarro che si programmi un torneo a Montpellier, mentre la Francia dei vari Fils, Humbert, Mpeshi Perricard scende in campo in Davis. Infine, ci sembra sbagliato che nelle tredici partite delle qualificazioni si siano utilizzate sei tipi diversi di palline: due Dunlop (ATP Tour e Australian Open) e poi Babolat, Yonex, Head e RS, la marca che fa capo a Robin Soderling, ex tennis svedese. Proprio impossibile giocare tutta la Coppa Davis con un solo modello? Arrivederci a settembre.