ROMA. Perde ancora Simone Bolelli. A Sam Querrey batte 6-3 6-4 l’eterna incompiuta del nostro tennis. La svolta sembra non arrivare mai. Vincono Naso e Burnett.
Simone Bolelli è attualmente numero 119 del mondo

Dall'inviato a Roma, Riccardo Bisti – 13 maggio 2012

 
“Vince l’americano perché è più forte”. Lo diceva un bambino mischiato alla gente della SuperTennis Arena. Spesso i bambini sanno vedere più lontano rispetto agli adulti. E pazienza se nella t-shirt aveva scritto “Little Bastard”. Purtroppo per Simone Bolelli, ha detto la verità. Dei 30 match del maxi-programma di sabato, l’esordio del nostro Davisman era il più atteso. Perché Bolelli è bello, bravo, forte. E’ uno che ti fa innamorare, che accende le fantasie. Ma Sam Querrey è più concreto, anche se la terra battuta non è la sua migliore superficie. E Bolelli veniva da una discreta settimana, in cui aveva raggiunto le semifinali al challenger romano del Garden. 24 ore prima, aveva giocato per tre ore contro Gilles Muller, ma il 6-3 6-4 contro Querrey non è figlio della stanchezza. E’ un risultato partorito da incertezze antiche, ormai storiche, che lo stanno rendendo una delle grandi incompiute del nostro tennis. Non solo dell'oggi, ma di sempre. Erano in tanti a sostenerlo. C’era la moglie Ximena, il manager Olindo, poi più in alto la famiglia (papà Daniele, la sorella Simona) e lo storico agente Mosconi. Bolelli ha un team unito, che lo ama e lo coccola con affetto. Lo mettono nelle condizioni ideali per giocare bene, ma gli manca sempre qualcosa. Lo vedi giocare e ci resti male. Uscito dai top 100, sa ancora attirare un migliaio di persone nel nuovo stadio intitolato al canale della FIT. Telecamere spente, ombre dei pini e un portamento regale hanno accompagnato il suo ingresso in campo. Gioca benissimo, Simone. E’ anche leggermente migliorato negli spostamenti, storico tallone d’achille. Ma non basta, è troppo poco. Contro il bombardiere di San Francisco gli abbiamo visto costruire tanti punti alla perfezione, poi buttarli via con missili in mezzo alla rete o aborti di smorzate. Il punto che ha chiuso il primo set è il simbolo del Bolelli attuale e forse della sua carriera. Gioca bene, prende campo, avanza, costringe Querrey a un pallonetto difensivo che lo fa arretrare. Smash a rimbalzo, non difficile. Bum, palla in rete.
 
Se il campo da tennis non fosse largo 8 metri e 23 centimetri, ma la metà, Simone sarebbe tra i primi 20. Forse ancora più in alto. Invece i gesti classici ed efficaci non bastano. Se c’è da fare bim-bum-bam da fondocampo non ha paura di nessuno. Ma il tennis è (anche) altro. E allora bisognerebbe “sporcare” le traiettorie, avere un atteggiamento più grintoso, propositivo. Se glielo dici diventa blu, ma il suo ciondolare a testa bassa tra un punto e l’altro non è una bella immagine. Claudio Pistolesi, coach battagliero, era riuscito a trasmettergli un po’ di sana "cattiveria". Chi è venuto dopo di lui, sia pure con doti tecniche indiscutibili (Piatti, Furlan) non è riuscito a dargli la scossa. Adesso al suo suo fianco c'è Simone Ercoli, ex assistente di Pistolesi. E Eduardo Infantino supervisiona il lavoro. Lo avevano riportato appena dentro i top 100 ma ne è subito uscito. Adesso arrivano le cambiali del Roland Garros e di Wimbledon che lo obbligheranno a giocare bene nei prossimi tornei. Oltre ad essere bello da vedere, Bolelli è uno a cui si vuole bene. È un bravo ragazzo e buon professionista, ci mette impegno e dedizione. E si ribella: “26 anni non è un’età da ritiro, piuttosto da best ranking”. Forse i propositi di qualche anno fa non ci sono più, ma lui insiste. E non si arrende. Contro Querrey ha subìto un break in avvio che gli è costato il primo set. L’altro break è arrivato nel quinto game del secondo set, su un rovescio out segnalato da Querrey dopo che un giudice di linea patriottico aveva lasciato correre. Neanche una palla break in tutta la partita e bye bye Roma, lo stesso torneo dove quattro anni fa giunse al terzo turno e fece bella figura con Roddick, quando a meno di 23 anni era il Golden Boy del tennis italiano. Tempi antichi, che non torneranno più. Adesso starà a Simone crearne di nuovi, anche migliori, perché no?
 
Oltre a Bolelli, in un soleggiato (e caldissimo) sabato degli Internazionali BNL d’Italia, erano in gara altri nove italiani. Le buone notizie arrivano da Nastassja Burnett e Gianluca Naso, bravi a battere due top 100 come Johanna Larsson e Matthew Ebden. A proposito di gesti regali, il modo in cui Naso ha asfaltato l’australiano ha fatto pensare al potenziale mai pienamente espresso dal siciliano. A 25 anni non è mai entrato tra i primi 200, ed è un mistero. Quando il campo è lento e gli consente di caricare i suoi colpi, può far male. E’ stato aiutato da un Ebden decisamente sotto tono, ma se gioca così può perlomeno provarci contro Albert Ramos. “Asia” Burnett è la più giovane del lotto. Ha già dimostrato di poter competere ad alti livelli, ma adesso deve trovare la continuità. Dopo un set di assestamento, ha spazzato via la svedese e oggi avrà un test delicato contro una giocatrice d’esperienza come Aleksandra Wozniak. Tutti fuori gli altri azzurri: Viola e Burzi potevano fare poco contro Malisse e Kavcic, mentre meritano un discorso a sé le altre tre donne: Alexia Virgili ha fatto quel che ha potuto contro la Hsieh, mostrando la totale desuetudine a giocare a certi livelli (imbarazzanti alcuni recuperi in slice di dritto). Le resta la soddisfazione di aver vinto le pre-quali dopo quasi 2 anni di inattività internazionale. Anastasia Grymalska non ha mai messo in difficoltà la Parmentier, mostrandosi ancora immatura per il circuito WTA. Corinna Dentoni ha avuto la sfortuna di trovare una giocatrice “caldissima” come Varvara Lepchenko, vincitrice con il punteggio di 6-4 6-2.