A vent'anni dal titolo di Petr Korda all'Australian Open, il figlio Sebastian è in finale nel torneo juniores. Le sue caratteristiche tecniche non sono paragonabili a quelle di papà, ma i geni non mentono. Sembra destinato a una buona carriera, e sa bene come si vince una finale Slam: "la finale del '98 la riguardo almeno una volta al mese".Petr Korda a Melbourne non c’è, ma suo figlio Sebastian lo vede ogni volta che cammina nei pressi della Rod Laver Arena, stampato su uno dei poster che ne addobbano i corridoi, con in braccio il trofeo dell’Australian Open 1998. Gli è passato davanti spesso in questi giorni, e gli passerà accanto di nuovo domani alle 13, quando il tunnel lo percorrerà come i grandi, fino a mettere i piedi sullo stesso campo – al tempo denominato semplicemente “Centre Court” – che vent’anni fa consegnò all’allora trentenne ceco un posto nella storia. Era il 1° febbraio del 1998, quando Petr Korda batté Marcelo Rios per 6-2 6-2 6-2, conquistando il suo primo e unico titolo Slam, che all’indomani l’avrebbe portato al numero 2 della classifica ATP. Sebastian non c’era, sarebbe nato due anni dopo, ma c’è adesso e gli manca una sola vittoria per ripercorrere la cavalcata di papà, anche se nel torneo juniores. Una storia che ha stuzzicato la curiosità dei cronisti, accorsi a spiare i match del ragazzo a caccia di qualche similitudine. Risultato? Poche. Sembrano simili solo nella corporatura, con un paio di centimetri in più a favore del giovane, mentre per il resto ci sono delle differenze sostanziali sia dentro sia fuori dal campo. La prima è stampata sul passaporto, dato che Sebastian gioca per gli Stati Uniti, dove è nato (a Bradenton, Florida) il 5 luglio del 2000, mentre le altre sono nello stile di gioco. Il giovane non è mancino ma destro, il rovescio lo gioca a due mani e l’impostazione l’ha ereditata dalla scuola USA, quindi tocca poco e picchia tanto. “Papà – racconta – giocava un tennis d’anticipo, cercando di colpire sempre la palla molto presto. Cerco di fare la stessa cosa. Sono un giocatore aggressivo, e mi piace usare il servizio per abbreviare i punti”.FESTEGGIARE COME PAPÀ
Sebastian la finale di vent’anni fa l’ha vista spesso, consumando un vecchio dvd. “Papà non mi ha mai detto di guardarla – ha raccontato ad Associated Press – ma quando posso mi piace farlo. Diciamo almeno una volta al mese. Adoro gli attimi dopo il match-point”. Korda senior chiuse con un passante col diritto incrociato, bocciò Rios (rimasto l’unico numero uno della storia dell’ATP senza titoli Slam) e si inginocchiò sul vecchio Rebound Ace. Ci rimase una ventina di secondi, a godersi la sbornia di emozioni, prima di lanciare la Volkl al cielo e concedersi una piroetta. Di solito, però, era abituato a festeggiare con un salto accompagnato da una sforbiciata, diventato il suo marchio di fabbrica. “Lo so fare? Certo. Ma ho deciso di non farlo”, rispondeva Sebastian a inizio settimana. Evidentemente deve aver cambiato idea, visto che ha festeggiato proprio così le sue ultime due vittorie, contro il cinese Ray Ho e contro il serbo Marko Miladinovic. Il 17enne di Belgrado l’aveva sconfitto la scorsa settimana a Traralgon, dopo una battaglia serrata, e lui – accompagnato a Melbourne da coach Dean Goldfine, uno che in passato ha lavorato anche a fianco di Todd Martin ed Andy Roddick – l’ha ripagato con la stessa moneta, resa ancor più pregiata dal palcoscenico. Ha vinto 7-5 5-7 6-4 e in finale sfiderà il taiwanese Chun Hsin Tseng, che in tre set ha fermato il britannico Aidan McHugh, uno dei primissimi clienti dell’agenzia di management di Andy Murray.
“VOGLIO FARE MEGLIO DI PAPÀ”
I geni di Korda junior sono buoni anche da parte di mamma, l’ex numero 26 WTA Regina Rajchrtova, e la scelta di seguire le orme di papà si sta rivelando azzeccata. Curiosamente, la fonte d’ispirazione che l’ha spinto a provarci davvero col tennis non è stato lui, bensì un match di Radek Stepanek. L’ha visto giocare dal vivo allo Us Open del 2009 contro Djokovic, quando sulla panchina del ceco c’era Petr, e ha deciso che anche lui avrebbe fatto il tennista, abbandonando l’hockey praticato fino a 10 anni e chiudendo la porta al golf, che vede le due sorelle impegnate a livello professionistico (“ci gioco spesso ma è troppo noioso, troppo lento, io adoro correre e sentirmi attivo”). A livello ATP Sebastian è già numero 842 del ranking, grazie a una finale raggiunta lo scorso ottobre in un Futures a Houston, ma al momento tiene di più al suo numero 7 (che migliorerà col risultati di Melbourne) nella classifica juniores. “In molti vogliono che mio figlio segua le mie orme, ma è sbagliato, diceva lo scorso anno papà Petr, anche se a poco a poco dovrà ricredersi. Sia perché Sebastian sta dimostrando di poter ambire a risultati importanti, sia perché punta a fare addirittura meglio di lui, per vendicare a distanza quel 6-0 preso a 12 anni. Non giochiamo più da allora – dice il ragazzo – e per ora non voglio affrontarlo. Però penso di batterlo”. Ma soprattutto, sogna di superarlo fuori dal campo, nel palmarès: Mi piacerebbe avere uno Slam più di lui e una classifica migliore della sua, afferma con sicurezza. Un bel modo per dire che punta a diventare numero uno del mondo.