È dai tempi della generazione Quinzi-Baldi-Donati-Napolitano che l’Italia non piazza un giocatore nei quarti di finale di uno Slam juniores. All’Australian Open ci prova Federico Iannaccone, l’unico dei nostri ancora in corsa. Classe 1999, sta tentando di portare il piccolo Molise nella geografia del tennis azzurro di vertice, sognando… un selfie con Federer!
Sono passati solamente due anni e mezzo, ma sembra già un’eternità. È dal quarto di finale di Filippo Baldi sull’erba di Wimbledon, nel 2014, che l’Italia non piazza un giocatore fra gli ultimi otto di un torneo giovanile del Grande Slam. Ai tempi era diventata quasi un’abitudine, grazie alla generazione che comprendeva Matteo Donati, Stefano Napolitano, Gianluigi Quinzi e lo stesso Baldi, ma da quella sconfitta del pavese contro Taylor Fritz i nostri giovani non si sono più fatti notare. Non ce l’ha fatta nessuno fra i ragazzi nati nel 1997 e 1998, ma potrebbe riuscirci un insospettabile: Federico Iannaccone, classe ’99 da Campobasso, numero 162 del ranking mondiale under 18. Ultimo ammesso nel tabellone dell’Australian Open, ma anche unico dei sette italiani rimasto in gara per più di due incontri sul cemento di Melbourne Park. Una piccola favola costruita sui “campetti”, lontano dalle arene e dal grande pubblico, ma comunque in mezzo ai campioni, come quel Rafael Nadal al quale ha strappato una foto in palestra, e soprattutto il suo idolo Roger Federer: lo sta inseguendo da giorni per un selfie, per ora invano. Si può consolare con l’esordio Slam migliore che potesse chiedere. In realtà il primo set del suo torneo l’ha perso per 6-0 contro il giapponese Naoki Tajima, ottava testa di serie, ma si è ripreso in tempo e ha chiuso 0-6 7-5 6-2. “Era la mia prima volta in un contesto così – ha detto – e c’era un po’ di tensione. Poi mi sono rilassato”. Si è visto al secondo turno: ha annichilito l’australiano Alexander Crnokrak con un doppio 6-2, riempiendo il serbatoio di fiducia in vista degli ottavi di finale. Li giocherà da sfavorito nella notte italiana, contro il francese Matteo Martineau (n.49 ITF), su quel Campo 19 che lo scorso lunedì ha lanciato il bel torneo di Andreas Seppi. Chissà che non porti fortuna anche a lui…
 DA CAMPOBASSO A MELBOURNE
Ho iniziato a giocare a tennis un po’ per caso – ha raccontato ai microfoni di SuperTennis –, quando mia madre mi accompagnò a provare in un circolo vicino a casa. Per una settimana ho fatto sia tennis sia nuoto, mi è piaciuto e ho continuato. Poi più avanti ho mollato il nuoto per dedicarmi al 100% alla racchetta”. Lì è iniziato il suo peregrinare, per trovare delle basi all’altezza delle sue esigenze: prima Bevevento, poi Castel di Sangro, quindi il Centro Tecnico Federale di Tirrenia. Poi due anni nell’Accademia dei miracoli di Foligno, quindi di nuovo a Tirrenia, oggi sotto la guida di Antonio Cannavacciuolo. Il tutto senza dimenticare i libri di scuola, del quarto anno di liceo linguistico. Se li è portati anche in Australia, durante il primo torneo della trasferta ha anche studiato, ma da quando ha messo piede a Melbourne Park ha dimenticato tutto. Un sogno troppo grande per pensare ad alto, specialmente per uno che lo scorso anno di questi tempi vinceva un modesto Grado 4 a Belgrado, a dieci gradi sotto zero. E in dodici mesi non è cambiata solamente la temperatura: le numerose assenze dei migliori (in gara nel torneo juniores ci sono appena cinque top-20) gli hanno regalato un posto in tabellone, e lui non ha perso tempo per dimostrare che nulla arriva per caso. Anche perché il suo compito è doppio: gioca per sé stesso, ma anche per il suo piccolo Molise, regione che non ha mai prodotto alcun tennista "pro". Nonostante sia ancora senza ranking ATP, si può già definire la miglior racchetta molisana di sempre, a dimostrazione di una tradizione inferiore rispetto alla gran parte delle altre 19 regioni d’Italia. Ma non è stato un problema. Anzi, sta diventando uno stimolo in più per continuare a far bene, proprio come il sogno di una foto col Re. Più vince e più aumenta le sue chance di incrociarlo.