di Fabio Bagatella – foto Getty Images
Alta tensione per l’avvio della stagione Wta 2010. Prime giornate subito movimentate all’ASB Classic di Auckland. Dopo una nuova “manifestazione” anti-ebraica con bersaglio l’israeliana Shahar Peer, attimi di panico generale per un allarme bomba.
Verso le 10.40 locali (nella notte italiana) di martedì, poco prima che iniziassero i match della seconda giornata, alcuni addetti della sicurezza hanno notato la presenza di una borsa sospetta. L’oggetto incriminato si trovava incustodito sugli spalti che ospitano gli spettatori del torneo neozelandese. Subito è scattato l’allarme. Caos collettivo e intero impianto fatto precauzionalmente evacuare per procedere alle verifiche del caso. “Siamo riusciti a rintracciare il proprietario della borsa”, ha spiegato l’ispettore di polizia Kerry Watson, “ma non c’era niente da temere. Comunque è meglio sbagliare per eccesso di prudenza che al contrario. In ogni caso abbiamo reagito con prontezza”. Dopo tutto il pericolo attentati è sempre all’ordine del giorno.
Ad Auckland, in aggiunta, l’atmosfera era già decisamente tesa per quanto accaduto sul campo 4 il giorno precedente. Stavano giocando l’israeliana Shahar Peer e la slovena Polona Hercog. L’incontro vinto dalla Peer 7-5 6-3 è stato pesantemente disturbato da una protesta fatta di cori, striscioni e slogan anti-Israele. Protagonisti della pubblica opposizione, un frangia di attivisti del movimento neozelandese “Global Peace and Justice”. Si oppone alla gestione israeliana del problema Palestina ed auspica un boicottaggio sportivo della nazione ebraica sulla scia di quanto effettuato contro il Sud Africa ai tempi dell’apartheid. Per tale motivo il gruppo attivista aveva scritto nei giorni scorsi una lettera alla 22enne di Macabbim in cui le chiedeva di dare forfait per dimostrare il suo impegno per la pace. La tennista non aveva risposto ribadendo solo che si trovava in Nuova Zelanda per giocare a tennis.
Nella conferenza stampa post-match Shahar Peer, amareggiata e delusa, è tornata sulla questione: “Come vedete, sono di nuovo qui. Questo torneo mi piace molto, comunque è una vergogna che ci sia qualcuno che ancora mi ritiene responsabile dei problemi che ha il mondo. Per me la cosa più importante è stata aver vinto, nonostante io abbia dovuto ascoltare cori non certo piacevoli”. E shahar ha vinto anche il turno successivo, battendo la Rybarikova per 6-1 6-0.
Non è purtroppo la prima volta che la giocatrice israeliana si trova a dover affrontare episodi del genere per colpa delle sue origini. Tutto ciò è rafforzato dal fatto che Shahar da tre anni fa parte dell’esercito israeliano in cui svolge, quando il tennis glielo permette, mansioni amministrative. Proprio ad Auckland l’anno passato, mentre la striscia di Gaza vedeva avanzare l’offensiva di Tel Aviv, la tennista israeliana fu vittima di un’altra dura contestazione durante il quarto di finale perso contro la russa Dementieva. Un mese dopo, a febbraio, gli Emirati Arabi Uniti le avevano addirittura rifiutato il visto d’ingresso impedendole di fatto di partecipare al torneo di Dubai sulla base di motivi di sicurezza.
Ad Auckland si confida che, almeno per quest’anno, i problemi di ordine pubblico siano esauriti. La speranza è che nei prossimi giorni in Nuova Zelanda torni a essere protagonista il tennis giocato.
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