Da Londra, Federico Mariani – foto Getty Images
38 partite indoor, 23 incontri senza sconfitta, 15 vittorie alle Finals. Questo è il trittico di strisce vincenti che Roger Federer bruscamente interrompe in un sol colpo. Il padrone di cotanta grandezza risponde al solito nome di Novak Djokovic, monarca talmente tirannico d’aver ucciso la competizione oltreché i suoi avversari.
Con una vittoria che, a livello prettamente statistico, potrebbe avere un’importanza relativa, Federer rianima un finale di stagione quasi già trasmesso agli archivi ed infiamma una competizione che pareva ormai sopita e destinata a finire nelle solite mani del più forte del mondo. Diventa sabbia – Roger – che si incastra fastidiosamente in quell’ingranaggio d’assoluta perfezione regalando agli astanti quel briciolo d’incertezza, di pathos, d’imprevedibilità che serve come il pane in una stagione quasi fastidiosamente dominata.
Numeri alla mano, Federer conferma che quella con Novak Djokovic è l’unica rivalità degna di tal nome in un 2015 monotematico. Nell’ultima sessione serale delle Atp Finals valevole per la seconda tornata del round robin, il campione di Basilea graffia il successo numero ventidue ai danni del campione del Belgrado in un match che avrebbe permesso a Nole di mettere per la prima volta in carriera il naso avanti nel computo degli head to head. Non solo, quella colta in un’Arena tutta schierata con ideali bandierine rossocrociate, è la terza vittoria di Federer nella stagione in corso, un’enormità se relazionata alle appena sei sconfitte totali subite da Djokovic in ottantacinque uscite. L’elvetico, quindi, batte il numero uno del mondo in tre occasioni su sette nel 2015 e si rende artefice di tre sconfitte sulle sei totali per un computo di set che oggi recita 10 Djokovic e 9 Federer.
Djokovic ha vinto le sfide più importanti, questo è fuor di dubbio. Ha trionfato nelle due finali Slam (Wimbledon e New York) cui s’aggiungono altrettante finali a livello Masters 1000 (Indian Wells e Roma), ma solo al Foro il successo è arrivato senza lasciare per strada set. E’ altresì innegabile che è proprio l’elvetico l’unico credibile antagonista di Djokovic, anzi si può osare di più: da un punto di vista squisitamente tecnico-tattico, il serbo soffre Federer. Da inizio 2012 ad oggi, il bilancio recita “solo” 11-8 in favore del belgradese, 8-7 se si tolgono dal conteggio i match disputati su terra battuta dove per ovvi motivi Roger non può più essere competitivo ai massimi. Cinque delle ultime dieci vittorie di Nole, inoltre, sono arrivate nei tornei dello Slam, vale a dire sulla distanza dei cinque set a rimarcare un gap molto condizionato dalla componente atletica.
E’ ai limiti del paradosso che a cercare d’arginare un campionissimo all’apice della carriera e della maturità ci sia un altro campionissimo che, però, di primavere sulle spalle ne ha trentaquattro per una carriera che l’inesorabile incedere del tempo cataloga in fase conclusiva.
Il capitolo 43 del nuovo attacco al potere di matrice rossocrociata ha regalato emozioni ed esiti tutt’altro che preventivabili. Il capitolo 44 che il destino pare aver in programma di ordire tra qualche giorno con la medesima location dovrebbe avere un epilogo di tutt’altre tinte. Ma se c’è un uomo capace di frapporsi tra Djokovic e tutto ciò che c’è da vincere, questi è senz’altro Federer, ancora Federer!