Per la prima volta dopo otto anni, i quarti di un Masters 1000 sono stati popolati di outsider. L’egemonia dei migliori è tramontata, oppure Indian Wells è stato un episodio?
Andy Murray è stato tra le vittime illustri del torneo di Indian Wells
Di Riccardo Bisti – 16 marzo 2014
Indian Wells potrebbe essere l’inizio di una tendenza. Che sia finita un'epoca? Più in generale, che il solco tra i migliori e tutti gli altri si sia assottigliato? I numeri: al BNP Paribas Open, soltanto un giocatore compreso tra le prime sei teste di serie (Novak Djokovic) ha raggiunto i quarti di finale. Il favorito della vigilia, almeno secondo il ranking, era Rafael Nadal. Dopo aver rischiato grosso contro Radek Stepanek, ha ceduto ad Alexandr Dolgopolov (n. 28 del seeding), poi giunto in semifinale. Secondo l’ucraino, i giocatori del suo livello hanno finalmente raggiunto la convinzione di potersela giocare con i migliori, e magari batterli. “Sono ancora in cima alla classifica e sono i favoriti, ma adesso sappiamo che c’è una possibilità – ha detto Dolgopolov – non è più come 3-4 anni fa. Allora, in tanti scendevano in campo senza sperare di poter vincere. Adesso credo che le cose siano cambiate”. Si è visto all’Australian Open, dove Stanislas Wawrinka ha messo fine alla terrificante egemonia griffata Federer, Nadal, Djokovic e Murray. I quattro avevano vinto 34 degli ultimi 35 Slam (con la sola eccezione dello Us Open 2009, vinto da Juan Martin Del Potro). A Indian Wells, Murray era accreditato della quinta testa di serie, ma è franato sotto i servizi-bomba di Milos Raonic. Il canadese, poi battuto da Dolgopolov nei quarti, ha detto che il risultato dell’Australian Open è stato una grossa fonte di ispirazione. “Penso che tutti quelli intorno alla decima posizione, magari anche più indietro, provino ad andare in fondo e dicono: ‘Perché non posso essere io?’”. Più in generale, il canadese è convinto che nello spogliatoio si respiri un’aria diversa.
“E’ qualcosa che non viene detto esplicitamente, ma aleggia nell’aria. Non saprei come descrivere questa sensazione. Mi sembra che adesso nessuno scenda più in campo pensando che l’avversario sia invincibile”. I migliori sembrano vulnerabili, e gli altri provano a sfruttare le loro debolezze. “Siamo consapevoli che la finestra dove infilarsi è ancora molto piccola, ma almeno adesso la vediamo”. Questa è la grande differenza. La tendenza è certificata da Stanislas Wawrinka, entrato di forza tra i migliori e subito punito al primo torneo dopo l'exploit australiano. Lo svizzero ha perso negli ottavi da Kevin Anderson. “Tutto questo è molto esaltante – ha detto il sudafricano – dopo tanto tempo in cui il tennis è stato dominato dagli stessi giocatori, adesso è bello vedere qualcosa di diverso”. Dopo il successo contro Wawrinka, ha perso nettamente contro Federer nei quarti. La mattina del match, aveva twittato con ironia: “Adesso giocherò contro il numero 2 svizzero, quindi dovrebbe essere tutto più facile”. Proprio Roger Federer, che tornerà di gran carriera tra i primi cinque, non si fida della tendenza. O meglio, non crede che un solo torneo possa essere un indicatore assoluto. “E’ troppo presto. E’ bello vedere che diversi giocatori ci credono, e mi piace che prendano ispirazione da Wawrinka. Sicuramente dovrebbero crederci di più e non limitarsi a battere i migliori una volta tanto”.
E' presto per parlare di rivoluzione. Pensando all’imminente Sony Open di Miami, potrebbero cambiare molte cose. Federer riprenderà il suo posto tra le teste di serie importanti, mentre è difficile ipotizzare un secondo flop consecutivo per Rafael Nadal ed Andy Murray, entrambi molto motivati: lo spagnolo perché Miami è uno dei pochi tornei non ancora vinti, lo scozzese perché è campione in carica e trascorre molto tempo proprio a Miami. Insomma, tra un paio di settimane potremo fare il punto della situazione. Sarà interessante vedere quanti top-6 raggiungeranno i quarti di finale. L’unico ad esserci riuscito a Indian Wells è stato Novak Djokovic, consapevole del fatto che il divario si sta assottigliando. “Questa è un’altra ragione per allenarsi duramente e cercare di ottenere il meglio. Credo che in questo momento sia doppiamente difficile restare in cima. Sono consapevole di quello che sta accadendo. Credo che per lo sport sia positivo avere diversi giocatori in grado di vincere i tornei più importanti”. Come al solito, l’opinione-naif arriva da Ernests Gulbis, entrato tra i top-20 e ben deciso a diventare….numero 1. “Io non prendo alcuna ispirazione da quello che fanno gli altri. Proprio zero. Se vinco, prendo fiducia. Di certo non la prendo dagli altri. Sono contento per Wawrinka, ma non scendo in campo più fiducioso perché lui ha vinto l’Australian Open”. Nel frattempo, erano quasi otto anni (Toronto 2006) che i quarti di un Masters 1000 erano così popolati di outsider. Miami ci dirà se è tempo di Rivoluzione, o se i soliti noti saranno capaci dell’ennesima Restaurazione.
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