L’ATP ha il suo nuovo presidente: si tratta di Chris Kermode, già direttore del Queen’s e direttore finanziario del Masters. La federtennis britannica non lo aveva ritenuto degno nemmeno di un colloquio… 
Chris Kermode, 48 anni, è il nuovo CEO dell’ATP

Di Riccardo Bisti – 21 novembre 2013

 
Prima o poi doveva succedere. Nove dei primi dieci del ranking ATP sono europei, ma da quando l’Associazione Giocatori ha preso in mano il circuito, il presidente ha sempre rappresentato altri continenti. Mark Miles e Adam Helfant sono americani, Etienne De Villiers è sudafricano e il povero Brad Drewett era australiano. Adesso il baricentro si sposta verso il nostro continente: il nuovo CEO è il britannico Chris Kermode, la cui base sarà a Londra. Kermode, 48 anni, sembra possedere tutti i requisiti per venire incontro a tutte le parti in causa. Ex giocatore (“dal modesto talento” ha scritto il Guardian), ex allenatore, negli ultimi anni ha avuto un ruolo molto importante negli eventi londinesi dell’ATP: è direttore del torneo del Queen’s, mentre è direttore amministrativo delle ATP World Tour Finals. Nell’eterna diatriba tra giocatori e tornei, dunque, Kermode sembra la persona adatta per agire nell’interesse del tennis. Le sue brevi dichiarazioni sono state affidate al sito ATP. “E' un grande onore essere chiamato a dirigere l'ATP in uno dei momenti più esaltanti nella storia del tennis maschile. Non vedo l'ora di lavorare a stretto contatto con lo staff ATP, i giocatori, i tornei e i partner, in modo da portare il tennis al massimo del suo potenziale". Per individuare il candidato dopo l’uscita di scena di Brad Drewett, l’ATP si è addirittura rivolta a una società di ricerca, la Heidrick & Struggles. Il risultato è stato più che soddisfacente, poiché Kermode è stato votato all’unanimità, sia dai rappresentanti dei giocatori che da quelli dei tornei. Nel comunicato diffuso dall’ATP, ha intascato il benvenuto di Roger Federer, di Mark Webster (uno dei rappresentanti dei tornei) e di Justin Gimelstob (uno dei rappresentanti dei giocatori). Inoltre ci è preso le parole gentili di Andy Murray: “Lo conosco bene. Va d’accordo con i giocatori e ha fatto ottime cose con il Queen’s e le ATP World Tour Finals”.
 
Dietro l’elezione di Kermode c’è una storia curiosa. Lo stesso uomo chiamato a dirigere il tennis mondiale (almeno in campo maschile) non è mai stato preso in considerazione per il ruolo di nuovo ammistratore delegato LTA. Lo stesso Murray, tramite la vetrina onnivora di Twitter, nei mesi scorsi aveva espresso il gradimento per la soluzione Kermode al comando della Lawn Tennis Association. “Ha giocato a tennis, conosce il gioco e conosce il business”. Come è noto, i vertici LTA, in particolare l’influente David Gregson, hanno preferito puntare su Michael Downey, con un passato presso Tennis Canada e, ancora prima, in una fabbrica di birra. Mentre Downey stringeva la mano a Djokovic prima della finale del Masters, Kermode si trovava nei meandri della O2 Arena a prendersi i complimenti dopo la nomina a CEO ATP. L’opinione pubblica britannica ha una buona opinione di lui. Nato in Australia, figlio della classe operaia, è scappato dalla terra dei canguri in età adolescenziale. Dopo aver provato la carriera da tennista, si è riciclato come coach ma ha scoperto una vocazione per il mondo degli affari. Ha messo in piedi una società di eventi, occupandosi soprattutto di cinema e di spettacoli musicali. Qualche anno fa è tornato nel tennis, prima come direttore del torneo del Queen’s (il cui unico passaggio a vuoto è stata la perdita di Rafael Nadal per motivi fiscali, ma dal 2015 si rifaranno con l’elevazione dello status da 250 a 500), poi come direttore amministrativo delle ATP Finals. In cinque edizioni, hanno affollato la 02 Arena oltre 1.250.000 spettatori, di cui 260.000 nel solo 2013. Kermode è stato accolto con favore anche dai doppisti, proprio perché il Masters attuale ha regalato grande visibilità al doppio. “E poi c’era bisogno di qualcuno che prendesse decisioni forti” ha detto Mike Bryan.
 
Eppure la LTA non l’ha mai considerato degno, nemmeno di sostenere un colloquio. Con un pizzico di ironia, sempre il Guardian si è domandato come mai. “O ha un alito cattivo oppure ha tanti nemici in seno all’organizzazione”. La spiegazione più plausibile sembra quest’ultima. La LTA non ha la fama di essere un’organizzazione particolarmente dinamica, e c’era il sospetto (timore?) che Kermode la rivoltasse come un calzino. Magari Downey farà altrettanto, ma almeno non è stato accolto da pregiudizi. Lo stesso Gregson ha riconosciuto che l’associazione non ha fatto quanto avrebbe potuto per promuovere il tennis dopo la vittoria di Murray a Wimbledon. Più in generale, non è stato un anno facile per la federtennis britannica, che ha dovuto subire la sospensione di un finanziamento pubblico (oltre 10 milioni di sterline) perché non è riuscita ad aumentare il numero dei praticanti. Anche per questo, la gestione Downey sarà fatta da tagli e austerità, almeno nella parte iniziale. E allora le doti manageriali di Kermode sono confluite in un contesto ancora più globale, più importante. Per lui ci saranno molte sfide, dagli aspetti economici, a quelli tecnici, a quelli di calendario. Dalle sue prime mosse, capiremo quali saranno le priorità.