Un Fognini acciaccato tiene in piedi un match difficile contro Dimitrov, ma la semifinale dell’ATP di Stoccolma premia il bulgaro. Tuttavia, Fabio può essere soddisfatto per un rendimento sul cemento sempre migliore. Grazie alle tre vittorie svedesi chiuderà il 2017 con più successi sul veloce che sull’amata terra rossa: un risultato da non sottovalutare.Per come era andata fra secondo turno e quarti di finale, era già un mezzo miracolo trovare Fabio Fognini in semifinale all’ATP 250 di Stoccolma, quindi chiedergli di battere anche Grigor Dimitrov era francamente troppo. Il bulgaro è superiore in tutto e per tutto, sta vivendo la miglior stagione della sua carriera e l’ha spuntata per 6-3 7-6, guadagnandosi la finale e il sorpasso a Marin Cilic per il quinto posto della Race to London, che gli consegnerà la prima partecipazione in carriera alle ATP World Tour Finals. Ma Fabio Fognini c’è, piace, e vien quasi da rammaricarsi che negli ultimi due tornei in cui è arrivato in fondo l’abbia fatto con qualche acciacco, che almeno in parte non gli ha permesso di esprimersi al meglio. In finale a San Pietroburgo si era arreso più ai problemi fisici che a Dzumhur, mentre stavolta, oltre a un avversario difficile da battere, c’era anche un fastidio a ginocchio e quadricipite della gamba sinistra, e anche un dolore all’anca (destra) trattata dal fisioterapista nel corso del primo set. Eppure, nonostante tutto Fognini è riuscito a tenersi a galla con coraggio e brillantezza, riaprendo un bellissimo secondo set che sembrava già finito quando Dimitrov è fuggito sul 2-0, invece è completamente svoltato dall’altra parte. Fognini si è scosso infilando un meraviglioso lob di rovescio nel primo punto del quarto game, i problemi gli hanno dato un po’ di tregua, e dal 2-0 Bulgaria si è passati al 4-2 Italia, col servizio di Dimitrov (ancora inviolato nel corso del torneo) strappato per due volte di fila. L’illusione è durata poco, visto che il 26enne di Haskovo ha subito messo le cose a posto con uno splendido game di risposta e poi ha alzato di nuovo il livello, ma Fognini gli è rimasto appiccicato, obbligandolo a sudare in tutti i game, grazie a una risposta più efficace che mai. Il ligure è rimasto in corsa alla grande fino al tie-break, poi ha sbagliato tre diritti di fila e dallo 0-3 iniziale non ha più recuperato, ma già aver fatto tutto il possibile è una piccola vittoria. PIÙ VITTORIE SUL CEMENTO CHE SULLA TERRA
I due match lunghissimi vinti fra ottavi e quarti si sono fatti sentire, ma Fabio lascia il torneo in direzione Vienna (primo turno contro Schwartzman) a testa alta, con in tasca l’ennesima conferma di come il suo tennis possa funzionare benissimo non solo sul cemento, ma anche su una superficie piuttosto rapida. La crescita al servizio gli dà maggiore sicurezza, e il resto vien da sé. Le tre vittorie svedesi, oltre che a portare a 36 il suo bottino di successi stagionali e rendere il 2017 la terza miglior annata di sempre dopo 2013 (42) e 2014 (40), gli permetteranno di chiudere la stagione con più vittorie sul cemento che sulla terra. Al momento Fognini è a 18-16, e potrà migliorarsi ancora fra Vienna e Parigi-Bercy. Un risultato che appare banale, visto che il numero di tornei del calendario ATP è sproporzionato verso le superfici rapide, eppure Fognini non ci era mai riuscito. È la conferma di una sensazione che nel 2017 si è percepita a più riprese, confermata anche da altre statistiche. Per esempio, delle cinque semifinali ATP raggiunte, la maggioranza arriva dal veloce (Miami, San Pietroburgo e Stoccolma), e Murray a parte le altre vittorie di spessore dell’anno (Nishikori, Tsonga, Pouille, Bautista, Sock) sono arrivate tutte sul cemento. Si tratta di un discorso particolarmente importante, che può diventare prezioso sia per l’approccio mentale ai tornei sia a livello di programmazione. Una volta Fabio si sentiva come costretto a far risultato nei tornei sulla terra, perché sapeva che altrove avrebbe fatto più fatica. Ora, invece, parte con la stessa convinzione in qualsiasi torneo. È un vero peccato che sia arrivato a questa maturità a 30 anni e non a 20, ma meglio tardi che mai. Di sicuro sarà contento Leonardo Caperchi, il coach che l’ha formato, che a 19 anni lo portò per un mese negli Stati Uniti, nel pieno della stagione dei Challenger italiani sulla terra. Partite vinte in quattro tornei? Una, nelle qualificazioni di un torneo da 50.000 dollari. Ma la trasferta serviva per crescere a livello di mentalità, perché la cura per imparare a giocare sul cemento – diceva all’epoca Capechi – è giocare sul cemento”. Ha funzionato un po’ tardi, ma ha funzionato.

ATP 250 STOCCOLMA – Semifinali
Grigor Dimitrov (BUL) b. Fabio Fognini (ITA) 6-3 7-6