Se ne parlava da un anno e mezzo. Nel gennaio 2014, per promuovere la partnership con SAP, la WTA ci aveva fatto sapere che stava pensando di mettere a disposizione delle giocatrici, in tempo reale, i dati statistici di un match. “In questo momento le regole non ce lo consentono, ma abbiamo l'obiettivo di aiutare le atlete a capire cosa succede in campo” aveva detto Jenni Lewis di SAP, ex title-sponsor del defunto torneo ATP di San Josè e attuale partner tecnologico WTA. Lo scorso ottobre, durante le WTA Finals di Singapore, il board si è espresso positivamente e la novità è stata sdoganata. Partirà in questi giorni durante il Premier di Stanford: gli allenatori saranno dotati di un iPad che, tramite una app dedicata, fornirà in tempo reale decine di statistiche. Quando la giocatrice li chiamerà in campo, potranno portarsi lo strumento e discutere di quello che vedono sullo schermo. Il software mette a disposizione statistiche standard come gli ace, i doppi falli e la percentuale di prime palle, ma nei campi in cui è a disposizione occhio di falco c'è molto di più: l'esatto punto d'impatto di ogni colpo, nonchè altezze, profondità, traiettorie e punti di rimbalzo. Inoltre, i coach potranno vedere come si è comportata la loro allieva in un punto importante. Dopo l'utilizzo, i tablet dovranno essere restituiti. Lo schermo avrà impostazioni sia per l'ombra che per il sole, e la realizzazione di una stampante 3D eviterà il surriscaldamento degli apparecchi. La sperimentazione sarà disponibile in altri 6 tornei del 2015, salvo espandersi l'anno prossimo.
I DATI NON SI POSSONO SMENTIRE
“Sarà un modo per migliorare le prestazioni delle nostre atlete, oltre a uno spunto per fornire più materiale ai media. Il tennis non è più una semplice questione di dritti e rovesci: siamo entrati nel mondo dello spettacolo sportivo” ha detto Stacey Allaster, capo WTA dal 2009. Sotto certi aspetti, il tennis è ancora indietro rispetto ad altre discipline. Nel circuito maschile il coaching è vietato. Se un allenatore comunica con il proprio giocatore commette una violazione che può tramutarsi in avvertimenti, penalty point e addirittura in multe. Ma per un arbitro è molto difficile accorgersi delle violazioni e spesso le valutazioni sono soggettive. La WTA concede ai coach di intervenire una volta per set, più le situazioni in cui l'avversaria abbandona il campo. I tradizionalisti pensano che il tennis, per sua natura, debba esaltare le doti individuali senza influenze esterne. E' vero, ma è anche vero che la tecnologia corre. Gli stessi giocatori non hanno le idee così chiare: qualche anno fa, Jarmila Gajdosova chiamò l'allora marito Sam Groth e si arrabbiò per le sue parole. “Non mi trattare come una fot… turista!” disse. Anche Sara Errani, Roberta Vinci e Flavia Pennetta hanno spesso offerto siparietti divertenti con i loro rispettivi allenatori. Secondo Lindsay Davenport, l'ausilio della tecnologia sarà utile per stemperare la tensione che spesso si accende durante i dialoghi coach-giocatrice. “Sarà bello poter scendere in campo e dire: 'Hai tirato ogni singolo servizio in questo angolo. Per favore, puoi ascoltarmi?' Questi sono fatti, e i fatti non si possono smentire”.
L'ATP E' ANCORA INDIETRO
Le giocatrici e i loro allenatori potranno accedere a un database che memorizzerà tutti i dati, comprese le chiamate a occhio di falco. Per adesso non saranno diffusi al pubblico: secondo la Allaster, tuttavia, è questo l'obiettivo a lungo termine. “Gli altri sport forniscono al pubblico un ricco ventaglio di dati – ha detto – per restare competitivi dobbiamo fare altrettanto”. E gli uomini? Poichè il coaching non è concesso, non è prevista nessuna archiviazione dei dati, né per gli addetti ai lavori né per la stampa. Interpellata dal Wall Street Journal, l'ATP ha detto di stare esaminando come utilizzare i dati di hawk-eye. E' interessante l'opinione di Nick Saviano, attuale coach di Sloane Stephens. Lo scorso anno (quando allenava ancora la Bouchard) era scettico verso la tecnologia, a suo dire “discriminatoria” perché a disposizione delle sole giocatrici che possono permettersi un coach e/o giocano sui campi principali. A suo dire, i dati gli sono utili nel preparare le tattiche di gioco, soprattutto quando la Stephens affronta giocatrici che non conosce. “Ma non li voglio usare durante una partita – ha detto – credo che sia una fonte di distrazione”. Il primo in assoluto a utilizzare la tecnologia è stato Krankie Brennan III, capitano del team femminile della Stanford University, durante le qualificazioni. Quando è sceso in campo per consigliare l'allieva Taylor Davidson, le ha detto che aveva sbagliato troppe prime palle e che avrebbe dovuto colpire con maggiore effetto per migliorare la percentuale. “Avevo la prova di quello che stavo dicendo”. Tutto bello, salvo un unico problema: nonostante fosse stato progettato anche per il caldo, l'iPad non gestiva il sole cocente. “Ero troppo esaltato all'idea di usarlo che l'ho fatto surriscaldare: ho dovuto subito spostarlo all'ombra”. La nostra impressione? Le statistiche sono sempre interessanti, ma non crediamo che sarà una rivoluzione. Un coach, specie se è bravo e preparato, non ha bisogno di un tablet per capire se la sua giocatrice sta giocando bene o no. Ma al marketing, si sa, queste cose non interessano.