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Il simbolo del trionfo kazako, proprio come era successo due anni fa con l’Italia, è di nuovo Mikhail Kukushkin: nel circuito ATP è un giocatore “normale”, capace di mettere appena il naso nei primi 50 e vincitore di un solo titolo, ma in nazionale, in casa, può diventare un fenomeno. Nella prima giornata ha battuto in quattro set Guido Pella, risolvendo il secondo – e decisivo – set con una risposta che l’argentino ha definito “alla Federer”, nella seconda si è riposato mentre Aleksandr Nedovyesov e il debuttante Timur Khabibulin (numero 883 del mondo in singolare) battevano in quattro set il doppio argentino Gonzalez/Molteni, e nella terza è tornato il trascinatore. Non si è spaventato nemmeno con di fronte Diego Schwartzman, reduce dai quarti allo Us Open, fresco di un posto fra i primi 30 del mondo, e perfetto al venerdì contro Dmitry Popko. Anzi, l’ha battuto in tre set, 6-4 6-4 7-6, col solito tennis geometrico e ordinato. “Mi sento alla grande – ha raccontato il numero 78 del mondo – perché non mi aspettavo una vittoria così. I giocatori argentini hanno un ranking migliore del nostro, e poi sono i campioni in carica”. Schwartzman, visibilmente nervosissimo per il compito di dover tenere la sua nazionale nel World Group, ha reagito alla tensione con un sacco di errori, ma lui è stato perfetto. “Mi sentivo molto stanco (venerdì ha giocato quasi quattro ore, ndr), ma ho cercato di non darlo a vedere e di trovare un modo per vincere. Il pubblico mi ha spinto punto dopo punto”. Mentre al rivale, consolato dal povero Daniel Orsanic, scappava qualche lacrima in panchina, lui festeggiava saltellando con la bandiera kazaka, abbracciato a un altro russo (Popko), un ucraino (Nedovyesov) e un uzbeco (Khabibulin). Magie del tennis.
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Mentre i kazaki (o quasi) festeggiano, l’Argentina completa nel modo peggiore la favola del 2016, e il prossimo anno tornerà a giocare nella Serie B del tennis mondiale dopo 17 anni. Sarebbe stata più grave una retrocessione negli anni scorsi, quando l’obiettivo di vincere il titolo era più vivo che mai, ma la situazione non va comunque sottovalutata. “Urge un ragionamento, per rivedere le tante assenze di giocatori fondamentali per la squadra”, scrive in homepage il Clarìn, paragonabile – per importanza – al nostro Corriere della Sera. Niente di più vero. Quanto successo all’interno del team argentino è il simbolo più grande della pericolosa piega presa dall’Insalatiera: anche loro, che l’hanno sempre considerata come una religione, appena l’hanno vinta hanno immediatamente voltato le spalle a Orsanic. Il cittì si era preso buona parte dei meriti per il titolo, ripulendo lo spogliatoio dalle scorie negative lasciate dagli anni precedenti, e ora gli tocca anche qualche colpa sulle troppe assenze. Gli saranno sempre riconoscenti per quando fatto nel 2016, ma è un dato di fatto che dei quattro protagonisti del titolo di Zagabria, per la trasferta in Asia è riuscito a ottenere solo il “sì” di Guido Pella. Del Potro ha detto che la Davis non rientra più nelle sue priorità, facendo capire che gli piacerebbe non essere più considerato, e anche Leonardo Mayer, che a New York ha lottato per due set con Nadal e sul veloce indoor ci sta giocare eccome, ha preferito declinare. Il capitano si è trovato costretto a convocare Maximo Gonzalez, al debutto in Davis a 34 anni, e Andres Molteni, ex singolarista che si è riciclato discretamente come doppista, e la loro scarsa dimestichezza con la nazionale si è vista. Come quella di Schwartzman: aveva giocato in Davis solo nel 2015, perdendo tre match su tre, e contro Kukushkin non ha retto il peso della responsabilità. Ma l’Argentina non è certo retrocessa per colpa sua. È su questo che l’AAT dovrà ragionare.
KAZAKHSTAN – ARGENTINA 3-1
National Tennis Center, Astana (cemento indoor)
Mikhail Kukushkin (KAZ) b. Guido Pella (ARG) 6-7 7-6 6-2 6-4
Diego Schwartzman (ARG) b. Dmitry Popko (KAZ) 6-4 6-2 6-2
Nedovyesov/Khabibulin (KAZ) b. Gonzalez/Molteni (ARG) 5-7 6-4 7-5 6-4
Mikhail Kukushkin (KAZ) b. Diego Schwartzman (ARG) 6-4 6-4 7-6
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