Prima finale Slam per Venus Williams da quando ha scoperto di avere la Sindrome di Sjogren. Un'impresa straordinaria: è la più anziana finalista in un Major dai tempi della Navratilova. In semifinale ha contenuto l'esuberanza di una Vandeweghe sciupona, messa a tacere con l'esperienza. Fino all'esplosione di gioia, da 18enne con la consapevolezza di una (quasi) 37enne.

Non era così felice nemmeno quando vinceva Slam in successione. All'epoca era scontato, tutti si aspettavano un successo di Venus Williams. Oggi, dopo una storia costellata di mille difficoltà, malattie comprese, la Venere Nera ha scoperto la bellezza di un'emozione inaspettata. Perché, parliamoci chiaro, la finale all'Australian Open a 36 anni e mezzo è un risultato che va oltre la razionalità. Al di fuori del suo cerchio di conoscenze – quelle strette però! – nessuno pensava che potesse ritrovare una finale Slam. Invece, a sette anni e mezzo dall'ultima volta (Wimbledon 2009, KO contro Serena) il sogno è diventato fiaba. Venus si giocherà il Daphne Akhurst Trophy a 14 anni dall'unica volta. Era il 2003 quando si pensava che i derby in famiglia fossero telecomandati da joystick Richard Williams. Proprio quella finale smentì la teoria: fu un 6-4 al terzo bello ed emozionante. La storia ha poi separato le vicende delle due sorellone. Sempre amiche, sempre in simbiosi, però Serena ha preso il largo mentre Venus è rimasta al palo. Per trovare il suo ultimo titolo Slam bisogna scavare nei gli angoli più polverosi della memoria, o magari consultare Wikipedia. Wimbledon 2008, sempre in finale contro Serena. Da allora è cambiato tutto, e lo ha mostrato l'atteggiamento di Venus quando l'ultimo dritto di Coco Vandeweghe è finito fuori. Un mix di emozioni che ha generato un'esultanza un po' isterica, un po' commovente, un po' ridicola. Accade quando a 36 anni vivi un'emozione da 18enne ma è difficile esprimerla in modo genuino perché, appunto, di anni ne hai 36.  

LE SCELTE GIUSTE DI VENUS
Una (dolce) confusione psicologica che però non ha mostrato sul campo, sgretolando alla distanza la resistenza della Vandeweghe, battuta 6-7 6-2 6-3 in un match giocato sotto il sole della Rod Laver Arena. Qualche bookmaker aveva addirittura dato per favorita la bionda californiana, forse accecato dalle ultime prestazioni (nove game lasciati in quattro set a Kerber e Muguruza). In effetti Coco entrava meglio in partita: era lei a comandare con due fondamentali che sembrano presi in prestito dal circuito ATP. In particolare, il dritto viaggia a velocità supersoniche, peraltro aiutato dalla rapidità del plexicushion steso nel 2017 sui campi australiani. Lo scambio di break in avvio dava il là a una partita fedele ai turni di servizio, anche se c'era sempre la sensazione che Coco facesse più male. Quando poteva piazzare i piedoni senza correre troppo, poi, era devastante. Il 7-3 del tie-break era la logica conclusione. Ma Venus è stata lucida nel cambiare tattica, cercando con più insistenza il rovescio dell'avversaria, anche a costo di giocare con più frequenza il dritto a uscire, colpo che non è tra i suoi preferiti. Il secondo e il terzo set, sia pure con qualche sfumatura, hanno avuto lo stesso andamento: i punti importanti li intascava tutti Venus, brava a servire bene quando contava, e a fare la scelta giusta al momento giusto. Con la sua carnagione chiara, Coco si è sciolta come neve al sole pur provando a lottare. Ma ha sciupato troppe occasioni. Il break intascato in avvio è rimasto l'unico di tutta la partita, eppure ha avuto la bellezza di 13 palle break. Alcune le ha giocate bene Venus, in altre ha pasticciato lei. Nel secondo ha avuto diverse chance sull'1-4 e poi sul 2-5, ma non ne ha sfruttata neanche una. Stessa storia nel terzo set. Dopo il break in avvio, Coco si è trovata 15-40 sul servizio di Venus nel secondo game, ma ha sparacchiato un rovescio nella prima palla break e ha incassato un dritto vincente della Williams sulla seconda. Sarebbe stata l'ultima.  

23 ANNI DOPO MARTINA
​Perso quel game, ha perso la fiducia. Venus ha continuato a giocare con ordine e attenzione. 23 anni di carriera serviranno pure a qualcosa, così come 21 semifinali Slam (mentre per Coco era la prima). I troppi errori di rovescio e l'eccessivo numero di doppi falli (11) hanno condannato la Vandeweghe, uscita dal campo trattenendo le lacrime. Uno sforzo sovrumano per lei, abituata a mostrare il lato trash di sé. Le lacrime di Venus, invece, erano di gioia e ci raccontano che bisogna sempre fidarsi delle sensazioni di una donna di 36 anni. A inizio torneo ha rinunciato al doppio, ufficialmente per un malanno fisico, verosimilmente per preservare energie per il singolare. Sentiva di poter arrivare in fondo, come ha recitato – a mò di mantra – in diverse conferenze stampa. In finale c'è arrivata davvero, diventando la più anziana finalista Slam dai tempi di Martina Navratilova, 38enne quando inciampò su Conchita Martinez nella finale di Wimbledon 1994. Contro Serena partirà sfavorita, ma in questo torneo non c'è niente di razionale. Ad esempio, Venus non aveva vinto una sola partita in tutto il 2016 dopo aver perso il primo set. Non poteva scegliere occasione migliore per interrompere l'emorragia. E adesso sogna il lieto fine di un'altra storia da film.

AUSTRALIAN OPEN DONNE – SEMIFINALE
Venus Williams (USA) b. Coco Vandeweghe (USA) 6-7 6-2 6-3