Il 26enne azzurro ha espresso i suoi pensieri legati all’emergenza coronavirus che sta falcidiando l’industria del tennis
“Pensare al tennis ora non sarebbe produttivo, porsi degli obiettivi non ha senso”
Il futuro dei tennisti ai tempi del coronavirus è sempre più incerto e tutt’altro che delineato.Se i professionisti di primissima fascia, quantomeno a livello economico, riescono a sopperire ad un periodo più o meno lungo di stop, ci sono centinaia di atleti che attendono con ansia di conoscere il prossimo destino di uno sport che, inevitabilmente, coincide con la loro principale fonte di reddito e sostentamento. Dopo i pareri in merito di Luca Vanni e Camilla Rosatello, questa volta è il turno di Riccardo Bonadio, che abbiamo raggiunto telefonicamente. Attualmente al gradino 409 del ranking mondiale, ‘Bonny’ è uno dei tanti giocatori azzurri che sta cercando di farsi largo nella giungla del tennis di alto livello. A 26 anni compiuti, il friuliano è nel pieno della sua attività agonistica, ma i rischi legati alla propagazione del virus attualmente non consentono di programmare alcuna ripresa. Un problema non da poco sopratutto per giocatori che stavano vivendo un buon periodo di forma e di fiducia: Bonadio aveva infatti bagnato al meglio questo inizio anno, trionfando nel 15mila di Antalya e confermando quanto di buono fatto intravedere nel 2019.
“Ormai non gioco da 25 giorni – ha esordito Riccardo – sto cercando di tenermi allenato con la palestra, anche se onestamente lo faccio perché mi è sempre piaciuto fare questo tipo di attività, più che per la preparazione legata al tennis. Non sappiamo quando tutto questo avrà fine, porsi degli obiettivi ora non ha senso”. Un punto di vista già espresso da Vanni, il quale aveva posto l’attenzione sul problema legato alle attività metodiche per mantenere in forma fisico e mente: come posso programmare o spalmare i carichi di lavoro nei giorni, se la data di ripresa – attualmente fissata per il 13 luglio – viene continuamente procrastinata? L’incertezza in tal senso gioca un ruolo fondamentale nel planning di allenamento di professionisti che non possono lasciare nulla al caso. Lo sa bene anche il tennista di San Vito al Tagliamento, spesso costretto ai box da numerosi infortuni: “In passato mi è già capitato di rimanere fermo a lungo. Riprendere la condizione non è per niente facile. Ora voglio solo tenere la mente impegnata in qualcosa che possa essere utile: leggo libri, passo del tempo con la mia famiglia, e rimango il più lontano possibile dal pensiero del tennis perché comunque ora non sarebbe produttivo. Quando potremo ricominciare almeno ad allenarci, sicuramente riprenderò il percorso che ho sospeso”.
Le possibili soluzioni: sospensione pin e quote d’iscrizione
Aspettando che le regolari attività riprendano il proprio corso naturale, è giusto interrogarsi sui possibili scenari legati all’imponente impatto economico su giocatori e addetti ai lavori. Finora l’Atp, oltre a fornire una data di massima di ritorno, ha congelato i punti immagazzinati nella stagione precedente. Una scelta quasi obbligata, vista la mole di tornei cancellati e quelli in cerca di ricollocamento: “Giusto congelare la classifica per ora. Secondo me dalla data della ripartenza dovrebbero far scadere i punti settimana per settimana, a partire da quella in cui hanno interrotto il circuito”.
Per quanto concerne gli introiti dell’industria tennis, in ogni suo aspetto, finora tutto tace. Come molti altri suoi colleghi, motore imprescindibile del movimento, Bonadio chiede agli organi direttivi di venire incontro con piccoli passi alle esigenze dei tennisti in difficoltà: “Credo che in questi anni di soldi ne abbiano fatti. Potrebbero aiutarci economicamente, ad esempio non facendoci pagare pin e iscrizioni ai tornei – che si aggirano sui 30$, ndr – almeno per un anno, incluso il Player Zone. Con queste piccole accortezze già potremmo risparmiare intorno ai 1500 euro. Sarebbe un primo passo”.
Nel mentre, cominciano a circolare voci di possibili associazioni di giocatori Atp, Wta ed Itf volte alla tutela economica degli atleti compresi tra la posizione 50 e la posizione 500 del ranking mondiale. L’intento sarebbe quello di creare una base economica solida di gestione e di solidarietà, cercando i fondi necessari – si parla di circa 20 milioni di euro – presso privati e/o istituzioni tennistiche per un’equa redistribuzione delle liquidità in base alle difficoltà del singolo professionista. La situazione è in divenire e quantomai intricata: il tempo scorre, l’industria del tennis deve rispondere presente.