Salvo un passaggio a vuoto nel finale, Andy Murray tiene a distanza Grigor Dimitrov nella finale del China Open e si aggiudica il titolo numero 40 in carriera. Il bulgaro gioca bene, ma la distanza tra i due è ancora sensibile: Andy incassa 500 punti che riducono il distacco da Djokovic. Dovesse vincere anche a Shanghai…

La classe fa quaranta. Andy Murray mette le mani sul China Open e firma la quarantesima vittoria in carriera (traguardo raggiunto da appena 16 giocatori), la quinta in stagione. Se si eccettua l’oro olimpico, è il primo successo sul cemento all’aperto dopo il Canadian Open 2015. Lo scozzese, la cui ambizione (per nulla celata) è acciuffare il numero 1 ATP, compie un altro piccolo passo verso la cima presidiata da Novak Djokovic. E’ lontana, certo, ma non così irraggiungibile. Piccolo passo messo a segno contro Grigor Dimitrov. Il bulgaro avrà pur perso la terza finale in stagione su tre disputate, e sarà pure a digiuno di trofei dal lontano (giugno 2014 al Queen’s). A Pechino, tuttavia, ha dato ulteriori segni di crescita e di convinzione nei suoi enormi mezzi. Esemplari, ad esempio, la prepotenza e la classe con le quali si è sbarazzato di Rafa Nadal nei quarti. Che il sodalizio con Dani Vallverdu stia portando dei frutti lo dimostra anche questa finale. Finale che ha visto Grigor sempre sotto nel punteggio, vero. Ma che a sprazzi ha regalato punti di pregevole fattura. Inoltre, a differenza di certi episodi del passato (abbiamo ancora negli occhi il delirio inscenato a Istanbul), si è visto un bulgaro mentalmente presente e mai sconfitto nello sguardo, fino all’ultimo punto. Siamo onesti: era lecito attendersi un po’ di spettacolo in più. Le premesse erano ottime, ma il match è corso via sin stroppo liscio per lo scozzese, che fino al 5 a 3 del secondo set ha disposto in lungo e in largo di un avversario buono ma comunque tenuto a distanza.




L’incontro ha preso la piega sbagliata, per il bulgaro, sin dal primo gioco. Due doppi falli consegnano subito il break a Murray, che da lì in poi non concede nemmeno le briciole al servizio. Grigor gioca bene, spesso con la tattica giusta. Ma Murray oggi è in modalità muro invalicabile, anche per la migliore versione di “Grisha”, che pure aveva studiato il match nei minimi dettagli con Vallverdu, uno dei più grandi conoscitori dello scozzese. Vinto il primo, Andy prende il largo pure nel secondo. Lo strappo si concretizza nel quinto game, aiutato da due errori non forzati di Dimitrov. Sembra tutto apparecchiato per lo scozzese. La coppona cinese aspetta di essere sollevata, le autorità scalpitano per entrare in campo. Ma non sarebbe Andy Murray se non ci regalasse, ogni tanto, un piccolo psicodramma. Dal 5 a 3, compreso il game al servizio per concludere il match, arriva un parziale di 12 punti a 1 per il bulgaro, tra i quali 11 di fila. Molti meriti di Dimitrov, che gioca punti sublimi, ma anche tanti demeriti di Murray. Da una vittoria sicura, si trova costretto ad arrampicarsi al tie-break. Fortuna sua, ritrova i lumi della ragione e ritorna sulla retta via. Pareggia i conti e torna a giocare con autorità. Lascia appena due punti a un Dimitrov che aveva bisogno di ben altro per ritornare davvero in partita. Cala il sipario sul China Open e non è tempo di riflessioni per nessuno dei due. Grigor è atteso da un ostico esordio al Masters 1000 di Shanghai, contro Richard Gasquet. Murray, dopo il bye d’ordinanza, ha davanti a se ulteriore fieno da mettere in cascina. Dovesse vincere anche al Qi Zhong, la leadership mondiale non sarebbe più così distante.


Andy Murray (GBR) b. Grigor Dimitrov (BUL) 6-4 7-6