L'INTERVISTA – Seppi e Bolelli parlano del caso scommesse. Andreas: "Ho letto cose scandalose". Simone: "Io dormo sonni tranquilli. Altri, non so"
Di Marco Caldara – 18 novembre 2014
Mentre la bomba scommesse, sganciata circa un mese fa dalla Gazzetta dello Sport, ha sin qui lasciato ben pochi danni, noi siamo andati a Ortisei per fare il punto della situazione con Andreas Seppi e Simone Bolelli, due tra i giocatori nominati nella parte pubblica delle chat ‘intercettate’ dalla procura di Cremona. Apparentemente, però, i due non avrebbero avuto alcun contatto né con i colleghi coinvolti, né tantomeno con il ‘clan dei bolognesi’ di cui fa parte Manlio Bruni, principale interlocutore di Daniele Bracciali e già arrestato nel 2011 nell’ambito del filone calcistico dell’inchiesta. Entrambi gli azzurri di Coppa Davis si sono definiti estranei ai fatti, fornendo a TennisBest la propria interpretazione ad ampio raggio sul fenomeno scommesse.
Che reazione hai avuto quando hai letto le intercettazioni?
Seppi: Sicuramente vedere il mio nome sulla prima pagina della Gazzetta è stato uno shock. Me l’ha fatta vedere Massimo (Sartori, ndr), io non ne sapevo nulla. Aver letto certe cose non fa piacere, infatti abbiamo subito replicato. Siccome in una chat fra persone che non conosco usciva due volte il mio nome, mi hanno sbattuto in prima pagina senza nemmeno verificare cosa ci fosse dietro. Trovo sia scandaloso, avrebbero dovuto starci più attenti e andare a fondo, invece di mettere nomi a caso.
Bolelli: Mi è dispiaciuto per il nostro sport e l’ambiente in cui viviamo ogni giorno. Io sono tranquillo, perché so di essere in buona fede. Ho dato tutto in mano al mio avvocato, in quanto si tratta di situazioni parecchio delicate. Non so gli altri, ma io dormo tranquillo.
Ti è mai capitato che qualcuno durante un torneo ti abbia contattato per combinare una partita?
Seppi: No, mai nessuno. Negli ultimi anni, da quando il fenomeno scommesse si sta allargando, l’ATP ha istituito la Tennis Integrity Unit, a cui siamo tenuti a denunciare fatti di questo genere. Se mi dovesse capitare andrei subito a parlarne con un tour manager, e mi informerei su come comportarmi.
Bolelli: Mai successo. Noi giocatori abbiamo l’obbligo di denunciare fatti come questi alla TIU, e sarebbe la prima cosa che farei.
Come mai secondo te questi fatti capitano spesso agli italiani? Siamo davvero più scommettitori o forse siamo solo meno furbi?
Seppi: Sinceramente non saprei cosa dire. Forse, rispetto ad altri paesi, in Italia abbiamo un controllo maggiore su questi aspetti, come per esempio il doping. Esistono dei controlli accurati per entrambi i fenomeni, e forse la risposta viene da lì.
Bolelli: In generale non saprei. In questo caso, invece, hanno sequestrato i computer di alcune persone che avevano contatti con alcuni nostri giocatori, e da lì è emerso tutto.
Assistendo a un match, hai mai avuto la sensazione che ci fosse sotto qualcosa?
Seppi: È difficile da dire, nel tennis non si può mai sapere. Magari un giocatore sta ‘sciogliendo’ perché infortunato, o a causa di problemi personali. Spesso ci si porta in campo tante emozioni, che influenzano il gioco in maniera negativa. Capita di vedere degli incontri nei quali un giocatore non c’è con la testa o tira solo pallate a caso, ma dietro ci possono essere mille ragioni. È vero che per combinare un match di tennis basta poco, perché non c’è bisogno di mettere d’accordo più persone come può accadere nel calcio, ma ritengo che sotto questo punto di vista il nostro sport possa ritenersi pulito.
Bolelli: Seguo tante partite, ma non ho mai notato nulla di eclatante. Credo sia difficile da vedere, perché si tratta di uno sport individuale. Non ci sono mai stato attento, e penso che magari non ci farei nemmeno caso. E poi guardo tante partite di alto livello, è difficile pensare che certi giocatori facciano queste cose.
Entrambi siete usciti da tempo dal mondo Futures, e probabilmente mai ci tornerete. A quei livelli una vittoria al primo turno frutta appena 200 dollari, lordi. Combinando solo un set, si possono invece intascare cifre anche 30 volte superiori. È quasi un’istigazione a delinquere. Come si potrebbe frenare questo fenomeno?
Seppi: Non me ne vogliano le agenzie di scommesse, ma ultimamente c’è sempre più pubblicità, tanti tornei le hanno addirittura come title sponsor. È vero che forse sono le aziende che hanno più soldi da investire nelle sponsorizzazioni, e probabilmente hanno anche salvato qualche torneo, ma magari questo istiga a scommettere chi assiste agli incontri o i giocatori stessi, specialmente nei tornei piccoli dove si fatica a sopravvivere. Allo stesso tempo, però, ritengo che un giovane col desiderio di emergere non dovrebbe nemmeno pensare a certe cose. Vincere le partite è sempre la soluzione migliore: vincendo si sale in classifica, e così aumentano anche i guadagni.
Bolelli: Credo sia un discorso personale, che va da giocatore a giocatore. Se l'unico obiettivo è guadagnare, non posso negare che la proposta appaia allettante. Ma un vero sportivo, che si allena per migliorarsi sino a diventare un professionista di alto livello, non accetterebbe mai. Una possibile soluzione potrebbe essere quella di limitare le scommesse, almeno nei tornei minori. Si può scommettere su ogni match, addirittura su ogni singolo punto. Non dico di toglierle, perché molta gente ci vive, ma almeno ridurle. Si punta sulla vittoria o sulla sconfitta, nient’altro. Per qualcuno è diventato un lavoro, non va bene.
Per Simone: quando nelle intercettazioni è uscito il tuo nome, tramite il tuo account Twitter ti sei subito difeso, definendoti completamente estraneo al mondo delle scommesse. Secondo la Gazzetta Dello Sport, invece, Manlio Bruni ti avrebbe definito gasatissimo all’idea…
Quel ‘gasatissimo’ era riferito a Bracciali, che in teoria avrebbe dovuto parlare con me. Credo sia stato mal interpretato. C’era questo contatto che, leggendo i giornali, avrebbero voluto avere con me. Ma non si è mai verificato nulla del genere.
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