Un ragazzino con la faccia da demonio. Forse non è la definizione più corretta, ma rende bene l'idea. Andrey Rublev è la grande speranza del tennis russo, la più concreta dai tempi di Marat Safin. Nikolay Davydenko e Mikhail Youzhny (che si ritirerà a fine stagione), pur bravi, non hanno saputo affascinare (e vincere) come Marat, ultimo figlio di Mosca a vincere uno Slam, ormai dieci anni fa. Insieme all'amico Alexander Zverev (che sarebbe un connazionale se il padre non fosse scappato in Germania ai tempi dell'Unione Sovietica), è il principale rappresentante della classe 1997, che non vuole essere da meno rispetto al 1996 di Kokkinakis, Coric, Chung e Quinzi. Ammesso al Miami Open con una wild card, da peggior classificato del tabellone (è n. 389) ha passato il primo turno battendo in tre set Pablo Carreno Busta. A 17 anni e 5 mesi, soltanto due giocatori più giovani di lui avevano passato un turno a Key Biscayne: Boris Becker nel 1985 e Fabrice Santoro nel 1990. E' la seconda vittoria ATP in carriera, giacchè un mese fa aveva raggiunto il secondo turno a Delray Beach. Andrey porta lo stesso cognome di un famoso personaggio della storia russa. Talmente famoso che negli anni 60 diede origine a un film. Nel 1966, l'influente regista Andrei Tarkovsky dedicò un film ad Andrei Rublev, un monaco che si dedicava alla pittura, giunto a Mosca al principio del quindicesimo secolo. Divenne il più grande iconografo russo. 31 anni dopo quella pellicola, Andrey è venuto al mondo e il suo nome di battesimo ha la “y” al posto della “i”. Però anche lui sembra destinato a scrivere pagine importanti. La racchetta è il suo pennello, l'inchiostro è la pallina e il campo è la tela. Si chiama Andrey anche il padre, ex pugile bravo a riciclarsi come uomo d'affari. Ma anziché ereditare le passioni paterne, ha seguito le orme della madre e della sorella maggiore, entrambe maestre di tennis. La madre è stata la prima maestra di Daria Gavrilova, splendida vincitrice sulla Sharapova.
CAMPIONE DEL MONDO JUNIOR
Rublev fa parte di una generazione che la Russia non si farà sfuggire come è accaduto alla precedente, “svenduta” al Kazakhstan. Senza offesa, va detto che il nuovo trio (di cui fanno parte anche Karen Khachanov e Roman Safiullin) sembra ben più competitivo di quello composto da Golubev, Kukushkin e Korolev. Safiullin ha vinto l'ultimo Australian Open junior, ma i talent scout hanno deciso di scommettere su Rublev, pure lui vincitore di uno Slam junior, il Roland Garros. All'epoca non convinceva sul piano atletico, ma a quell'età le cose cambiano giorno dopo giorno. E adesso il suo fisico da 188 centimetri sembra pronto per affrontare il circuito dei grandi. Ha abbandonato il mondo junior dopo l'ultimo Orange Bowl e si è tuffato nel circuito ITF, cogliendo subito un titolo in Repubblica Dominicana (il quarto, ne aveva già vinti tre quando alternava i futures all'attività giovanile). Dopo un'attenta preparazione invernale, sotto la guida di Sergey Tarasevich, ha iniziato il 2015 al challenger di Dallas. Subito quarti di finale e prima vittoria contro un top-100 (Blaz Rola). Andrey è potente e combattivo, tipico prototipo dell'est europeo. A Delray Beach ha battuto un altro top-100 come Dudi Sela, e Miami si è concesso il tris. Quando metterà su qualche muscolo in più (oggi pesa appena 65 kg), sarà un osso duro per tutti. Intanto si gode l'esperienza a Miami e un difficile match contro John Isner. Se anche dovesse perdere, nessun problema: potrà assistere a qualche partita dei Miami Heat di basket, sua squadra del cuore. Forse non è un caso che stia trovando il suo miglior tennis proprio in Florida, a due passi dal team preferito. Ma la bandiera resta quella russa, e stavolta non ci sono valigette di denaro appena varcato il confine. Chiudendo l'anno al n. 1 ITF (classifica che peraltro ricopre ancora oggi), è diventato il primo russo nella storia a chiudere da numero 1 del mondo, in qualsiasi categoria. Un biglietto da visita che fa mettere sull'attenti.