Intorno a lui non nascerà la mitologia che ha avvolto Dustin Brown. Con quell'aspetto da Bob Marley della racchetta, unito a una storia molto particolare, Brown è diventato un personaggio (anche) grazie al periodo in cui ha girato l'Europa a bordo di un camper. Però, in mezzo alle storie di giornata all'Australian Open, ha impressionato quella di Andrew Whittington, ex promessa australiana che soltanto dodici mesi fa sembrava definitivamente perduta. Poi, però, ha fatto un bagno di umiltà e ha deciso di cambiare qualcosa. L'anno scorso ha scelto di vivere in una roulotte, in un campeggio, il massimo che potevano permettergli le finanze da numero 600 ATP. Quando ha capito certi valori, ha iniziato a giocare bene, a estrarre dal cilindro quel tennis che lo aveva portato al numero 6 del ranking ITF riservato agli Under 18. Ha vinto sei Futures, ha raggiunto la prima finale Challenger e ha messo il naso nel circuito ATP, arrivando a sfidare Richard Gasquet a Shenzhen. E' salito al numero 170, obbligando Tennis Australia a tornare a occuparsi di lui. Gli hanno assegnato una wild card per l'Australian Open, e lui li ha ripagati con una bella vittoria su Adam Pavlasek, l'ex fidanzato di Petra Kvitova, che gli sta davanti di un centinaio di posizioni (n.86 ATP contro 194). Il ragazzo di Williamstown si è imposto 6-4 4-6 6-2 6-2, supportato da amici, tifosi, fanatici occasionali. “Erano tanti ed erano rumorosi a sufficienza – ha detto Whittington – ma ho appena controllato il telefonino e uno dei miei amici ha detto che giovedì saranno ancora più rumorosi”. Per lui sarà una grande occasione: è possibile che Ivo Karlovic sia affaticato, se non distrutto, dalla maratona contro Horacio Zeballos. Ma adesso, tutto quello che viene è tanto di guadagnato. Cresciuto con una nidiata di giocatori che si sono rivelati meno forti del previsto, ha visto i suoi vecchi amici Benjamin Mitchell e Alex Bolt prendersi una pausa a tempo indeterminato dal tennis.
UN REGIME TUTTO NUOVO
Anche lui è stato vicino a mollare, però si è reso conto che la responsabilità di certi risultati era soltanto sua. “Ho capito che avrei dovuto fare molto di più, sia dentro che fuori dal campo – racconta – non mettevo tutta l'energia in ogni singolo allenamento. Avevo tanti alti e bassi, confermati dai miei risultati. Nel 2016 ho provato a mettere più qualità in ogni cosa che facevo. Io sono un po' pigro e non ho tanta autostima, ma tante persone mi hanno sostenuto. Vivere da numero 600 ATP non è divertente, allora ho dovuto riflettere e mi sono dato un calcio nel sedere”. Non poteva fare altrimenti, visto che un paio d'anni fa – a causa degli scarsi risultati – è stato tagliato fuori dal programma di elite di Tennis Australia. Allora si è spostato sui sacri campi di Kooyong, sotto la guida di coach Glenn Busby, e ha rimesso insieme i pezzi della sua carriera. “Ognuno ha il suo percorso, e credo che il mio sia iniziato un po' più tardi rispetto ad altri. Ma c'è ancora tanto da lavorare, adesso spero solo di vivere un anno intero senza infortuni”. A proposito di infortuni, ha vissuto un enorme spavento la scorsa settimana, quando si è storto la caviglia proprio durante l'esibizione di Kooyong. “Un po' di paura c'è stata, ma non ringrazierò mai abbastanza il mio fisioterapista, il mio allenatore, tutto il mio team. Per fortuna mi sono rotolato subito per terra, evitando guai peggiori. La mattina dopo mi sono svegliato e non era gonfia: è stata una sensazione eccezionale, ho capito che avrei potuto giocare l'Australian Open. Infatti mi sono allenato regolarmente nel weekend e adesso sono al 100%”. La sua avventura proseguirà con il doppio, dove è top-100 ATP e giocherà con il suo amico Marc Polmans. Ma il grande appuntamento è per giovedì: c'è una montagna da scalare. Una montagna di nome Ivo Karlovic.