Andres Bustani era ancora molto piccolo quando si è accorto di essere “diverso”. Quando frequentava le scuole medie, il termine “gay” usciva spesso, anche nelle chiacchiere tra amici. Ovviamente veniva usato con accezione negativa. Il Messico è un paese machista, dove i valori tradizionali vengono visti come “giusti”. Il diverso non viene accettato. Andres ha capito ben presto che rivelare la propria omosessualità sarebbe stato complicato. Non sapeva se lo avrebbero accettato. O forse lo sapeva, e per questo non riusciva ad aprirsi, nemmeno con gli amici più cari. In quegli anni, pochissime persone erano apertamente omosessuali. Tra loro, non c'era neanche un atleta. Bustani aveva un grande passione: il tennis. Ha iniziato a giocare a 8 anni e il tennis è diventato un amore, un punto di riferimento assoluto. “Mi ha dato speranza e passione nella vita” ha detto. Il tennis lo ha aiutato a seppellire i pensieri negativi, specie quando lui e la sua famiglia si sono spostati da Città del Messico a Cancun, dove non conosceva nessuno e il tennis era l'unica cosa a regalargli un sorriso. Dopo il diploma ha avuto la possibilità di trasferirsi negli Stati Uniti. Gli piaceva l'idea di studiare all'estero, ci mancherebbe. Ma sapeva che avrebbe trovato una società più aperta, tollerante. L'hanno preso al Lewis Clark State College di Lewiston, nello stato dell'Idaho. Si sentiva pronto per rivelare la sua omosessualità. Ha deciso di farlo nell'estate precedente all'inizio dei corsi. Voleva essere sincero, ma non si sentiva pronto. “Nella nostra squadra ci sono atleti provenienti da tutto il mondo e questo mi ha reso nervoso. Non sapevo come le loro culture avrebbero affrontato l'argomento. E poi c'erano le pressioni sociali, secondo cui uno sportivo non può essere gay”. Frequentare il college in una piccola città dell'Idaho non lo ha aiutato, anche perché c'erano ben poche persone ad aver fatto il fatidico “coming out”. E così, Andres Bustani ha continuato a mantenere il segreto. E a vivere male.
"ESSERE GAY E' SOLTANTO UNA PARTE DI ME"
Ma poi è successo qualcosa. Per la prima volta nella sua vita, ha intrapreso una relazione. Insieme a lui c'era Adam, ancora oggi il suo fidanzato. All'improvviso è diventato tutto reale. Quello che per anni era rimasto nella sua testa, all'improvviso era entrato nella sua quotidianità. Ma non si sentiva ancora pronto. Motivo? Non sapeva come lo avrebbero giudicato le persone che gli stavano vicino. Ma la vicinanza con Adam, piano piano, si è trasformata in coraggio. E così si è confidato con uno dei suoi migliori amici. Gli è andata bene. “Le persone a cui piaci non cambierebbero mai quello che sei!”. E' stata la molla che gli ha consentito di prendere fiducia. In se stesso, soprattutto. Superato il primo scoglio, ha preso a dirlo a sempre più persone. E le risposte sono state tutte incredibilmente favorevoli. “Adam mi ha insegnato ad apprezzare quello che mi rende diverso, perché in fondo siamo tutti unici. Essere gay non mi definisce come persona, è soltanto una parte di me”. Grazie al suo compagno ha trovato il coraggio di esprimersi anche con la sua famiglia. Una volta ottenuta la loro approvazione, ha deciso di non avere più segreti. Grazie al passaparola, tutti i suoi compagni di squadra lo hanno scoperto e lo hanno accolto con simpatia. “Mi hanno detto che erano felici per me e che non sarebbe cambiato nulla. In effetti, la dinamica di squadra è rimasta la stessa, anzi, mi sono sentito ancora più rispettato grazie alla fiducia in me stesso che mi ero conquistato”.
PERCHE' RINUNCIARE ALLA FELICITA'?
Da allora è passato un anno e Andres ammette che il coming out è stato uno dei più spaventosi e stressanti ostacoli che abbia mai dovuto superare. Ma adesso è pieno di fiducia. “Comunicare la propria natura rende più felici. E' la tua vita e devi viverla al meglio. Certo, devi avere al tuo fianco una persona che ti stia vicina durante la transizione. E bisogna prendersi il proprio tempo, è importante fare coming out soltanto quando si è pronti”. Questa storia non ha niente di speciale, Ma proprio per questo abbiamo voluto raccontarla. Purtroppo, l'omosessualità nello sport viene ancora vista come una stranezza. Specie nello sport maschile, ancor di più nel tennis, dove Sergiy Stakhovsky (peraltro persona molto intelligente) si è concesso un'uscita infelice, definendo “normali” i top-100. Per “normali”, intendeva dire eterosessuali. Il cameratismo da spogliatoio crea certe dinamiche. Dinamiche comuni, ma che non possono essere definite “normali”. Da tempo ci si domanda se un tennista di livello farà mai coming out. Non crediamo che Andres Bustani lo diventerà (non ha classifica ATP e ha giocato solo due match, entrambi al challenger di Cancun, senza raccogliere neanche un game). Ma la sua storia insegna che un omosessuale deve vincere la paura, qualunque sia il suo ruoo nella società. Se nessuno avrà il coraggio di fare coming out, l'ignoranza e l'intolleranza avranno sempre vita facile. Se nel circuito ATP esiste qualche gay che non ha ancora avuto il coraggio di venire fuori, potrebbe fare una telefonata ad Andres Bustani. O forse gli basterebbe guardare le sue foto su Instagram. E' il ritratto della felicità. Vale la pena rinunciare alla piena felicità per assecondare la vergogna?