Andrea Gaudenzi, intervistato da SuperTennis TV, ha commentato l’ottimo momento storico che sta vivendo il tennis italiano e ha svelato cosa il futuro del tennis ha in serbo per noi
Andrea Gaudenzi, Presidente dell’ATP, è stato intervistato da SuperTennis TV in occasione dell’ATP 250 di Firenze, solo uno dei tanti eventi organizzati quest’anno dalla Federazione Italiana Tennis. L’ex tennista azzurro, dunque, si è subito soffermato su un commento del movimento tennistico italiano, che, negli ultimi anni, si sta rendendo protagonista di un lavoro davvero eccellente. Basti pensare che, nella Top 20 della Race to Milan (una classifica dei migliori Under 21 della stagione), ben 8 sono nostri rappresentanti. “È un dato importante, fa ben sperare – ha spiegato Gaudenzi –. E non dimentichiamo che Jannik Sinner e Matteo Berrettini sono ancora in corsa nella Race per Torino. L’obiettivo per una nazione come la nostra, è piazzare quanti più tennisti possibile nella Top 100. Perché il fenomeno, il campione, è difficile da produrre, ma se lavori su un vivaio largo aumenti le probabilità di riuscirci”.
Parlando dell’ATP, organizzazione di cui è presidente, ha spiegato in quale direzione sono state prese le ultime decisioni e queli sono i principali obiettivi per il futuro prossimo.”In quella che ho chiamato la Fase 1, abbiamo regolato la formula dei montepremi e dato accesso ai giocatori alle informazioni economiche sull’organizzazione dei tornei, abbiamo approvato la protezione della categoria degli eventi e l’allargamento dei tornei Masters 1000, portandoli alla durata di due settimane. Il Covid-19 ci ha obbligato a prendere decisioni in maniera rapida e questo è importante per un’organizzazione con tanti stakeholder che, prima, si incontrava forse quattro volte l’anno. Nella Fase 2, invece, l’obiettivo sarà avvicinarsi a WTA, Slam e ITF per arrivare a formare un body unico del tennis, perché parliamo allo stesso pubblico. Non sarà facile, ma con le energie giuste si può fare. Noi dobbiamo considerare che siamo in competizione con gli altri sport, ma anche con la musica, con Netflix e soprattutto i videogame”.
Una di queste decisione è stata l’allungamento a due settimane dei tornei Masters 1000, a cui ha fatto seguito un arricchimento del circuito Challenger, vera e propria palestra per i tennisti che vogliono farsi strada tra i grandi. “L’allungamento dei Masters 1000 è stato deliberato per ridurre il gap fra questi tornei, in cui hai pur sempre i migliori del mondo negli stadi più belli del mondo, e gli Slam. Vogliamo offrire agli appassionati 20 settimane all’anno di tennis fantastico. Allo stesso tempo, però, abbiamo aumentato il prize money del 60% nei tornei minori e raddoppiato il numero dei Challenger 120 e 125, perché non è facile emergere da questi tornei se non hai dietro una federazione o gli investimenti della famiglia. Dalla prossima stagione, ci saranno quattro categorie di base: 50, 75, 100, 125. Creeremo anche i 175 nella seconda settimana dei Masters 1000, anche se all’inizio avverrà solo durante i tornei di Madrid, Roma e Indian Wells”.
Altro tema caldo, in questi anni, è la Davis Cup: il vecchio formato non era più sostenibile per i grandi campioni, ma il nuovo sembra non appassionare più di tanto gli spettatori. “Con il vecchio formato, la Davis Cup richiedeva cinque settimane in calendario e non tutti i top player si impegnavano a giocarla. Per questo si è arrivati alla nuova formula: il formato ideale non è facile da trovare, probabilmente alla fine sarà un ibrido fra le due formule. Con un formato come quello attuale non si può giocare tre set su cinque, ma se si torna a disputare più partite in casa e fuori si può pensare a un ritorno del tre su cinque. Nel complesso, stiamo andando nella direzione di allineare le regole e di renderle il più chiare possibile, anche gli Slam sono arrivati a introdurre la stessa regola per quanto riguarda il tiebreak del quinto set. Sono piccoli ma importanti passi nella direzione giusta”.
Infine, una riflessione sul futuro di questo sport, soprattutto adesso che Roger Federer si è ritirato e che Rafael Nadal e Novak Djokovic hanno entrambi superato i 35 anni. “I personaggi sono una conseguenza: sono i grandi tornei che fanno i grandi campioni. Poi, certo, avere quattro, cinque giocatori che si contendono il titolo nei grandi tornei e creano queste rivalità aiuta l’identificazione, ma il fatto che ci sia questa concentrazione dipende anche dalle caratteristiche del tennis: soprattutto quando si gioca al meglio dei cinque set, alla fine il più forte vince. 2023? Spero si possa tornare finalmente a un ranking normale e a una competizione giocata in campo e non fuori“.