L’ATP ha reso noto in mattinata il calendario del Tour maggiore per la prossima stagione. Il 2019 sembrava destinato a diventare l’anno zero del nuovo circuito, con mini-Slam, World Team Cup e altre modifiche, invece non se n’è fatto nulla. Il calendario è pressoché invariato: l’unica differenza è l’inizio al lunedì di Indian Wells e Miami.Mini-Slam? Neanche l’ombra. ATP 750? Idem. World Team Cup? Nemmeno. Le tanto attese modifiche al calendario del circuito ATP, che sembrava prossimo a cambiare faccia, per ora sono rimandate. Il 2019 non accoglierà nessuna delle diverse novità in cantiere da mesi, come un aumento delle categorie per premiare i migliori Masters 1000, il ritorno di una competizione per nazioni targata ATP, e non solo. Nel calendario pubblicato in mattinata non c’è traccia di alcuna novità regolamentare: le uniche differenze col 2018 sono la mancata conferma dell’ATP 250 di Istanbul (la licenza è in vendita: che l’Italia ci faccia un pensierino?) e il via a inizio settimana dei Masters 1000 di Miami e Indian Wells, gli unici due a godere dell’ambito tabellone a 96 giocatori e della possibilità di spalmare il torneo su una dozzina di giorni. Per questo, da tradizione – sarà così anche quest’anno – sono sempre scattati a metà settimana, mentre dal prossimo anno inizieranno al lunedì. Resta da capire se si tratta di una sorta di upgrade a due settimane, come i tornei del Grande Slam, o se la durata non cambierà e le finali verranno anticipate a metà della seconda settimana. Un’ipotesi che pare strampalata e andrebbe a sconvolgere una delle tradizioni del tennis, ovvero la finale nel fine settimana, ma che era già stata balenata lo scorso anno da Michael Luevano, direttore del Masters 1000 di Shanghai. Sognava per il suo torneo un format alla Miami-Indian Wells, con 96 giocatori e qualche giorno in più a disposizione, e pur di ottenerlo era disposto ad accettare la finale a metà settimana. I suoi propositi non hanno ricevuto la risposta sperata, ma l’idea della finale infrasettimanale potrebbe non essere caduta nel vuoto. Proprio lo Shanghai Rolex Masters è uno dei grandi delusi dalle mancate novità del calendario, così come gli appuntamenti primaverili di Madrid e Roma, che da anni combattono per quel cosiddetto mini-Slam che ancora non arriva.
RESTA (DI NUOVO) TUTTO INVARIATO
Il discorso mini-Slam sembrava cosa fatta da anni, poi era stato rallentato dalla scomparsa del vecchio CEO dell’ATP Brad Drewett, uno dei più grandi sostenitori del progetto, e di fatto sta subendo un rinvio dopo l’altro. Stesso destino per il sogno di Roger Brennawald, patron dell’ATP 500 di Basilea, di vedere il suo appuntamento promosso a una ipotetica categoria di ATP 750 insieme agli altri tre “500” più meritevoli, per premiare una differenza di qualità che rispetto ad altri tornei pari categoria (Amburgo, Barcellona, Vienna) pare piuttosto marcata. Era stata la stessa ATP a creare delle aspettative importanti sul 2019, ma evidentemente il meeting tenuto alle scorse Finals di Londra ha convinto il board a rimandare le novità, oppure a dimenticarle del tutto. Perché se per la nuova World Team Cup, da giocare in Australia a inizio anno, si parla di 2020, il resto torna avvolto nel mistero. Anche nel 2019, quindi, il calendario seguirà lo schema lanciato nel 2009, con i quattro Slam e altri 63 tornei: 9 Masters 1000, 13 ATP 500, 39 ATP 250, le ATP Finals di Londra e le Next Gen ATP Finals di Milano. Il prize money totale del circuito (Slam esclusi) salirà a 137,5 milioni di dollari, oltre il doppio rispetto a quello del 2008, prima della rivoluzione. “Negli ultimi dieci anni – ha detto Kermode – questo calendario ha regalato al Tour importanti risultati in tutto il mondo, regalandoci un audience da record. Siamo felici di estenderlo anche al 2019 e continueremo a lavorare per la crescita del circuito come fatto negli ultimi anni”. Indirettamente, la pubblicazione del calendario ATP conferma che il prossimo anno rimarranno invariati anche i turni di Coppa Davis. Oltre alla finale di fine anno, sono previste tre settimane di stop per la competizione a squadre, le stesse del 2018: dopo l’Australian Open, dopo Miami e dopo lo Us Open. Una scelta che dovrebbe bloccare l’intenzione del presidente ITF David Haggerty di organizzare una final four con semifinali e finale in sede unica, un’altra ipotesi già slittata in avanti rispetto ai propositi iniziali.