Juan Martin Del Potro, 21enne di Tandil, recente vincitore degli Open degli Stati Uniti è ormai una realtà del tennis di vertice. Ecco l'intervista esclusiva che ci ha concesso…


di Andrea Radaelli – foto Ray Giubilo

Facciamo un gioco: se vi chiediamo la nazionalità di un giocatore alto un metro e novantotto centimetri con servizio e colpi molto potenti che sognava di vincere gli Us Open e che ama il cemento più di ogni altra superficie, cosa rispondete? Quasi certamente che si tratta di un americano, oppure potrebbe essere uno slavo, oppure un australiano, oppure… Probabilmente la vostra ultima opzione sarebbe uno spagnolo o un sudamericano, giocatori amanti della terra rossa per definizione che, loro malgrado, sono costretti a giocare anche su altre superfici.

Ebbene il tennista in questione è Juan Martin Del Potro ed è argentino a tutti gli effetti. Il 21enne (compiuti il 23 settembre scorso) di Tandil, recente vincitore degli Open degli Stati Uniti, è ormai una realtà del tennis di vertice ma si è subito contraddistinto per la sua precocità.
Dopo la vittoria nel 2002 all’Orange Bowl, è stato il più giovane giocatore a entrare nei primi 200 del mondo alla fine del 2005, il più giovane a entrare nei 100 nel 2006 e il più giovane top 50 al termine del 2007, chiuso al numero 44 del ranking Atp. Il vero salto di qualità lo ha però fatto nell’estate 2008 con quattro tornei vinti consecutivamente e una striscia, tra la sconfitta con Wawrinka a Wimbledon e quella con Murray nei quarti di finale agli Us Open, di 23 successi consecutivi. L’unico teenager ad aver fatto meglio è stato Nadal nel 2005 (con 24); queste vittorie hanno inoltre permesso a Del Potro di raggiungere il terzo posto nella classifica degli argentini che hanno vinto più match di fila (dietro a Vilas con 44 e a Clerc con 28). E’ il dodicesimo teenager ad essersi imposto in almeno quattro tornei Atp in una stagione: dei precedenti 11 in 10 hanno raggiunto la prima posizione del ranking mondiale.
Attualmente n.5 del mondo, nel 2009 Del Potro ha conquistato il suo quinto titolo Atp a Auckland, ha rivinto il Legg Mason Tennis Classic a Washington D.C. fino al suo primo titolo del Grand Slam a New York.
Dotato di un fisico possente e di fondamentali molto solidi da fondocampo, Del Potro è in costante e rapida crescita. Ha un carattere solare ed estroverso ed è un amante dello sport in generale. Oltre al tennis adora il rugby, passione ereditata dal padre Daniel che giocava da semiprofessionista in Argentina, e il calcio. Se volete farlo arrabbiare parlategli male di Maradona, del Boca Juniors e della… Juventus.



di Andrea Radaelli – foto Ray Giubilo

– Raccontaci come è stato il tuo approccio con il tennis…

“Ho iniziato a giocare all’età di sei anni in un club di Tandil, la città dove abito. Ho scelto il tennis per una serie di combinazioni. Quando avevo quattro anni giocavo a calcio in un campo situato a fianco di un circolo di tennis. Tra un cross e l’altro mi capitava di guardare alcuni scambi e così un pomeriggio mi sono presentato al circolo e ho prenotato un’ora contro il muro. Da allora non mi sono più fermato”.
– Avevi un idolo cui ti ispiravi?

“Se parliamo di tennis il mio idolo era Sampras. Aveva una classe infinita e in alcuni momenti sembrava imbattibile. Se invece parliamo in senso assoluto, non ho dubbi nello scegliere Maradona, personaggio che ha sicuramente rappresentato un punto di riferimento sia per me che per tanti altri argentini”.
– Tandil è una piccola città dove sono nati e cresciuti, oltre a te, Monaco, Zabaleta, Gonzales, Junquiera e tanti altri tennisti. Ti sei mai chiesto il motivo?

“Sinceramente no, ma la cosa più incredibile è che tutti abbiamo iniziato nello stesso circolo, il Club Independiente, e con lo stesso allenatore che si chiama Marcelo Gomez. Marcelo è stato fondamentale per la mia crescita e mi segue ancora in alcuni tornei in giro per il mondo. E’ un bravissimo allenatore soprattutto per i giovani e credo che sia proprio lui la ragione della nascita di così tanti validi giocatori a Tandil, paese del sud-est dell’Argentina a circa 350 chilometri da Buenos Aires”.
– Che differenze ci sono tra i tornei juniores e il circuito maggiore?

“Sono due mondi differenti. Quando entri tra i professionisti, l’organizzazione dei tornei diventa perfetta, dormi in hotel a cinque stelle, mangi bene, giochi in stadi che contengono quindicimila persone e tutto il mondo ti guarda. Comunque tutti i professionisti hanno mosso i primi passi nei tornei giovanili che ti permettono di crescere sotto tutti i punti di vista”.
– Quale aspetto del tuo gioco credi di dover migliorare per un ulteriore salto di qualità?

“Devo migliorare molto fisicamente ed essere in grado di velocizzare i miei spostamenti. Ma soprattutto devo lavorare, lavorare e lavorare bene per cercare di raggiungere gli altri obiettivi che mi sono prefisso. Ritengo fondamentale il prossimo anno per la mia crescita”.
– Qual è il tuo torneo preferito?

“Il mio sogno era quello di vincere gli Us Open. Mi affascinano fin da quando ero bambino. La mia superficie preferita è senza dubbio il cemento e New York ritengo sia una bellissima città. Sui campi in duro, veloci, mi trovo molto a mio agio e credo di saper esprimere il mio miglior tennis”.
– Tra i tanti argentini che girano nel circuito c’è qualcuno con cui hai instaurato un rapporto di vera amicizia che va anche al di fuori del rettangolo di gioco?

“Penso subito a Zabaleta e a Monaco che, come già detto, sono della mia stessa città e che conosco fin da quando ero bambino. Inoltre Chela è veramente una bravissima persona, così come Nalbandian. Se devo scegliere i veri amici dico Monaco e Chela”.
– Che opinione ti sei fatto sulle carriere di Coria e Gaudio che dopo anni ad altissimi livelli sono scoppiati?

“Sinceramente non riesco a capire il motivo, dal momento che erano tutti e due ottimi giocatori. Il loro problema può essere solo di natura psicologica e mentale perché tennisticamente erano molto bravi e lo hanno ampiamente dimostrato”.
– Fuori dal campo cosa ti piace fare?

“Mi piace stare con gli amici, mangiare l’asado (piatto tipico argentino fatto con carne di manzo cotta alla griglia), giocare a calcio e andare a cavallo. Amo la campagna dove posso rilassarmi e ricaricarmi, staccando la spina dalla vita quotidiana. Mi piace anche guardare, sia dal vivo che in televisione, gli incontri di rugby, sport che mio padre praticava ad alto livello. Ho seguito le partite del mondiale giocato in Francia. Il terzo posto dell’Argentina ha riempito di orgoglio me e i miei connazionali ed è stato festeggiato nel Paese per molti giorni”.
– Conosci l’Italia? Cosa ne pensi?

“L’Italia mi piace molto, ci ho giocato alcuni challenger. Conosco Milano, Verona e Venezia”.
– Parliamo di calcio…

“Sono fanatico del Boca Juniors e di Maradona. Ho bene in mente la vittoria del Boca contro il Milan nella finale della Coppa Intercontinentale del 2003”.
– Sei tifoso di qualche squadra italiana?

“La Juventus. I giocatori che preferisco sono Buffon, Del Piero e Cannavaro”.