Che somiglianza tra le dichiarazioni del CEO WTA e quelle di Simone nel 2008! La WTA non rinnova l’accordo con l’ITF: vuole che le tenniste non siano obbligate alla Fed Cup per poter giocare le Olimpiadi.
Hradecka, Hlavackova, Safarova e Kvitova sono campionesse in carica della Fed Cup
Di Riccardo Bisti – 28 settembre 2012
Dicembre 2008. Simone Bolelli: “Penso di aver rappresentato l'Italia fino a oggi, sempre, nel miglior modo possibile, nei più grossi tornei del mondo. A fianco al mio nome c'è la bandiera italiana e sono orgoglioso di essere italiano”
Settembre 2012. Stacey Allaster. “Noi crediamo che le tenniste giochino ogni giorno per il loro paese. Quando hanno premiato la Sharapova dopo il successo al Roland Garros sventolava la bandiera russa. Le giocatrici hanno sempre la nazione accanto al loro nome”
Sono passati quattro anni, sono situazioni completamente diverse, ma il concetto non è passato di moda. Le istituzioni (FIT allora, ITF oggi) pretendono che il giocatore debba competere nella gara a squadre per potersi ritenere “vero figlio” del proprio paese. Al contrario, i tennisti (la WTA è a tutti gli effetti l’associazione delle giocatrici) pensano di poter organizzare la propria carriera a prescindere dagli impegni in Coppa Davis e Fed Cup. Nella conferenza stampa del 3 dicembre 2008, Simone Bolelli rinunciava alla tessera FIT, simbolo di un modo di pensare, ragionare, operare, che sentiva non appartenergli. La storia, poi, parla di un forte riavvicinamento alla FIT. Ma l'episodio resta. Oggi potrebbe scoppiare una rivoluzione su scala globale. Da quando le associazioni dei giocatori (ATP per gli uomini, WTA per le donne) hanno preso in mano i circuiti mondiali, hanno sempre convissuto con la federazione internazionale (ITF). Non si sono mai amati. Si guardano con sospetto e diffidenza, anche perché rappresentano interessi opposti. Ma c’è una sacralità che non è mai venuta meno: durante le settimane di Coppa Davis e Fed Cup, i calendari si stoppano. Salvo casi eccezionali (qualche piccolo torneo ATP durante la Davis a luglio o il Masters B durante la finale di Fed Cup), gli equilibri hanno retto. Ma adesso potrebbe cambiare tutto. L’apripista sarà la WTA di Stacey Allaster.
La WTA non ha rinnovato l’accordo con l’ITF per la Fed Cup. Dall’anno prossimo, ognuno per la sua strada e tanti saluti. L’oggetto del contendere è la decisione ITF, resa nota in primavera, che per partecipare alle Olimpiadi i tennisti dovranno garantire un numero minimo di presenze in Davis e Fed Cup. Fino ad oggi erano due. “Loro volevano passare a sei, poi sono scesi a quattro e ora a tre – ha detto la Allaster – secondo loro è un buon compromesso, ma per noi c’è un obbligo (o tre) di troppo. L’ITF continua a non capire che Fed Cup e ammissibilità olimpica dovrebbero essere slegate. Loro pensano che partecipare alle Olimpiadi sia una ricompensa per aver rappresentato il proprio paese. Ma qui parte la nostra differenza di pensiero”. E via con le frasi che abbiamo riportato qualche riga fa. La WTA sta ragionando se inserire alcuni tornei durante le settimane di Fed Cup, se non addirittura creare una competizione a squadre autonoma, un po’ come fa l’ATP con la World Team Cup di Dusseldorf (che però viene vissuta dai giocatori come un’esibizione). “Non volevamo arrivare a questo punto, ma se l’ITF non vuole la riforma penso che il board e le nostre atlete siano pronte a valutare la situazione”.
La WTA ha anche proposto all’ITF un paio di possibili format per la competizione. Il primo consisterebbe in un World Group a 16 squadre, divise in due gruppi da 8 che in due sedi diverse giocherebbero quarti, semifinali e finale (ogni match sarebbe composto da due singolari e un doppio). Le vincenti di ciascun raggruppamento di affronterebbero più in là nella stagione in una finale al meglio dei cinque incontri. La seconda possibilità, più simile alla formula del passato, è quella di raggruppare 16 squadre in una sede unica. La competizione durerebbe 7 giorni, o al massimo 9. “Due settimane per la Fed Cup potrebbero essere la soluzione giusta per tutti. Alle giocatrici piace l'idea di una Fed Cup di una ancora più breve, ma abbiamo fatto due proposte perché sappiamo quanto sia difficile accorciare ulteriormente. Inoltre abbiamo proposto di non giocarla nell’anno olimpico, raccogliendo l’opinione delle giocatrici. Fed Cup e Olimpiadi nella stessa stagione è troppo, soprattutto per chi va in finale”.
Ognuno ha le sue ragioni. La Allaster ha perfettamente ragione quando dice che l’obbligo di 3-4 impegni nel quadriennio sono troppi. Fed Cup e Olimpiadi dovrebbero essere slegate, evitando casi ridicoli come quelli di Alexandr Dolgopolov o Marion Bartoli, costretti a non andare a Londra per non aver giocato le gare a squadre. Oppure obbligare Serena Williams e Sharapova a sciropparsi partite di Fed Cup di cui non importa nulla. Va però detto che l’ITF avrebbe (avrà?) gioco facile a rispondere, perché oggi la Fed Cup impegna per due settimane tutte le squadre tranne le due finaliste, che ne hanno tre. Un nuovo format a due settimane, dunque, cosa cambierebbe? Pochissimo. Oggi come oggi è difficile che cambi qualcosa. L’ITF andrà avanti per la sua strada “L’istituzione deve mantenere il suo status quo – dice la Allaster – anche se in seno all’ITF c’è qualcuno che è d’accordo con noi, possono aver paura di perdere il loro posto in commissione”. L’ITF, naturalmente, punta ad avere tutte le più forti all’unica manifestazione gestita direttamente (I quattro Slam, di fatto, sono nelle mani di Tennis Australia, FFT, All England Club e USTA). E’ giusto che si parli del problema, ma difficilmente si troverà una soluzione. Ancora più improbabile che accada qualcosa del genere in campo maschile, perché la Coppa Davis gode di un prestigio nettamente superiore rispetto alla Fed Cup, nata 63 anni dopo e la cui formula è cambiata spesso. Andremo verso una convivenza forzata, di odio reciproco e cordiale. Di certo l’eleggibilità olimpica dovrebbe essere stabilita dai comitati nazionali olimpici dei vari paesi, non da un regolamento in cui le Olimpiadi sono l’assist per rendere competitiva la Fed Cup. Lo diciamo da tempo: le gare a squadre sono bellissime e offrono grandi emozioni, forse le più belle in assoluto. Ma non è un buon motivo per obbligare i giocatori a prendervi parte. Se uno se la sente, ok. Altrimenti peggio per lui, ma senza divieti, squalifiche o richiami a un nazionalismo d’altri tempi.
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