La CEO dell’International Tennis Integrity Agency ha parlato del caso doping che ha coinvolto il numero uno al mondo

Foto Ray Giubilo

Mentre Jannik Sinner continua a macinare vittorie sul campo, a poche ore dal primo successo conquistato nel 2025 contro Alexei Popyrin per 6-4 7-6(2) in un match di esibizione dell’AO Opening Week, arrivano importanti sviluppi legati alla vicenda doping, per cui l’azzurro attende di conoscere il proprio futuro.

In un’intervista concessa al sito tennis365.com la CEO dell’ITIA (International Tennis Integrity Agency), Karen Moorhouse è tornata a parlare del caso che ha coinvolto il numero uno al mondo: “Se risulti positivo a una sostanza vietata, il punto di partenza per una possibile squalifica è di quattro anni. Se si può dimostrare che non sia stato intenzionale, la pena si riduce a due anni. A questo punto si devono fare delle differenziazioni. Nel caso di Swiatek parliamo di un prodotto contaminato (medicinale), mentre per Sinner c’è la complicazione che il suo sia un prodotto non contaminato, in quanto il fisioterapista ha usato sul suo dito il prodotto in questione che conteneva il principio attivo dopante. Per questo, l’intervallo della squalifica va da uno a due anni“.

So che la WADA – ha aggiunto Moorhouse – ha affermato che il motivo del ricorso si concentra sul fatto che il giocatore possa avere una responsabilità, rispondendo all’articolo in cui si parla di ‘nessuna colpa o negligenza significativa’. Il Tribunale Indipendente di primo grado aveva ritenuto che Sinner non avesse alcuna colpa o negligenza, avendo usato la massima cautela possibile. L’Agenzia mondiale antidoping contesta questo“.