Colpo della federtennis kazaka, che strappa alla Russia il 19enne russo Alexander Bublik, uno dei giovani più interessanti del mondo, fresco di quarti di finale all’ATP 250 di Mosca. Lui l’ha annunciato col sorriso, ma la scelta è destinata a far discutere. E ci sono almeno un paio di differenze importanti con i casi di Golubev e compagni.

Negli ultimi anni il tennis kazako ha vissuto una sorta di magia. Il progetto studiato dal presidente federale Bulat Utemuratov, basato soprattutto sulla discutibile (ma lecita) scelta di naturalizzare giocatori di altre nazioni limitrofe in cambio di compensi e assistenza, ha regalato al Paese un team molto competitivo, capace di assaporare un paio di volte la semifinale del World Group di Coppa Davis e sfiorare addirittura il successo contro la Serbia di Novak Djokovic. Se lo scorso marzo Mikhail Kukushkin, avanti due set a uno contro l’allora numero uno del mondo, fosse riuscito a spuntarla, avrebbe scritto una pagina storica nella breve storia dello sport del Paese. Invece si è arreso al quinto set, i serbi si sono salvati e l’incantesimo kazako pare essersi rotto. A settembre hanno perso lo spareggio contro la Russia, quindi nel 2017 torneranno nel Gruppo 1 a sette anni dall’ultima volta, e anche a livello individuale la loro stagione è stata una delle peggiori da molti anni a questa parte. Lo stesso Kukushkin avrebbe potuto raccogliere di più, Andrey Golubev viaggia – inspiegabilmente – fuori dai primi 200 del mondo, e Aleksandr Nedovyesov (eroe nel singolare decisivo contro Fabio Fognini) sembra aver perso il treno buono per stare a tempo pieno fra i primi 100. Così sono corsi ai ripari. A modo loro. In attesa che il 20enne Dmitry Popko (252 ATP) arrivi a esprimere tutto il suo potenziale, si sono assicurati uno dei giovani più interessanti dell’intero panorama mondiale: il russo Alexander “Sascha” Bublik, classe 1997 e numero 215 del mondo, protagonista di una stagione che l’ha visto scalare oltre 700 posizioni e vincere quattro titoli Futures, ma soprattutto sfiorare la semifinale all’ATP 250 di Mosca, dopo l’incredibile successo contro Roberto Bautista Agut.

LA RUSSIA PERDE UN GIOVANE DI SPESSORE
L’annuncio arriva proprio dal giovane di Gatchina, con un messaggio stringato su Twitter (“felice di annunciare che rappresenterò il Kazakhstan per i prossimi anni della mia carriera”) accompagnato dalla bandiera kazaka e una faccina felice. Da parte sua, la decisione è comprensibile: ha scelto la soluzione migliore per la propria carriera, viste le possibilità che la ricca federazione del Kazakhstan gli garantirà a livello di incentivi economici e servizi vari, quali coach, staff medico e base per gli allenamenti. Tuttavia, c’è da scommettere che in Russia non la prenderanno affatto bene, perché si ripete di nuovo una situazione mai del tutto digerita, e soprattutto con uno dei giovani più interessanti del Paese. Infatti, mentre Kukushkin e Golubev al tempo del cambio di nazionalità erano fra le seconde linee, e Popko ha scelto il Kazakhstan da giovanissimo (mentre Nedovyesov è di origini ucraine), Bublik faceva parte del quartetto ideale per la Coppa Davis del futuro, insieme a Karen Khachanov, Daniil Medvedev e Andrey Rublev. E visto il periodo non proprio felice del tennis russo, di tutto hanno bisogno meno che di farsi scippare dei giocatori. Ancor meno se di grandi qualità. E più che prendersela con il ragazzo, la cui vicenda ricorda da vicino quella dell’italo-argentino Francisco Bahamonde (che nel 2016 preferì l’offerta della Federazione Italiana Tennis alla bandiera albiceleste), c’è da scommettere che saranno parecchio inalberati con la Federazione kazaka, di nuovo protagonista di una pratica non proprio limpida. Anche se la colpa non è certo dei giocatori, che in qualità di professionisti hanno ragione a guardare ai propri interessi personali.

LA DIFFERENZA CON GLI ALTRI "NATURALIZZATI"
Vista la situazione vale la pena rileggere ciò che scrisse Andrey Golubev nel 2015, nel breve diario curato proprio per TennisBest. Intervenne al termine della sfida di Coppa Davis vinta dal suo Kazakhstan contro l’Italia, per rispondere ad alcune critiche che accusavano lui e i suoi compagni di essere dei “mercenari” passati sotto la bandiera del Kazakhstan solamente per soldi. “Chi punta il dito contro di noi – scrisse il simpatico 29enne cresciuto in Piemonte – si è mai preso la briga di venirmi a chiedere come mai e in quali circostanze abbiamo accettato di giocare per il Kazakistan? Lo dico perché ci fanno sembrare dei soldati della legione straniera, eppure io sono nato nel 1987, quando c’era ancora l’Unione Sovietica, e così come accade per gli ex jugoslavi dopo la guerra le norme di passaggio da una nazione all’altra sono facilitate. Del resto alcuni di noi hanno parenti, zii e nonni chi in Crimea, chi in Ucraina, chi anche in Kazakistan dove il gas naturale ha creato lavoro e ricchezza. E quindi, quale sarebbe lo scandalo? Noi da sette anni giochiamo per una ex repubblica sovietica, non per chissà quale staterello in mezzo all’oceano”. Tuttavia, il discorso del kazako di Bra (Cuneo) è condivisibile per il suo caso, meno per quello di Bublik, nato nel 1997, quando l’Unione Sovietica non esisteva più da un pezzo. Il Kazakhstan era già uno stato indipendente a tutti gli effetti, come attestato dalla decisione – presa proprio in quell’anno – di spostare la capitale da Almaty ad Astana, centro economico del Paese. Ma Bublik, certe cose, probabilmente nemmeno le sa.