Una splendida Schiavone batte la Flipkens e vola al terzo turno. L’azzurra ha emozionato, creando un’empatia come forse non le era riuscito nemmeno nel 2010. 
La gioia di Francesca Schiavone dopo lo splendido successo sulla Flipkens

Di Riccardo Bisti – 31 maggio 2013


Se un qualsiasi appassionato di calcio si fosse affacciato sul Campo 2 del Roland Garros, avrebbe trovato una situazione familiare. Non c'era lo sport patinato di oggi, dove gli atleti sono visti come entità quasi astratte. Francesca Schiavone e Kirsten Flipkens sprizzavano umanità, con le sue virtù ma anche con le sue debolezze. Sembrava una partita di Serie C degli anni 80, in cui la passione del pubblico era sufficiente a far correre i giocatori. La Schiavone adora queste situazioni. Trova forza quando il tennis diventa una corrida, una corsa di resistenza. D’improvviso, si dimentica del conto in banca, della voglia di lavorare che ogni tanto viene meno, e torna ad essere la Leonessa, la migliore italiana di sempre. Imponendosi 6-1 4-6 6-3 sulla Flipkens, ha centrato il terzo turno al Roland Garros. Ma che partita! Quante emozioni! L’incontro avrebbe dovuto giocarsi sul Lenglen, una piccola “Scala” del tennis, ma la pioggia lo ha fatto slittare di un giorno e retrocesso sul Campo 2, un migliaio di seggiolini in stile proletario, laddove i vip si devono mischiare alla gente comune. Dove la passione travolge gli striscioni BNP Paribas e Peugeot, riversandosi sul campo. C’erano più tifosi belgi, vuoi per motivi geografici, vuoi perché tanti italiani hanno scelto il Campo 1, dove era impegnata Sara Errani. Ogni punto della Flipkens era accolto da un boato. E’ facile cadere nella retorica. Ma questa Schiavone ha ricordato la Leonessa nella savana, circondata ma indomita. Ha risvegliato un po’ di orgoglio patrio, proprio come fece due anni fa nel match-monstre contro la Kuznetsova. Allora c’era un valore simbolico, perché mai come in quel momento l’immagine della donna italiana era svilita dall’immoralità dei piani alti. Sapere che 16.345 chilometri più in là c’era una milanese capace di lottare per 4 ore e 44 minuti, era balsamo per l’anima.
 
Stavolta il sollievo è solo sportivo, ma è ugualmente gioioso. Perché a (quasi) 33 anni, Francesca corre ancora come una gazzella. Fa vibrare ogni volta che si presenta a rete, priva di centimetri ma colma di coraggio. Contro la muscolare belga lo ha fatto in 47 occasioni, aggiudicandosi il punto per 28 volte. Uno spettacolo. Fosse un calciatore, la Schiavone sarebbe un idolo delle curve. L’urlo della folla la indirizza a fare le cose giuste, è una specie di bussola. Qualcosa che ha riacceso le magie sopite da troppo tempo, come un “tweener” che ha generato un gran punto. Scavalcata da un pallonetto, è tornata indietro e ha tirato un gran colpo sotto le gambe. La volèe della Flipkens era un invito al passante di dritto, puntualmente arrivato. Aveva fatto qualcosa del genere anche nella finale di Fed Cup 2009 (contro la Glatch) e allo Us Open 2010 (contro Alona Bondarenko). Era una Schiavone coi fiocchi. Non sappiamo se la favola parigina andrà avanti, anche perché ha un match difficile contro Marion Bartoli, ma restano negli occhi le volèe vincenti (ne ha tirata una bassa di rovescio da far impallidire Stefan Edberg) e la sensazione di aver ritrovato la magia di tre anni fa, quando ha coronato il sogno di una vita, dimostrando al mondo che i sogni di adolescente (“Prima o poi uno Slam lo vinco”) non erano una follia.
 
Francesca ha vinto il match in avvio di terzo set, dopo aver perso un incredibile terzo game con la Flipkens al servizio. Vantaggi, palle break, colpi eccezionali ed errori clamorosi. In quei minuti c’era un frullato di tennis che ti entra dentro. Magari è meno saporito di un cocktail al Bar Prestige, ma che valore energetico! Francesca ha perso il game, ma dopo il cambio di campo ha ripreso a volare e con quattro giochi di fila ha messo le mani sul match. Quando è andata a servire per il match, ha subito il break (sbagliando un clamoroso passante a campo aperto sul 30-40), ma poi una risposta vincente l’ha spinta al terzo turno, dove potrà mostrare ancora una volta la sua andatura da pistolero e la nuova pettinatura da cantante hip-hop. I precedenti con la Bartoli sono amici: 5-2 per Francesca, che la umiliò nella semifinale del 2011. Un 6-3 6-2 che resta una delle pagine più belle della sua carriera. Comunque vada, Francesca va ringraziata. Perché ci ha ricordato che il tennis non è solo lo stile di Roger Federer. Il bello ha mille sfaccettature, meno eleganti soltanto in apparenza. E con lei Laura Golarsa, la donna che continua a credere in lei e che allena con la stessa passione una campionessa Slam e un gruppo di ragazzi che sgomita nei tornei futures (Bega, Molina, Della Tommasina e Sinicropi). Francesca non deve essere amata a prescindere. Alcune fisime non fanno impazzire, alcuni atteggiamenti sono discutibili, e quei 400.000 euro intascati tre anni fa senza colpo ferire non sono stati un capolavoro di eleganza. Tuttavia, oggi la sentiamo più vicina che mai.